Riccardo Riganti, Specialista Ricerca e Selezione e Orientatore professionale per Giada's Project

Human Resources? No, Human Relations! Intervista a Riccardo Riganti

Buongiorno Riccardo, ben ritrovato. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso nelle risorse umane?

Ciao Giada. Grazie anzitutto per la tua disponibilità.

Il mio percorso professionale in ambito HR è iniziato appena dopo la laurea, nel 2007, quando sono stato inserito in stage presso una storica realtà del settore metalmeccanico nella mia città, Varese, e nella quale ho imparato le basi della selezione di profili del contesto logistico e produzione. Dopo di allora, ho sempre lavorato presso società di servizi, prima, e studi professionali, poi, occupandomi sempre di ricerca e selezione e di consulenza strategica.

Cosa ti ha spinto ad avvicinarti alle risorse umane?

Ho sempre avuto un forte interesse per la comunicazione e la possibilità di imparare interagendo con gli altri. Ciò che mi piace molto del mio lavoro, è appunto la comunicazione e l’apprendimento costante dalle persone con cui mi relaziono.

Riccardo Riganti, Specialista Ricerca e Selezione  e Orientatore professionale per Giada's Project
Riccardo Riganti, Specialista Ricerca e Selezione e Orientatore professionale per Giada’s Project

Sul tuo profilo scrivi una frase molto bella ‘HR: Human Resources? No! Human Relations’. Ci approfondisci il concetto?

A mio avviso, a rischio di dire una cosa banale, non si deve parlare di risorse umane ma di relazioni umane. È una cosa, questa, che ho imparato da un professionista del settore (una persona splendida e con grandissima competenza in ambito HR!): le relazioni umane sono alla base del mio lavoro, e le persone con cui mi relaziono (candidati o aziende che siano) sono lo scopo della mia professione.

Le persone non sono il mezzo del successo, ma sono lo scopo del successo: successo è solo se si crea una relazione virtuosa tra azienda e candidato, non se si chiude una selezione. Per questo HR significa, per me, Relazioni Umane.

Come hai visto cambiare l’area della ricerca e selezione nei tuoi oltre 10 anni di esperienza in questo ambito?

Nella mia esperienza ho visto cambiare molto il mercato e i parametri di riferimento. Mentre, anni fa, si valutavano molto le competenze tecniche, adesso si considerano molto (e giustamente) anche quelle trasversali (le soft skills), che sono elemento cruciale nell’analizzare una figura professionale. Non occorre, infatti, solo individuare una persona competente in un settore, ma anche una persona con cui si possa creare una sana relazione professionale, utile alla crescita aziendale e al benessere interno.

Quando un’azienda cerca una figura professionale, solitamente è perché manca una competenza (tecnica); però non è solo la competenza tecnica che occorre trovare – io non devo cercare ciò che il cliente mi chiede, ma aiutare il cliente a capire ciò che gli serve e lì indirizzare il mio lavoro -, ma anche quella trasversale (es. comunicazione, capacità di interazione, ecc.).

Fin dal primo contatto che abbia avuto, ho riconosciuto in te una persona disponibile, empatica ed estremamente gentile e disponibile, caratteristiche essenziali per chi vuole lavorare nelle HR. Cos’altro pensi serva sia a livello di soft skill che di hard skill?

A mio avviso, ciò che serve maggiormente è l’umiltà di voler imparare ogni giorno, ad ogni colloquio, qualcosa di nuovo (sulla posizione, sul profilo professionale, su me stesso). Ho svolto centinaia di colloqui (credimi, non sono tanti) e ogni volta mi ripeto che uno dei miei obiettivi è imparare qualcosa che ancora non so, per poi migliorare nel mio lavoro e poter essere di aiuto al mio cliente (che sono sia l’azienda che i candidati).

Un libro (o film, canzone, ecc.) da leggere almeno una volta nella vita.

