Emanuela Spernazzati, Consulente di Carriera & Responsabile HR ed Executive Career Coach

Emanuela Spernazzati, Professional Coach, Agile HR Professional, Counselor e Formatore

Buongiorno Emanuela, grazie per il vivo interesse nel mio progetto e benvenuta! Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso?

Ciao Giada, il mio è un percorso che, almeno all’apparenza, sembra un’autostrada: cresciuta in una famiglia in cui il lavoro era considerato un valore, mentre cercavo la mia prima occupazione mi sono accorta di quanto fosse importante avere ben chiaro chi si è e cosa si desidera per poi attrarre e incontrare la realtà giusta per noi- Così ho subito deciso di dedicarmi alle Risorse Umane.

Sono stata Orientatrice, Recruiter Formatrice e infine ho realizzato il sogno di entrare in un’azienda come Responsabile Risorse Umane.

Quell’esperienza è stata importantissima per me, perché ho strutturato da zero i processi e il Reparto Risorse Umane

È proprio grazie a quegli anni di lavoro e autoformazione che ho potuto, in seguito, aprire la mia attività come Formatrice e Consulente Risorse Umane, per poi aggiungere l’ultima passione: la Consulenza di Carriera e il Career Coaching, o meglio il mio #careercoachingin5step.

Emanuela Spernazzati, Consulente di Carriera & Responsabile HR ed Executive Career Coach
Emanuela Spernazzati, Consulente di Carriera & Responsabile HR ed Executive Career Coach

Cosa ti ha spinta ad intraprendere il la tua carriera nel mondo delle Risorse Umane?

Come ti dicevo, nella mia famiglia il lavoro ha sempre svolto un ruolo importante nella realizzazione personale, ma ho conosciuto anche Persone distrutte dal lavoro. Questa cosa mi ha sempre fatto pensare e quando è toccato a me scegliere ho realizzato che l’incontro fra domanda e offerta professionale si muove su livelli che a volte vengono sottovalutati: i valori, le attitudini, i bisogni, etc. Considerarli può, invece, rendere una Persona felice e un’azienda florida. O no.

Che ruolo ha il Personal Branding al giorno d’oggi? Si può vivere senza?

Se consideriamo il Personal Branding come l’immagine che arriva agli altri di noi, l’idea che si fanno di chi siamo anche in nostra assenza, ne deriva che no, non si è mai vissuto senza, e non si può vivere senza neppure ora. A maggior ragione ora, che prima di arrivare a noi probabilmente chi ci incontra per i più svariati motivi potrà farsi un’idea di chi siamo attraverso informazioni trovate online e offline.

Che si tratti dello specialista consigliato da un amico o del cv arrivato via mail è molto probabile che inseriremo in Google il nome della Persona e ci vorremo fare un’idea di chi ci troveremo di fronte prima di contattarlo.

E sono avvisati anche i Recruiter, perché sono sempre i più i candidati che visitano i Profili Linkedin dei Selezionatori che dovranno incontrare.

Insomma, un buon Personal Branding online e offline ci aiuta a iniziare bene, poi il lavoro è tutto in mano nostra.

Parlando di lavoro, che cambiamenti hai percepito in questi ultimi due anni?

Gli ultimi anni sono stati anni veloci e strani, per non dire altro. Ho percepito soprattutto un radicale cambio di punto di vista. Abbiamo vissuto un momento di stop (o almeno lo ha vissuto la maggior parte di noi) che ha permesso o costretto a riflettere e molti sono arrivati alla conclusione che non erano soddisfatti di come stavano impiegando il loro tempo. E che volevano essere più felici anche sul lavoro.

Ecco, ho notato soprattutto questo, lato Persone.

Lato aziende il discorso è stato differente: ci si è dovuti adattare velocemente a un panorama complesso e imprevedibile. Sono stati e sono ancora momenti molto impegnativi.

A tuo parere su cosa devono puntare le aziende per attrare nuovi candidati?

Le aziende devono sicuramente mettere da parte la vecchia idea del “io ti offro un lavoro e tu devi essermi grato”.

Oggi le Persone e i ragazzi in primis vogliono valutare l’offerta, vogliono capire cosa otterranno in cambio del loro impegno e del loro tempo e non guardano più solamente al denaro, valutano molto anche l’ambiente, le prospettive e la flessibilità che verrà loro concessa.

Le aziende dovranno conoscere i bisogni dei loro candidati ideali, creare un’immagine attrattiva e rispettare le promesse fatte in colloquio. E dovranno cominciare a scegliere i candidati non solamente per l’esperienza pregressa ma anche e soprattutto per le caratteristiche personali. È un grande salto quello che devono compiere.

Mi incuriosiscono molto i percorsi di Team Building ed Empowerment che svolgi attraverso il Coaching e la Recitazione. Ce ne parli?

Creare team è importantissimo in azienda, perché solamente se le Persone condividono lo scopo e le regole del gioco si arriva all’obiettivo senza disperdere le energie in microconflitti inutili.

L’idea di lavorare con i team è cresciuta in me durante le mie esperienze come dipendente, perché mi accorgevo che la mancanza di comunicazione e di coesione tra le Persone fosse, purtroppo, un tema comune a tantissime realtà, e fosse anche una delle cause principali di errori e dimissioni.

Il teatro è metafora dell’azienda perché ha un obiettivo comune per la realizzazione del quale occorre il contributo di tutti, nessuno escluso. Ed ha anche un valore enorme nella scoperta e nella crescita personale, così, quando frequentando un percorso di Public Speaking ho conosciuto un regista e attore di cinema e teatro, è nata l’idea di fondere coaching e recitazione. E le aziende sono contente, a quanto pare!

Sei anche Agile HR Professional certificata ICAgile. Quali sono gli elementi essenziali per avviare dei percorsi di ricerca e selezione agili ed efficaci?

La metodologia Agile mette al centro il cliente e snellisce i processi per renderli più adatti a performare in mercati volatili, incerti, complessi e ambigui come quelli contemporanei.

Collaborazione, comunicazione, attenzione alle Persone, responsabilizzazione e anche accettazione dell’errore come momento di apprendimento sono sicuramente alcuni dei capisaldi che caratterizzano questo modo di vedere il lavoro e che possono essere introdotti anche nella Ricerca e Selezione.

Una raccomandazione su tutte è sicuramente quella di collaborare tra reparti durante il processo di Ricerca e Selezione, ma altrettanto importante è fare un’analisi retrospettiva del lavoro svolto per garantire il miglioramento continuo dei processi e, l’ho già detto, valutare i candidati a 360 grandi, non solamente per le esperienze pregresse ma anche per le attitudini.

Mi piace moltissimo il tuo motto – Mi prendo cura delle Organizzazioni e delle loro Persone affinché non si parli più di Work-Life Balance ma che anche il Lavoro sia degno di essere chiamato Vita. Quanto pensi il mondo del lavoro attuale si avvicini alla tua definizione?

Poco, ma sempre di più. Perché le Persone vogliono questo e le aziende sono fatte di Persone, quindi, anche se lentamente, ci arriveremo.

Ci parli dei tuoi prossimi progetti? Hai appena lanciato il ‘Career Coaching in 5 Step più 1’. Ci sveli qualcosa in più?

L’idea di fondere la Consulenza di Carriera Tradizionale con il Coaching e con la mia esperienza di Recruiter ed HR Manager è maturata in me con il tempo, ed ora era il momento di presentarla a tutti per dissolvere alcuni luoghi comuni, ad esempio che per trovare lavoro bastasse avere un CV fatto bene.

Non è così: il CV è uno strumento, solo uno strumento.

Un Percorso che, si spera, porterà a raggiungere il lavoro desiderato (perché dobbiamo ricordarci che nessun consulente può garantirci un’assunzione, gli elementi in gioco sono molti e fuori dal nostro diretto controllo) deve soffermarsi su vari punti tra i quali la conoscenza profonda del Candidato, la definizione di un Obiettivo ben formato, il confronto con il Mercato di riferimento, la definizione di una Strategia ad hoc, in parte diversa per ogni caso specifico e infine, ma solo infine, la creazione degli strumenti più adatti, quali CV e Profilo LinkedIn ma alle volte anche Video CV, Portfolio, etc.

E poi arriva l’ultimo grande impegno: mettersi in moto e agire, non prima di aver ben chiaro il proprio valore e i bisogni delle aziende di riferimento. E, naturalmente, cercando di sciogliere i pensieri negativi inutili per fare spazio a quelli che ci possono aiutare a perseverare e a mostrare il meglio di noi.

Tutti questi ingredienti possono aiutare nella ricerca del proprio posto nel mondo del lavoro, e solitamente lasciano molta consapevolezza e determinazione.

Riccardo Riganti, Specialista Ricerca e Selezione e Orientatore professionale per Giada's Project

Human Resources? No, Human Relations! Intervista a Riccardo Riganti

Buongiorno Riccardo, ben ritrovato. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso nelle risorse umane?

Ciao Giada. Grazie anzitutto per la tua disponibilità.

Il mio percorso professionale in ambito HR è iniziato appena dopo la laurea, nel 2007, quando sono stato inserito in stage presso una storica realtà del settore metalmeccanico nella mia città, Varese, e nella quale ho imparato le basi della selezione di profili del contesto logistico e produzione. Dopo di allora, ho sempre lavorato presso società di servizi, prima, e studi professionali, poi, occupandomi sempre di ricerca e selezione e di consulenza strategica.

Cosa ti ha spinto ad avvicinarti alle risorse umane?

Ho sempre avuto un forte interesse per la comunicazione e la possibilità di imparare interagendo con gli altri. Ciò che mi piace molto del mio lavoro, è appunto la comunicazione e l’apprendimento costante dalle persone con cui mi relaziono.

Riccardo Riganti, Specialista Ricerca e Selezione  e Orientatore professionale per Giada's Project
Riccardo Riganti, Specialista Ricerca e Selezione e Orientatore professionale per Giada’s Project

Sul tuo profilo scrivi una frase molto bella ‘HR: Human Resources? No! Human Relations’. Ci approfondisci il concetto?

A mio avviso, a rischio di dire una cosa banale, non si deve parlare di risorse umane ma di relazioni umane. È una cosa, questa, che ho imparato da un professionista del settore (una persona splendida e con grandissima competenza in ambito HR!): le relazioni umane sono alla base del mio lavoro, e le persone con cui mi relaziono (candidati o aziende che siano) sono lo scopo della mia professione.

Le persone non sono il mezzo del successo, ma sono lo scopo del successo: successo è solo se si crea una relazione virtuosa tra azienda e candidato, non se si chiude una selezione. Per questo HR significa, per me, Relazioni Umane.

Come hai visto cambiare l’area della ricerca e selezione nei tuoi oltre 10 anni di esperienza in questo ambito?

Nella mia esperienza ho visto cambiare molto il mercato e i parametri di riferimento. Mentre, anni fa, si valutavano molto le competenze tecniche, adesso si considerano molto (e giustamente) anche quelle trasversali (le soft skills), che sono elemento cruciale nell’analizzare una figura professionale. Non occorre, infatti, solo individuare una persona competente in un settore, ma anche una persona con cui si possa creare una sana relazione professionale, utile alla crescita aziendale e al benessere interno.

Quando un’azienda cerca una figura professionale, solitamente è perché manca una competenza (tecnica); però non è solo la competenza tecnica che occorre trovare – io non devo cercare ciò che il cliente mi chiede, ma aiutare il cliente a capire ciò che gli serve e lì indirizzare il mio lavoro -, ma anche quella trasversale (es. comunicazione, capacità di interazione, ecc.).

Fin dal primo contatto che abbia avuto, ho riconosciuto in te una persona disponibile, empatica ed estremamente gentile e disponibile, caratteristiche essenziali per chi vuole lavorare nelle HR. Cos’altro pensi serva sia a livello di soft skill che di hard skill?

A mio avviso, ciò che serve maggiormente è l’umiltà di voler imparare ogni giorno, ad ogni colloquio, qualcosa di nuovo (sulla posizione, sul profilo professionale, su me stesso). Ho svolto centinaia di colloqui (credimi, non sono tanti) e ogni volta mi ripeto che uno dei miei obiettivi è imparare qualcosa che ancora non so, per poi migliorare nel mio lavoro e poter essere di aiuto al mio cliente (che sono sia l’azienda che i candidati).

Un libro (o film, canzone, ecc.) da leggere almeno una volta nella vita.

Un libro: La schiuma dei giorni, di Boris Vian.

Claudio Gasparri HR Manager Myes English School

Intervista a Claudio Gasparri, HR Manager My English School

Buongiorno Claudio. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul percorso che ti ha portato a diventare HR Manager di Myes – My English School?

Il mio percorso è vario e non lineare, pur se tutto in area HR, per questo credo interessante e di “speranza” per chi vuole affacciarsi a questo mondo.

Mi avvicino alla formazione del personale durante il mio tirocinio post laurea in psicologia: la mia tutor era formatrice per le competenze trasversali nei corsi di laurea di ostetricia ed infermieristica e nella ASL di Empoli, una delle più grandi della Toscana. Questo mi ha consentito di sperimentarmi da subito nell’appassionante modo della formazione.

Deciso che quella era la mia strada mi sono inserito in IFOA, una delle principali agenzie di formazione e servizi HR a livello nazionale con base in Emilia Romagna.
Dopo quasi 5 anni in cui ho potuto toccare con mano molti dei processi di selezione, formazione e sviluppo facendo consulenza ed erogazioni per aziende e PA, decido di dimettermi.

Il mio obiettivo era quello di passare da consulenza ad azienda con il ruolo di responsabile formazione e sviluppo: volevo infatti poter davvero “lasciare il segno” con la continuità di intervento che per sua natura la consulenza non consente.

Dopo 3 anni di ricerca attiva ed esperienze libero professionali di varia natura (dalla consulenza sui piani formativi alla formazione specialistica in medicina, passando per ANPAL ed il Centro per l’impiego) stavo decidendo di trasferirmi in Irlanda dove immaginavo opportunità evolute in HR grazie alla politica attrattiva adottata all’epoca verso le grandi multinazionali.

Improvvisamente una inattesa sliding door fa si che io venga selezionato da Experis/Manpower per la start-up della funzione Formazione e Sviluppo nel Gruppo CFT (all’epoca 2500 dipendi e 300Mln€ di fatturato).
Il ruolo che volevo, vicino a casa, con budget/potere si spesa e mandato autentico del board: come rifiutare?
Rimango 5 anni sino alla importante crisi aziendale che mi convince a uscire: in certi momenti di vita delle aziende non si può costruire ed io non ero disposto ad aspettar anni affinché l’azienda si risanasse.

Qui entro in contatto con My English School ancora una volta per uno start-up di funzione: stavolta quella Risorse Umane nel suo complesso.
A fine 2019 decido quindi di misurarmi con una realtà più piccola (una PMI in rapida crescita) in un ruolo più ampio, certo che potrò avere un gran beneficio dall’allargare visione e competenze.