Un libro: La schiuma dei giorni, di Boris Vian.

microfono intervista hr giada's project

A tu per tu con i professionisti delle HR e non solo: Giada’s project

Giada’s project. Per ora è questo il nome che ho dato al progetto che voglio mettere in capo da qui alle prossime settimane. Di che cosa si tratta? Vorrei dar vita a una serie di brevi interviste ad esperti e professionisti delle Risorse Umane e non solo. Poi magari, sì, trovo un nome migliore, meno inglese, con meno ricordi al film The Adam project, ma per il momento va bene.

Da dove nasce l’idea

Ho sempre voluto creare qualcosa di mio, così come poter essere di aiuto agli altri. Non perché pensi di avere la realtà in tasca, ma perché quando ti senti utile e quando doni qualcosa agli altri, quello che ti torna è molto di più di quello che hai dato.

Come recitava la copertina del numero di giugno di DdP – Direzione del Personale

non è più il tempo di personalismi: il leader di oggi si mette a disposizione della collettività, favorisce la condivisione e sa fare un passo indietro, se necessario’.

Attualmente ho quasi terminato il Master in Gestione delle risorse umane ed organizzazione del lavoro presso l’Università degli studi di Udine e lavoro come HR Generalist presso il Gruppo Chiurlo, occupandomi oltre alla ricerca e selezione e supporto nella gestione del personale, anche di formazione, comunicazione interna ed employer branding.

L’ambito HR come quello della comunicazione e divulgazione mi appassionano molto, avendo anche avuto un passato nel marketing. Così ho pensato a come poter coniugare i due lati, con un tocco personale e creativo… Et voilà. Ecco che la bozza informe dietro a Giada’s project ha iniziato a prendere man mano forma.

Il perché di queste interviste in ambito HR e non solo

Ma qual è l’obiettivo di queste interviste? Il mio desiderio è quello di condividere qualche spunto per chi si affaccia al mondo delle risorse umane, vi opera già o ne è appassionato.

Punto a raccontarne la storia ed il percorso professionale delle diverse figure che intervisterò, conoscerne i differenti tipi di approccio, così da poter magari imparare dalle esperienze altrui e/o conoscere altre persone con le quali condividere un interesse, ma anche una passione.

Questo anche per mostrare che non tutti i percorsi sono lineari e per offrire punti di vista differenti.

Chi saranno le persone che andrò ad intervistare? Tante e varie. Da HR Manager, a esperti nel settore della formazione, a consulenti, a specialisti di grandi e piccole realtà, provenienti da settori differenti tra loro. La mia idea e speranza è quella di continuare nel tempo e di offrire delle possibilità di sinergia, condivisione e di aiuto a chi leggerà questi brevi scambi.

Ora basta parlare e iniziamo a scrivere. La prima intervista uscirà a breve.

Se avete qualche nominativo da suggerirmi ben venga, ditemelo pure! Se avete qualche commento, critica, suggerimento o curiosità, anche 😉

A presto Giada

logo università telematica Niccolò Cusano

Pro e contro di frequentare un’Università telematica

Università telematiche. Sul loro conto se ne sono dette – e se ne diranno ancora – tante: fasulle, valide, riconosciute dal Miur, comode per chi lavora, non allo stesso livello delle altre università, sopravvalutate, sottovalutate…

Se stai valutando l’idea di studiare o ricominciare a studiare e, tra le varie opzioni, stai prendendo in considerazione anche le università telematiche, ti posso raccontare la mia storia, sperando ti possa essere di aiuto o quantomeno di spunto.

Perché ho scelto un’università telematica

Da tempo volevo fare un master in ambito marketing, comunicazione e management, ma lavorando a tempo pieno e nemmeno tanto vicina a casa, conciliare gli orari e gli impegni con lo studio diventava difficoltoso. Ho fatto diverse ricerche, trovato master molto interessanti, ma, sebbene vi fosse in alcuni la famosa formula weekend, anche il giovedì e/o venerdì venivano considerati come giorni di lezione ed era necessario essere presenti. Trovandomi però in quelle giornate in ufficio e senza dono dell’ubiquità, ho desistito. Altri erano molto, molto interessanti, ma o troppo costosi oppure full time e abbandonare il lavoro – sebbene voglia cambiarlo e crescere, ma mi aiuta a fare esperienza oltre ad avere delle entrate – per studiare a tempo pieno, non se ne parlava.