A pochi mesi dall’ingresso scoppia la pandemia che rende certo più complesso e faticoso entrare nel ruolo e strutturare la funzione…Ed eccoci ad oggi!

Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo delle Risorse Umane?

L’aver scoperto la formazione professionale durante il mio tirocinio post laurea ed aver capito che mi sarebbe molto piaciuto andare in quella direzione per la possibilità di supportare lo sviluppo e la crescita delle persone all’interno delle imprese.

Quali sono gli ambiti delle HR che più ti appassionano?

Sicuramente la selezione, formazione e sviluppo del personale.

Cosa significa essere HR Manager di una scuola di inglese?

Certamente lavorare molto sulla interculturalità, sulla valorizzazione e l’integrazione delle varie anime presenti in azienda, contemperando al tempo stesso le esigenze di una operatività molto dinamica con le rigide norme giuslavoristiche dell’ordinamento italiano.

Quali sono le caratteristiche necessarie per svolgere al meglio questo ruolo?

Certamente capacità di ascolto, velocità di azione, ed apertura mentale supportate da solide conoscenze in ambito di giuslavorismo e amministrazione del personale.

Quali sono gli elementi essenziali che devono essere presenti in un CV a tuo avviso? E in un CV formato inglese?

Qui temo di non poter portare una visione originale: in tutte le lingue serve che siamo ben descritte le esperienze con le competenze in esse maturate ed i risultati raggiunti.

A tuo avviso qual è il ruolo delle Soft skill o Power skill nel mondo del lavoro di oggi?

Quello che hanno sempre avuto: sono fattori abilitanti alla piena espressione del proprio valore professionale.
Certamente nei ruoli manageriali stanno acquisendo sempre più importanza, ma sempre e solo a coronamento di forte competenza tecnica.

Qual è il corso universitario, ma non solo, che ti sentiresti di suggerire a chi vorrebbe affacciarsi al mondo delle Risorse Umane?

Fortunatamente stanno nascendo corsi sempre più specialistici, e/o interfacoltà con focus su HR.
Sicuramente quindi tutti quelli che preparino alla piena comprensione del sistema azienda ed alle parti hard del ruolo: giuslavorismo e amministrazione del personale in primis.

È infatti molto più semplice recuperare successivamente le parti soft del ruolo che non il contrario.

Sconsiglio invece i percorsi puramente umanistici con l’idea di lasciare l’ingrato compito di renderci competenti ad un Master HR.

Hai un motto o una citazione che ti guida nel tuo lavoro e, più in generale, nella tua vita?

Amo molto citazioni e proverbi ne metto almeno due:

  • “homo faber fortunae suae/homo quisque faber ipse fortunae suae” l’uomo è artefice della propria sorte (Appio Claudio Cieco)
  • La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione (Lucio Anneo Seneca)

Nel tempo libero hai qualche hobby o passione particolare?

In assoluto la musica: vedo moltissimi concerto e suono in basso elettrico in una cover band di Grunge/Rock anni ’90.

Flavio Moceri di Startswell

StartsWell, comincia al meglio la tua carriera con un mentor. Intervista a Flavio Moceri.

Ciao Flavio, bentrovato, come stai? Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso?

Ciao Giada, tutto bene e grazie ancora per questa opportunità. Mi chiamo Flavio Moceri, ho 18 anni e vengo da un piccolissimo paesino della Sicilia che conta meno di 10.000 abitanti.

Il mio percorso non è stato sicuramente lineare, ho scoperto questo mondo della programmazione all’incirca quando avevo 15 anni e sono stato influenzato molto da mio fratello, che come professione fa appunto il programmatore. Ogni volta che iniziavo ad imparare ed apprendere, tramite video su YouTube o corsi gratuiti su codecademy, dopo qualche mese mollavo e mi chiedevo se ciò che stessi facendo fosse realmente la mia strada. Mi sono reso conto solo qualche anno dopo, che il mondo della programmazione, per quanto difficile e alcune volte frustrante, fosse l’unico che mi ispirava, mi divertivo a risolvere le tasks e vedere il risultato delle mie azioni. Sono dell’idea che la programmazione, ma anche più in generale dell’internet in sé, specialmente in questo periodo porterà alla formazione di nuovi lavori, quindi se c’è qualche ragazzo che sta leggendo, vi dico che se siete appassionati, questo settore sicuramente può darvi molto.

Sono entusiasta di questo periodo storico perché riusciamo a creare valore attraverso l’uso delle nostre menti e cerchiamo di sostituire sempre di più la forza lavoro con l’utilizzo dei robot. So che quest’ultimo argomento può creare discussioni, ma basta guardare il passato. Non penso che nessuno si stia lamentando perché non esiste più il mestiere del lampionaio.

Da dov’è nato il progetto StartsWell?

Dopo la maturità, sono stato tre mesi a Londra per migliorare il mio inglese e per uscire fuori dalla mia zona di comfort. Passare da un paesino di 10.000 abitanti ad una città di 9.498.212 abitanti non è sicuramente facile. Nel corso di questi tre mesi, nei gruppi di WhatsApp ovviamente si parlava della scelta dell’università e dei soliti topic che si discutono una volta finita la maturità. In un primo momento non ci ho dato peso. Qualche giorno prima di tornare a casa però, mentre parlavo con un mio amico, percepisco rileggendo anche le chat passate, che dopo la maturità (e suppongo sia lo stesso anche per molti ragazzi che finiscono l’università), inizi a salire un’ansia particolare nei confronti del futuro, non sapendo esattamente cosa farai dopo, perché non hai effettivamente nessun supporto o mezzo che ti metta in comunicazione coi lavori che effettivamente ti troverai a fare.

Da qui nasce l’idea di StartsWell. Dopo poco ne parlo con mio fratello, cerco su internet se qualcuno l’avesse già fatto ed inizio a scrivere il codice.

Ad oggi te ne occupi autonomamente o c’è un team a supporto?

L’idea è stata lanciata da pochissimo. Ad oggi gestisco prevalentemente quasi tutto io, faccio sicuramente affidamento a mio fratello quando non riesco a risolvere qualche problema e in questi giorni sto iniziando a sponsorizzare la piattaforma per far conoscere il nome e lo scopo stesso di StartsWell.

Cosa offre StartsWell e come si differenzia dalla concorrenza?

L’idea di StartsWell è molto semplice. I mentor possono offrire la loro disponibilità e scegliere una tariffa che ritengono adeguata alle loro competenze ed esperienze. Possono decidere se tenere per sé l’importo (al momento non ho inserito commissioni) oppure devolverlo in beneficenza. Gli utenti possono cercare i professionisti e filtrare la ricerca in modo tale da trovare il mentor più indicato considerando le proprie aspirazioni.

È possibile scegliere il mentor, prenotare la chiamata, effettuare il pagamento in pochi minuti. Semplificando il processo, l’esperienza diventa piacevole per entrambe le parti, che hanno la possibilità di dialogare senza doversi preoccupare del resto.

Per quanto riguarda la concorrenza, ho sentito parlare di alcuni siti italiani simili, ma sono dell’idea che non sia abbastanza, bisogna cercare di far conoscere la piattaforma a molte più persone. Ogni giorno tramite LinkedIn vengono contattati decine di esperti chiedendo se sono disponibili per fare una consulenza, ciò porta alla conclusione che non ci sia ancora una piattaforma leader e conosciuta in queste settore.

Chi sono i mentor?

I mentor sono persone qualificate che verifico prima di inserire all’interno della piattaforma, li contatto io stesso o mi scrivono loro tramite LinkedIn o il form che si trova sul sito. Revisiono il loro profilo, ci parlo per conoscere la loro storia, controllo le loro esperienze e referenze da parte di persone che confermano le loro competenze. Un processo che richiede sicuramente un po’ di tempo, ma che è essenziale per offrire agli utenti che usano StartsWell il miglior servizio possibile.

Quanto hai trovato difficile orientarti nel mondo del lavoro? Hai avuto un mentor a cui fare riferimento?

Non ho ancora un’esperienza così forte da poter parlare del mondo del lavoro, ma sicuramente mi sento di dire che cercare di entrarci parallelamente magari al percorso di studi che si sta intraprendendo, ti mette nella condizione di avere una marcia in più rispetto a coloro che hanno fatto un percorso standard. Ti fa aprire gli occhi su come effettivamente funziona il mondo reale e capire gli ingranaggi che fanno funzionare questa macchina.

Il mio mentor è stato al 100% mio fratello, ho sempre percepito vivere in Sicilia, come vivere in una sorta di bolla, se stai qui e soprattutto se stai in un paesino come il mio, vieni automaticamente influenzato dalla cultura, dai modi di fare. Ma se riesci ad uscire da questa bolla capisci che il mondo che hai conosciuto nel tuo paesino, esiste solo lì e sicuramente colui che mi ha aiutato a fare esplodere questa bolla e a farmi capire che esistono altri mondi al di fuori del paese in cui si nasce è sicuramente mio fratello.

Quali credi siano i più grandi scogli del mondo del lavoro di oggi? Quali le potenzialità?

Non saprei dire, ogni percorso è diverso ed è difficile trovare una risposta generale che risponda a tutti i settori del mondo lavorativo. Direi che il mio grande scoglio è riuscire ad ottenere la credibilità di ciò che fai. Soprattutto se sei giovane e subentri all’interno di questo mondo, nessuno ti prenderà troppo sul serio e puoi riuscire a cambiare ciò solo con le tue azioni. Per quanto riguarda le potenzialità è impossibile elencarle tutte, ma sicuramente poter creare valore grazie ad un computer e grazie all’uso delle nostre menti è un tipo di potenzialità nel mondo del lavoro che prima non esisteva e penso che sia importante perché effettivamente è l’unica vera componente che ci distingue dalle altre forme di vita che vivono sul nostro pianeta.

Cosa ti aspetti dal domani?

Eh, domanda difficile, sicuramente spero di poter fare dei passi importanti con StartsWell e vedere che effettivamente l’idea funziona, cercando di portare valore alla società.

Più in generale mi aspetto la nascita di nuovi lavori nell’ambito del digitale, del web 3.0 ecc. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma specialmente negli ultimi 10-15 anni abbiamo apportato miglioramenti così radicali che sarebbe impossibile per i nostri antenati anche semplicemente immaginarlo e vorrei con tutto il cuore che questo trend continuasse.

Valentina Murace More Human Resources per Giada's Project

More Human Resources e carriere internazionali – Intervista a Valentina Murace

Ciao Valentina, grazie per la disponibilità. Ci parli un po’ di te e del tuo percorso professionale?

Grazie mille per avermi invitata a condividere il mio percorso. Attualmente mi occupo di sviluppo di carriera e talent management presso un fondo delle Nazioni Unite. Se al momento posso confermare di sentirmi nel mio posto, questa sensazione non ha caratterizzato gli ultimi 7 anni della mia vita. Il file rouge del mio percorso è la passione per le lingue e un amore immenso per la commistione tra culture. A parte questo, ho cambiato il lavoro dei sogni diverse volte, passando da ambasciatrice in Germania, una nazione che amo tantissimo, fino all’interprete. Il mio è quel percorso che i recruiter definirebbero come “non lineare”. Ho iniziato con una triennale in mediazione linguistica e interculturale, per poi proseguire con un master in interpretariato in lingua tedesca. Neanche quella sembrava essere la mia strada. Lo percepivo un ambiente troppo competitivo e non si allineava con il mio modo di vivere la vita e intendere il mondo del lavoro. Così, dopo il master ho proseguito con una laurea magistrale in Economia e Management Internazionale, con metà degli esami in lingua inglese. Ho proseguito poi la mia specializzazione in HR attraverso vari corsi gratuiti, un master di cui sono stata anche tutor e tanta formazione. 

Valentina Murace More Human Resources per Giada's Project
Valentina Murace More Human Resources per Giada’s Project

Risorse umane. Cosa ti ha spinta ad abbracciare questo ambito?

Durante la magistrale sentivo che stavo procedendo verso la giusta direzione, ma mi mancava ancora una meta definita. Questa illuminazione è arrivata mentre studiavo per un esame – l’unico dato da non frequentante, che casualità! – in Intelligenza Emotiva e gestione delle risorse umane. Lì, tutto ebbe un senso. Potevo unire la mia empatia e il desiderio di aiutare gli altri con uno dei miei principali talenti: trovare opportunità cucite sulle aspirazioni delle persone che mi stavano accanto. Dopo la laurea in Intelligenza Emotiva e gestione delle risorse umane nell’industry 4.0, non ho più abbandonato il mondo HR. Ho iniziato a pubblicare articoli per un blog del settore e poi ho deciso di dedicarmi al mio progetto personale More Human Resources

Cosa significa lavorare in UNFPA?

Lavorare con il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione significa contribuire al raggiungimento di 3 obiettivi fondamentali:

  • porre fine alla violenza di genere,
  • favorire la salute riproduttiva di donne e giovani,
  • impedire che altre donne muoiano come conseguenza del parto.

Anche se non sono nel field a gestire programmi, lavorare nelle risorse umane mi permette di prendermi cura dello sviluppo di carriera delle persone che lavorano nelle varie regioni del mondo. Quindi, analizzare i bisogni di sviluppo specifici per diversi ruoli e definire programmi ad hoc è comunque un’attività di grande valore, perché permette all’organizzazione di raggiungere in modo più efficace gli obiettivi citati. 

Ci racconti qualcosa in più sul tuo progetto personale More Human Resources?

Il progetto More Human Resources è nato in un periodo molto difficile del mio percorso professionale. Mi sono laureata a marzo 2020 e il momento storico era molto particolare, di sicuro non il più favorevole per trovare uno stage. Così, ho cercato di fare di questa frustrazione qualcosa di utile. Avevo tantissime risorse a disposizione sul mondo della formazione e del lavoro, grazie al mio tirocinio curriculare svolto durante la magistrale come editrice di un sito che si occupava di aiutare i giovani a trovare opportunità di lavoro e corsi in Italia e all’estero.

Mentre cercavo di focalizzare il mio obiettivo di carriera, volevo dare un senso a quel periodo lavorando sulla mia mission, che è quella di migliorare il livello e la qualità dell’informazione dei giovani sul mondo del lavoro, far conoscere loro le diverse opportunità a disposizione e accompagnarli in questo viaggio alla scoperta di sé. Da questa missione, a novembre 2020 è nato More Human Resources, una pagina Instagram su cui condivido opportunità di formazione, borse di studio, offerte di stage e lavoro, percorsi di sviluppo delle soft skill, e non solo. Essendo oggi una professionista HR in organizzazioni internazionali, una parte dei contenuti è dedicata a rendere più comprensibile il lavoro in realtà che spesso intimoriscono. 

Il progetto More Human Resources nasce poi da una promessa di tanti anni fa: contribuire, nelle mie possibilità, a far in modo che nessun giovane debba rinunciare al proprio obiettivo di carriera soltanto perché non ha le risorse per raggiungerlo da sé. Un’altra parte fondamentale della mia attività di informazione è legata a consigli pratici sulla stesura del CV e della lettera motivazionale. Tutto risponde all’obiettivo di aiutare i giovani che mi seguono a sviluppare un’idea più chiara sul mondo del lavoro e avviare la loro carriera con più consapevolezza di sé e delle opportunità a loro disposizione. 