Così, continuando con i miei approfondimenti, sono arrivata a scegliere un’università telematica. Nello specifico l’università degli studi Niccolò Cusano, sia per l’offerta formativa, che per il suo ranking e per l’essere riconosciuta dal Miur (qui trovi la lista), le sue modalità di accesso e per il prezzo (che non fa mai male).

Master in Luxury Brand Management Università Niccolò

Ho scelto questo master perché era il connubio migliore e più attuabile. Una bella proposta formativa con un buon mix di comunicazione, brand marketing, brand project, comunicazione di impresa, e sfera economica.

Ho potuto approfondire tematiche come il made in Italy, event management, creatività a più livelli, gestione di un brand, comunicazione integrata…

logo università telematica Niccolò Cusano

Attualmente sono alle fasi finali, in attesa della pubblicazione dell’appello dove poter discutere la mia tesi.

Leggermente OT, la mia tesi tratta gli eventi come strumenti di marketing e comunicazione, capaci di emozionare e far vivere esperienze uniche. In aggiunta? Un caso studio sulla famosa azienda di distillatori friulana, la Nonino. (Se ti va di leggerla fammelo sapere nei commenti e te la giro non appena termino il master)

Pro di una università telematica

Scegliere di studiare appoggiandosi ad un’università telematica può essere molto positivo per i seguenti punti:

  • orari flessibili
  • lezioni frequentabili ovunque e a qualunque ora
  • massima autonomia
  • ottimo compromesso tra la vita lavorativa, personale e formativa

Comoda, accessibile, personalizzabile e gestibile. Se hai problemi di tempo e spazio l’università telematica è la scelta ideale.

Contro di una università telematica

Optare per un’università telematica a scapito di una più ‘tradizionale’ ha però anche dei lati negativi. Flessibilità ed elasticità vedono dall’altro lato della medaglia un’elevata dove di autonomia e un percorso più solitario.

Qualche esempio?

  • ridotto contatto con i professori e compagni d’aula
  • minori possibilità di scambio e condivisione
  • ridotto rapporto diretto
  • vita di ateneo molto limitata

Il tutto diventa quasi solo virtuale. Se sei una persona che ama lo scambio diretto, i rapporti interpersonali, conoscere nuove persone e il senso di comunità, ti troverai un pò soletto.

Hai frequentato anche tu un’università telematica? Parliamone nei commenti.

Hella network comunicazione inclusiva e parità intervista alla founder Flavia Brevi by Giada Rochetto

Hella Network. Comunicazione inclusiva e parità.

Il motto di Hella Network è “La comunicazione è figlia della società in cui nasce, ma può mostrarle come essere migliore”.

Hella network logo

Qualche mese fa scoprii – felicemente – questo progetto dai toni accoglienti e inclusivi. Se mi conosci da un po’, avrai capito che ferma non so stare. Così decisi di approfondire il tutto, entrando a far parte della community Hella Network, dove la mia prima impressione fu confermata: fin da subito mi sentii accolta.

Sul gruppo Facebook – che ad oggi conta oltre 1500 iscritte e iscritti – vengono giornalmente condivise notizie, scambiati pareri, conoscenze e competenze. Il tutto senza stereotipi e a debita distanza dai luoghi comuni. Chiunque faccia parte di Hella Network può proporre la propria idea e partecipare attivamente in base alle proprie competenze e settori di interesse.

La nascità di Hella Network

Hella Network si affaccia al mondo nel 2019 da un appello lanciato sul suo blog dalla fondatrice, Flavia Brevi

Il tutto è partito da una domanda:

E se le professioniste si unissero per chiedere una rappresentazione libera dagli stereotipi e la parità anche coi fatti e con le politiche aziendali? 

Da lì è nato un collettivo, attivo su vari fronti.

Quando approdi sul sito o sugli altri canali Facebook e LinkedIn di Hella, leggi questo ‘Siamo professioniste e professionisti che lavorano nella pubblicità, nel marketing, nell’editoria e nel giornalismo. Nei nostri diversi ambiti chiediamo la parità, anche con i fatti.