Perché scegliere di fare un’esperienza di volontariato in Italia e/o all’estero?

Che il nostro obiettivo sia quello di lavorare all’estero o restare in Italia, svolgere un’esperienza di volontariato online o in sede significa iniziare a uscire dal mondo della formazione per inserirsi in quello professionale. Perché intendo esperienze di volontariato come esperienze di lavoro? Perché attraverso queste attività siamo in grado di capire come si comunica all’interno di un team, come possiamo gestire il tempo per raggiungere un determinato output e in che modo definiamo il nostro ruolo all’interno di un’organizzazione. Queste sono le differenze principali con la formazione universitaria che, sebbene di grande valore, credo sia ancora più valida se completata da esperienze di questo tipo.

Le soft skill che apprendiamo attraverso un’attività di volontariato, che sia all’estero o dal nostro divano, ci faranno vivere la prima esperienza di stage o lavoro in maniera molto più consapevole. Il volontariato è uno degli argomenti che tratto più spesso sulla pagina, proprio perché ritengo che sia di grande valore. La mia esperienza con il volontariato risale al liceo, quando iniziai a fare la volontaria con la Protezione Civile del mio paese perché sapevo che mi avrebbe dato CFU utili. Quello che non sapevo, però, era quanto di me avrebbe cambiato e migliorato in qualità di individuo.

Un altro elemento che vorrei condividere su questo argomento è l’importanza del networking che esperienze simili possono aiutarci a costruire. Probabilmente molti giovani non lo sanno, ma almeno il 70% della ricerca di lavoro dovrebbe essere costituita da attività di networking. Questa è spesso una delle ragioni per cui inviare il CV non ci fa ottenere i risultati sperati. Se solo qualcuno me lo avesse detto 2 anni fa mentre mi chiedevo cosa non andasse in me, dato che nonostante un percorso accademico di eccellenza non trovavo un’opportunità di stage! Questa riflessione mi ha portata a sviluppare una guida sul networking per lo sviluppo di carriera, disponibile gratuitamente sulla pagina

Quali sono i primi passi da muovere per una carriera internazionale?

Una carriera internazionale può essere tante cose: lavorare in lingua inglese con un’azienda multinazionale in Italia, trasferirsi all’estero, lavorare da remoto presso un’organizzazione internazionale, ecc. Il primo consiglio che posso dare è quello di fare un’analisi del proprio obiettivo professionale di breve e medio termine e preparare su questo un piano di carriera. Il piano deve essere elaborato attorno a una SWOT analysis che ci aiuti a individuare le nostre aree di forza, quelle in cui possiamo migliorare, eventuali sfide dall’ambiente esterno e opportunità a nostra disposizione. In base a questo, possiamo poi decidere quale di questi diversi contesti fa per noi. Ricordandosi che il piano di carriera cambia in base a come si evolvono i nostri bisogni, ci sono delle competenze o requisiti comuni per lavorare nei vari scenari indicati prima. Ad esempio, avere una buona conoscenza delle lingue, almeno dell’inglese. Anche sulle questo, fare una ricerca di quelle più richieste dal contesto di interesse è molto rilevante. Se so che per lavorare con l’Unione Europea il francese è quasi sempre richiesto, incrementare le conoscenze di questa lingua mi aiuteranno ad avere un ventaglio maggiore di opportunità a cui candidarmi. In merito a questo, qualche tempo fa ho pubblicato un reel sulla differenza tra i requisiti per entrare nel mondo dell’ONU e nelle istituzioni europee. Qual è il messaggio? Se continuo a puntare su una direzione che non è (ancora) la mia, non posso pretendere un risultato diverso nel breve termine. E’ un po’ quello che cercavo io subito dopo la laurea. Mi candidavo soltanto per posizioni HR con agenzie per il lavoro, e avevo bisogno che fossero da remoto. Per un anno non sono riuscita a ottenere uno stage. Il problema non ero io, ma il contesto in cui mi candidavo, in cui le mie competenze di comunicazione interculturale, la conoscenza delle lingue e la formazione internazionale non erano utili all’agenzia. Nel momento in cui ho iniziato a candidarmi per le realtà che cercano questo tipo di background, allora le cose sono iniziate a cambiare.

Quindi, per concludere: prenditi il tempo di capire cosa cerchi, fare un bilancio di competenze e/o interessi, capire come questi possono tradursi in attività lavorative e candidati per i contesti in cui il tuo profilo aggiunge valore. Datti tempo. Per trovare il mio primo stage nell’ONU ci è voluto un anno e 163 candidature in cui ho ricevuto un “NO” come risposta. Prendi questi feedback e valorizzali per capire se hai bisogno di specializzare la tua formazione in una funzione precisa o per rendere più efficace il modo in cui ti presenti tramite CV, cover letter e interazioni sui social. Ricorda che il NO è rivolto al tuo profilo per quella posizione specifica e in quel momento definito. Non è un rifiuto nei confronti della tua persona. Questo è importantissimo da ricordare!

Una convinzione che molti neolaureati e neolaureate hanno sulle carriere internazionali è che avere una laurea in relazione internazionali sia l’unica cosa che conta. In realtà, questo ci allinea con il contesto, ma non necessariamente con la posizione. A meno che tu non lavori in ambiti di ricerca, le funzioni in cui ti inserirai sono molto specializzate, come legal, HR, marketing, strategic partnership e molto altro. Ecco perché è importante iniziare ad acquisire competenze pratiche attraverso tirocini, esperienze di volontariato, collaborazioni o progetti personali in quel particolare ambito.

Un consiglio che daresti a chi si è appena laureato e cerca di inserirsi nel mondo del lavoro.

Oltre a quello di seguire la mia pagina e gli altri progetti di content creator in ambito Risorse Umane o nel settore specifico per cui si cercano opportunità, il mio consiglio più grande è informarsi. Questa per me è la parola chiave. Innanzitutto, partire dal conoscere le posizioni a cui puoi candidarti grazie al tuo percorso di studi. Le università stanno iniziando a mettere in atto opportunità di mentoring, placement e altre occasioni di confronto con chi è già inserito nel mondo del lavoro. A questo si aggiunge il nostro approccio più mirato. Ad esempio, se ho una laurea in relazioni internazionali e non so a quali posizioni candidarmi oltre alle più note, posso visitare i portali del lavoro, cercare “relazioni internazionali” e scoprire che dal candidarmi soltanto presso ambasciate, di fatto posso ricoprire posizioni in ambito HR, legal, comunicazione, ricerca, analisi dati, relazioni istituzionali e molto altro ancora. Questo vale per tanti altri percorsi che ci offrono una base di conoscenze molto ampia, che poi possiamo imparare indirizzare verso un percorso specifico. Una volta individuate le principali posizioni che mi interessano, il secondo step può essere quello di cercare su LinkedIn persone che svolgono quella posizione per capire di cosa si occupano in concreto, connettersi con loro e trovare dei role model o mentor che ci possano fornire gli strumenti e le conoscenze utili su quel settore particolare, che avrà le proprie caratteristiche e peculiarità difficili da captare se non lo viviamo dall’interno.

Faccio un esempio pratico: per lavorare in HR presso le aziende oggi la combinazione triennale più master sembra essere quella più efficace. Questo però non è necessariamente il caso di una persona che vuole lavorare in organizzazioni internazionali, perché il nostro master non è equiparato a una magistrale per il sistema UN. Questi consigli e informazioni sono qualcosa che soltanto chi lavora nel settore conosce. Ecco perché da poco ho iniziato anche la rubrica “Ti spiego il lavoro con le Nazioni Unite” e ho reso disponibile sul profilo una guida gratuita su come lavorare nell’ONU. Per la stessa ragione, quando dei giovani mi chiedono come iniziare a lavorare in settori che non conosco, come ingegneria o finance, li rimando alle creator che si occupano proprio di questo. Da candidati, non possiamo imparare a conoscere un settore in un mese, ma quello che possiamo fare per iniziare a capire come funziona è proprio il networking.

A tuo avviso quali sono le soft skill più richieste nel mondo del lavoro di oggi?

L’elemento delle soft skill è fondamento per il mio progetto. Chiamarlo More Human Resources aveva l’obiettivo di far capire ai giovani quanto ciò che ci distingue, alla fine, è ciò che ci caratterizza come persone, il nostro lato umano. Non è un caso se attività di volontariato, collaborazioni e attività affini sono quello che consiglio ai giovani di sperimentare. Quando mi sono trovata a selezionare tirocinanti, quello che potevo utilizzare come fattore che mi permettesse di differenziare il profilo di un candidato dall’altro sono proprio queste attività a cui tendiamo a dare minore importanza. A volte è importante osservarci dall’esterno, come farebbero i recruiter e chiederci: Tolta la formazione tecnica simile per tanti candidati, su cosa possono basare la mia valutazione i recruiter? Cosa comunico di me? Il percorso di studi è sufficiente a definire chi sono come persona o il contributo che posso offrire come professionista? Ci sono altre attività, anche meno rilevanti, che mi hanno permesso di sviluppare skill rilevanti per il ruolo?

Soprattutto per figure junior, in cui i profili sono simili, puntare sulle soft skill quando abbiamo già un buon livello di competenze hard richieste dalla posizione può facilitare il lavoro dei recruiter e aiutarli a capire meglio chi siamo e che ruolo potremmo avere in quel contesto. Esperienze che hanno permesso ai candidati di sviluppare le capacità comunicative, stare in un team con persone di background differenti, allenare l’ascolto attivo o svolgere attività di in cui hanno dovuto imparare a gestire situazioni complesse e con problemi inaspettati sono alcuni di quei contesti che permettono alla persona di maturare consapevolezza di sé e del proprio stile lavorativo. È questo che si cerca: una persona che sia in grado di partire da ciò che è ed essere abbastanza aperta all’apprendimento continuo da crescere insieme al team di cui entra a far parte. Concludo ribadendo che oltre a queste competenze più trasversali e comuni al mondo del lavoro di oggi, è importante capire quali sono le soft skill core per la posizione lavorativa che desideriamo ricoprire. 

Un libro da leggere almeno una volta nella vita.

Un libro che ha dato una nuova direzione alla mia prospettiva è “Lavorare con Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman, da cui è iniziato il mio amore per questo argomento e su cui si è basata la mia tesi di laurea. Per quanto questo libro sia stato illuminante, vorrei consigliarne uno che raccoglie tanti degli argomenti trattati nella nostra intervista e che si ritrovano spesso nel mio progetto: “Funzionare o esistere” di Miguel Benasayag. Il testo mi ha appassionata particolarmente, perché è davvero attuale. È una domanda per me esistenziale, in quanto spesso ci troviamo di fronte al dilemma di scegliere tra comportarci senza commettere errori e “funzionare” oppure vivere, accettando di poter sbagliare ed “esistere”, in tutta la nostra umanità.

Grazie davvero Valentina per aver condiviso con noi il tuo percorso, il tuo progetto More Human Resources e dei consigli molto utili e pratici da mettere in campo.

Alla prossima intervista di Giada’s Project

Guido Penta, l'amichevole IT Recruiter per Giada's Project

IT Recruiting e soft skill – Intervista a Guido Penta di Adecco

Ciao Guido, grazie per il tuo tempo e la tua disponibilità. Mi piacerebbe sapere quale percorso si cela dietro – per riprendere le parole della tua headline su LinkedIn – all’Amichevole IT Recruiter di quartiere di Adecco che sei oggi.

Ciao Giada, grazie a te! Il mio percorso non è decisamente lineare: dopo quasi 10 anni in una grande azienda in ambito Customer Care, ho deciso di approfondire il settore nel quale sono ora, ovvero il mondo delle Umane Risorse (citando il buon Osvaldo Danzi) ed in particolare del recruiting in ambito IT. Nel corso degli anni sono cresciuto professionalmente, passando dall’essere un Customer Care Manager fino a Head of HR in una azienda di ingegneria. Attualmente, in Adecco, ricopro il ruolo di Recruiting Consultant nella nostra divisione Digital & Technologies di Roma.

Guido Penta, l'amichevole IT Recruiter per Giada's Project
Guido Penta, IT Recruiter Adecco per Giada’s Project

Da dove nasce il tuo interesse per il mondo delle HR?

E’ una “spinta” che ho sentito sin dal percorso universitario, in qualche modo: dopo la Laurea in Scienze della Comunicazione ho seguito un master in CSR & Management, con una tesi sulla SA 8000. L’etica del lavoro ed i temi affini hanno sempre avuto un importante ruolo nel mio percorso professionale, e spinto da questi valori la scelta di lavorare nelle HR è stata naturale.

Cosa ti ha spinto a specializzarti nel settore IT, ambito tra i più sfidanti e nel quale c’è una forte concorrenza?

Sarò onesto, da un lato un pò di sano “egoismo” professionale (o potremmo anche chiamarla lungimiranza) perché il settore IT in questo momento è pieno di opportunità che di sicuro nei prossimi anni non si esauriranno, anzi. Inoltre, la tecnologia e l’innovazione sono sempre state cose che mi hanno affascinato sin da ragazzino (ed anche la mia fortissima anima nerd da gamer ha spinto naturalmente per il settore).

Come hai visto cambiare il mondo e il mercato del lavoro in questi ultimi due anni segnati dal Covid?

Il cambio è stato radicale. Con il lockdown, i distanziamenti, le nuove regole sanitarie e logistiche le aziende, i professionisti e tutti i vari stakeholder hanno necessariamente dovuto attivare delle nuove strategie lavorative (il lavoro da remoto, per dirne una). Una novità per tantissime realtà imprenditoriali che secondo me è inevitabile, e mi dispiace che molte aziende stiano tornando “indietro” pur essendoci numeri, report e statistiche che indicano inequivocabilmente che il lavoro da remoto non intacca la produttività, anzi!

A tuo parere quanto contano le soft skill in un processo di selezione?

Ultimamente ho molto rivalutato le soft skills, sarò onesto. Tempo addietro le reputavo competenze “copia-incolla” che chiunque scriveva nel proprio CV senza un minimo di raziocinio o riflessione. Ho invece imparato che sono fondamentali. Proprio nel mio settore ad esempio, quello IT, dove si ragiona sempre e solo in termini di competenze “hard” (linguaggi di programmazione, framework, metodologie e poco altro) le soft skill fanno davvero la differenza durante il colloquio, sia conoscitivo che tecnico. La capacità di lavorare in un team totalmente da remoto, magari sparso in tutta Italia, il saper comunicare, il saper trasferire le proprie competenze magari ad un profilo junior, saper negoziare il proprio compenso sono competenze fondamentali in un settore estremamente competitivo.

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe affacciarsi (o si è appena affacciato) al mondo delle Risorse Umane?