E posso aggiungere che è proprio così.

Qualche esempio di comunicazione inclusiva firmato Hella Network

Le attività e iniziative promosse in poco meno di due anni sono tante. Immagina quello che potrà nascere nel lungo periodo.

Per fare qualche esempio, ti cito la campagna di  denuncia all’assenza di politiche per le madri lavoratrici durante il lockdown e il decalogo per la narrazione della violenza di genere.  

Hella è stata media partner al film sull’ageismo “Ancora donne” e al talk di Margaret Atwood organizzato dal Museo MAXXI.

Un’altra attività di inclusione che ho trovato utilissima è stata la creazione della Guida all’8 marzo [per aziende].

Guida all'8 marzo per le aziende hella network comunicazione inclusiva e parità

Ultima, ma non ultima, proprio ieri è stata lanciata la nuova campagna firmata Hella. Si tratta della “Guida al sessismo nascosto nei luoghi di lavoro”, portata proprio oggi al WeWorld Onlus Festival. (se te la sei persa, ti consiglio di darle un’occhiata).

Qualche parola con Flavia Brevi, fondatrice di Hella Network

Ora lascio la parola a Flavia Brevi, Head of Social Media in Cookies & Partners e fondatrice di Hella. Chi meglio di lei ci può raccontare il perché dietro a questo Network per la parità e per l’inclusione.

Qual è il perché che ti ha spinta a fondare Hella Network?

Sono una pubblicitaria, ma sono anche una femminista intersezionale (uso l’avversativa perché c’è chi trova una contraddizione nelle due identità). Da quando ho cominciato a lavorare, 12 anni fa, a oggi ho notato che la società ha sviluppato una crescente sensibilità nei confronti della rappresentazione della donna nella comunicazione commerciale. E naturalmente anch’io voglio una narrazione libera da stereotipi. Per questo ho pensato di sfruttare il privilegio di lavorare nel campo di chi quelle comunicazioni le produce per chiedere meno pinkwashing e vere politiche paritarie anche per quanto riguarda salari e opportunità lavorative. Da sola però potevo fare ben poco, ecco perché ho ritenuto più potente creare un collettivo che riunisse chi lavora nelle agenzie di comunicazione, nei reparti marketing delle aziende, nelle redazioni dei giornali e nell’editoria, oltre che le e i freelance. In questo modo possiamo fare massa critica.

Da dove nasce il nome Hella?

Essendo un collettivo nato dal basso, non volevo imporre io un nome, ma desideravo che le e i partecipanti potessero sceglierlo. Così ho chiesto a chi se la sentisse di mandare un naming con una spiegazione sulla proposta fatta (nel linguaggio tecnico, un rationale). Un democratico sondaggio ha decretato Hella come vincente. L’idea è dell’art director Marika Mangafà, che ha pensato a un saluto al femminile che suonasse dannatamente bene. Hella good, insomma.

Se dovessi spiegare l’inclusività a un bambino, come lo faresti?

L’inclusività è provare a mettersi nei panni di varie persone per capire come può essere percepito un messaggio. Se in questo esercizio quello che senti è imbarazzo, insicurezza, paura o vergogna, significa che quello che hai detto, scritto o fatto è sbagliato.

Ma per mettersi nei panni di varie persone bisogna leggere molto, studiare e saper ascoltare.

Come ti immagini la comunicazione tra una decina di anni?

I mezzi saranno sicuramente diversi, quindi è inutile pensare alla tecnologia. Possiamo però concentrarci sul “software”, il linguaggio, che vedo sempre più inclusivo e sofisticato. Le ricerche sulle nuove generazioni mostrano chiaramente che certi stereotipi verranno presto abbandonati per strada, quindi mi immagino una rappresentazione più diversificata delle persone.

Hella statement

Grazie Flavia per le tue bellissime parole.

Per riprendere la frase di apertura di questo articolo, indipendentemente dall’origine, non è mai troppo tardi per migliorare e migliorarsi.

E tu? Ti sei mai sentito/a discriminato/a in qualche modo sul lavoro o altrove?