Sicuramente la formazione, sia teorica che pratica (magari con un Master in ambito HR o verticale sul recruiting). Questo lavoro è estremamente sfaccettato e bisogna avere solide basi (gestire i colloqui, i candidati, i clienti, il team, la burocrazia, le contrattazioni economiche, etc).

Inoltre, creare un network è fondamentale! Costruire relazioni, imparare da chi fa questo lavoro da tanto, creare una propria credibilità online, ad esempio su Linkedin.

In ultimo, non per importanza, accettare il fallimento. Un candidato che rifiuta un’offerta, che fa ghosting, l’azienda cliente che dopo mesi di lavoro chiude la posizione e così via. Lavorare con un “sano distacco” emotivo aiuta a non demotivarsi.

Nel tempo libero a cosa ti dedichi? Da cosa ti lasci ispirare?

Tempo libero? Cos’è? Ho due bimbi piccoli, ne ho davvero pochissimo! In quelle poche ore che ho a disposizione ho hobbies abbastanza “standard”: libri, serie tv e qualche videogame (da mobile, le TV sono tutte sempre “occupate” ). Da Luglio, una volta al mese, di sera siamo live su Twitch assieme ad altri colleghi/e di altre aziende e developer e parliamo di lavoro nel settore IT e molto altro. Lo possiamo considerare un hobby? 😊

Quali pensi saranno le sfide che i professionisti del settore HR dovranno affrontare nel prossimo futuro?

A mio avviso la sfida più grande non è tanto nella ricerca delle persone ma nella cosiddetta retention: soprattutto i profili tecnici hanno accesso ad una marea di offerte di lavoro come mai prima d’ora, c’è quindi l’imbarazzo della scelta.

Una employee experience seria, strutturata ed ingaggiante secondo me è la sfida più grande per le aziende: capire come trattenere i talenti, andando oltre la mera retribuzione e tenere vivo “l’amore” per la propria azienda.

Angelo Rillo aka Il Candidato Ideale per Giada's Project - Interviste agli esperti delle HR e non solo

Tutta la scomoda verità sul mondo del lavoro – Intervista a Angelo (Il Candidato Ideale) Rillo

Ciao Angelo (il Candidato Ideale). Grazie per la tua disponibilità. Ti confesso che godi di tutta la mia stima e che ti seguo da tempo, ancor prima di diventare HR (e comunque ti seguo lo stesso 😊 cercando di fare tesoro dei tuoi insegnamenti e, nel mio piccolo, di essere un HR migliore di alcuni con cui ho avuto a che fare in passato). Ci racconti qualcosa in più su di te?

Ciao Giada prima di tutto ti ringrazio per avermi contattato. È sempre un piacere confrontarmi con una professionista delle risorse umane!

Devo raccontarti qualcosa in più di me?

Guarda in realtà sono un ragazzo normalissimo 😀 nonostante sia riuscito a creare un piccolo alone di mistero intorno al personaggio “Il Candidato Ideale”, la verità è che sono il tipico ragazzo del sud Italia. Ho lasciato casa a 19 anni per fare l’università al nord, mi sono laureato in e poi ho dovuto affrontare il mondo del lavoro come tutti.

Non è stato affatto facile, ma in fondo lo è per qualcuno?

Al momento, curo la comunicazione per una società di consulenza e nei ritagli di tempo porto avanti il mio piccolo progetto “Il Candidato Ideale”.

Angelo Rillo aka Il Candidato Ideale per Giada's Project - Interviste agli esperti delle HR e non solo
Angelo Rillo aka Il Candidato Ideale per Giada’s Project – Interviste agli esperti delle HR e non solo

Da dove è nato l’interesse per il copywriting e per la creazione di contenuti?

Bella domanda.

Ma devo farti una premessa: ho iniziato a scrivere come soluzione “terapeutica”. Ho avuto un momento che potremmo definire di “depressione” / “smarrimento” qualche anno fa, ed una terapista mi consigliò di scrivere un diario e di fare degli esercizi di scrittura tutti i giorni. Funzionò. Stavo meglio.

Sapevo che la scrittura era un’arma potente, ma non sapevo come usarla.

Poi durante un master online in digital marketing ho incontrato ufficialmente il “copywriting”. Fu amore a prima vista, volevo saperne sempre di più e mi piaceva tantissimo.

Per quanto riguarda la creazione di contenuti è una cosa che ho sempre fatto. Alle scuole superiori ero il nerd che creava schemi, mappe mentali, riassunti, e tutti volevamo farsi le fotocopie dei miei appunti – ma io ero stronzo e mi facevo sempre offrire la pizza, la bibita e il caffè.

Quindi per farla breve, quando ho scoperto il “copywriting” è stato naturale mettere tutto insieme. Avevo finalmente trovato il “filo rosso”.

Condividi qualcosa che in pochi realmente vogliono dare: la verità. Quanto costa farlo?

Parlare di verità in realtà NON è difficile.

Molti NON lo fanno perché hanno paura delle conseguenze dell’esporsi. E li capisco.

Infatti “Il Candidato Ideale” è nato proprio per questo, per raccontare le verità scomode sul mondo del lavoro che nessuno ha il coraggio di dire.

Nella mia visione iniziare “Il Candidato Ideale” doveva essere semplicemente un MEZZO.

Volevo creare una community dove tutti potessero raccontare il marcio dietro colloqui di lavoro, aziende, etc. per rendere le PERSONE (e soprattutto i neolaureati) più CONSAPEVOLI.

Per fortuna ultimamente c’è molta più consapevolezza rispetto a questi temi, e ci sono tanti divulgatori (HR professionisti) molto più bravi di me che lo fanno quotidianamente.

Ecco, l’importante è che se ne parli. Sono contento che di dare il mio piccolo contributo alla causa.

Qual è stata la più grande scottatura che ti ha ‘regalato’ il mondo del lavoro?

La differenza abissale tra “aspettative” e “realtà”.

E in particolare le retribuzioni economiche che il mercato italiano offre.

In Italia gli stipendi sono TROPPO BASSI. Io ero uno di quelli che pensava che “studiando e laureandosi con un bel volto” avrebbe guadagnato “tanto”. Mi sbagliavo 😀

Sto ancora cercando di risolvere questo REBUS! E proprio perché l’argomento SOLDI in Italia è ancora un tabù andrebbe esasperato. Ecco mi hai dato un’idea per i miei prossimi articoli! Parlerò di soldi. Grazie.

Ma il Candidato Ideale (oltre a te) esiste davvero?

Una volta ho letto un post su LinkedIn che mi colpì molto (purtroppo non ricordo l’autore), era una cosa del tipo: “Se il candidato che cercate avesse realmente tutti i requisiti dell’annuncio di lavoro, l’azienda NON se lo potrebbe permettere”.

Il Candidato Ideale NON esiste, e soprattutto NON serve.

Servono persone in gamba, curiose, e che vogliano dare un impatto positivo nel mondo. Questo serve oggi.

Di questi tempi il lavoro si trova, si crea o si attrae? Secondo te LinkedIn e affini che ruolo hanno in tutto questo?

Al giorno d’oggi trovare lavoro è diventato più complicato rispetto a prima. Sono cambiate le regole del gioco. La competizione è aumentata. Quando un mercato “evolve” diventa sempre più difficile “emergere” e per farlo è necessario “differenziarsi”. Quindi per rispondere alla tua domanda, si portano avanti tutte e 3 le strategie che hai citato.

  • Il lavoro si trova? Sì, presentandosi alle aziende giuste e con le competenze adatte. Facendo una selezione maniacale delle aziende che ci interessano, ed evitando la pesca a strascico.
  • Il lavoro si crea? Sì, nel modo in cui stai facendo tu ad esempio (hai aperto il tuo blog, la tua pagina IG – guarda che ti ho stalkerata eh – che potrebbero diventare in futuro una fonte di reddito importante). Vedi l’esempio della grande Fabiana Andreani.
  • Il lavoro si attrae? Sì, comunicando la propria professionalità tutti i giorni, conoscendo persone nuove e facendo networking. Nel mondo del lavoro contano le “conoscenze” ed oggi abbiamo gli strumenti per crearcele.

Vanno portate avanti tutte e 3 le strade (anche perché una non esclude l’altra).

Concludo con una nota su LinkedIn.

LinkedIn per ALCUNI SETTORI (comunicazione, marketing, risorse umane, etc.) è la svolta. Credo tantissimo nel valore di questa piattaforma.

Io dal mio studio, GRATUITAMENTE sono riuscito a costruire una rete di contatti importante, a confrontarmi con tanti professionisti, e ad aumentare le mie competenze.

Senza LinkedIn come avrei fatto? Personalmente dubito che esista una soluzione migliore al momento per emergere come professionista.

Da cosa ti lasci ispirare nella creazione dei tuoi contenuti? (non che il mondo e il mercato del lavoro là fuori non siano sufficientemente interessanti).

Ti condivido il consiglio più prezioso di scrittura che ho ricevuto dal mio mentore.

Ritagliati circa 30 minuti al giorno per leggere LIBRI che non riguardano il copywriting. Considera questa attività parte della tua giornata lavorativa”.

Ti contestualizzo questa frase:

Per imparare a scrivere e creare contenuti NON devi leggere e studiare SOLO libri tecnici. Molte persone sono ossessionate dal voler legger tutti i libri sul copywriting prima di iniziare a scrivere, invece NON funziona così.

Tutte le mie idee di contenuti arrivano al di fuori dei libri di copywriting.

In genere, prendo spunto da conversazioni con persone in carne ed ossa (dicasi MONDO REALE) ma non ho un vero metodo strutturato.

Devo dirti la verità, personalmente mi sento molto portato per la creazione di contenuti, sono più le cose che ho in testa che quelle che riesco a scrivere.

Un consiglio BONUS però voglio lasciartelo:

Un esercizio che faccio sempre è quello di analizzare i post di creator in gamba cercando di capire il “perché” dietro i loro contenuti. Perché hanno scritto quel titolo? Perché hanno usato quell’immagine? Che emozione hanno provato a suscitare nel lettore? Quali argomentazioni hanno usato? Etc.

Insomma fare “reverse engineering” dei contenuti di valore degli altri è un buon esercizio.

Oltre al mondo del lavoro italiano, hai avuto modo di sperimentare anche quello di qualche altro paese estero? Se sì, come ti è sembrato?

Ni, e adesso mi spiego.

Ho fatto 2 esperienze lavorative all’estero:

  1. A 25 anni, ho fatto un anno sabbatico (tra triennale e specialistica) come lavapiatti in UK. Questa esperienza non è correlabile con quello che faccio attualmente. Sono settori troppo diversi, ed eravamo pre-Brexit e pre-Covid. Posso dirti però che in UK c’era la paga minima sindacale che garantisce dignità a tutti i lavoratori. E questa cosa mi piaceva un sacco, il cosiddetto SALARIO MINIMO.
  2. A 28 anni invece, ho lavorato in Francia per la mia tesi sperimentale in un centro di ricerca. Anche lì, la cosa che mi colpì molto fu che dal venerdì pomeriggio NON c’era più nessuno nel centro di ricerca (tranne me ovviamente) e che il lavoro era molto focalizzato sul raggiungimento degli obiettivi. Mentre qui in Italia ti contano le ore che lavori, ho detto tutto.

Però ti ripeto, sono state 2 esperienze singole e molto lontane dal mio contesto di lavoro e settore attuale, e non me la sento di darti un’opinione definitiva!

Tuttavia, se si lavorasse PER OBIETTIVI nelle aziende e ci fosse un SALARIO MINIMO GARANTITO credo che avremmo risolto molti dei problemi attuali.

Resta evidente che il mondo del lavoro in Italia sta affrontando un momento di criticità mai vista. È sotto gli occhi di tutti. Spero che le cose cambieranno in futuro.

Nel tempo libero, che cosa fa il Candidato Ideale?

Mi piace molto passeggiare e/o correre nella natura ascoltando podcast, o musica.

Lavorando sempre al PC, mi impongo di fare almeno 1 ora, 2 ore al giorno all’aria aperta.

Ultimamente con la possibilità di lavorare da remoto sto riscoprendo la tranquillità del paesino e della campagna.

Come tutti, sto cercando di lavorare sul mio nuovo equilibrio vita-lavoro perché questi anni sono stati duri per tutti 😀

P.S. E ovviamente nel tempo libero lavoro sul mio progetto “Il Candidato Ideale”.

Grazie dell’intervista Giada, alla prossima! Ci vediamo su LinkedIn 😀

Grazie mille a te Angelo (il Candidato Ideale) per gli spunti interessanti. Se vuoi provare un po’ di aria di campagna e paesini in FVG ce ne sono molti, posso consigliartene qualcuno. Ci vediamo certamente su LinkedIn.

Alla prossima

Giada (‘s Project)

serpente con topo in bocca

Come non farti mangiare dal mondo del lavoro

Sei alla ricerca di un lavoro oppure vorresti cambiare quello attuale? Vorresti dare una svolta alla tua carriera professionale in questo 2022? Inviare il tuo CV a chiunque come una mitraglia non è la migliore delle idee. Sì, certamente qualche risposta può arrivare, ma spesso finiscono per non essere allineate con quello che vorresti.

Non ho tutte le risposte e, probabilmente, nessuno le avrà mai. Vorrei solo condividere con te qualche attività da fare per migliorare la tua ricerca, agevolare il tuo percorso verso la prossima tappa lavorativa senza farti mangiare dal mercato e dal mondo del lavoro.

Allora partiamo!

Tieni aggiornato il tuo CV

Essere sul pezzo è importante. Quando ti candidi a un’offerta di lavoro o invii il tuo CV, fai attenzione al tuo curriculum. È essenziale che sia aggiornato all’ultima esperienza significativa. Evita di inviare una copia del 2017, perché da allora magari non ha più cambiato lavoro e hai lavorato sempre all’interno della stessa realtà, oppure con errori, un indirizzo sbagliato, il tuo numero di telefono vecchio oppure senza l’ultimo corso fatto. Potresti perdere un’opportunità. Qui trovi qualche suggerimento da cui prendere spunto per la scrittura del tuo CV.

Formati e resta aggiornato

Approfitta del tempo che hai a disposizione non soltanto inviando candidature, ma anche per formarti ed aumentare le tue conoscenze e competenze. Esistono moltissime piattaforme free e a pagamento per approfondire diverse tematiche. Qualche esempio? Coursera, Learnn, Carriere.it, Udemy, i corsi offerti da Google… Da un lato ti tieni aggiornato, dall’altro mostri voglia di fare ai selezionatori, qualità molto apprezzata.

Networking per trovare lavoro e non solo

Molte volte il lavoro (dicasi lo stesso per stage e tirocini) si trova tramite passaparola o grazie alle condivisioni di un post di qualcun altro. Cura la tua rete di relazioni, sia online e social es. LinkedIn, che offline. Potresti trovare l’occasione che fa al caso tuo, scoprire l’azienda giusta per te, leggere una notizia curiosa o venir a conoscenza di un’attività, evento, seminario da non perdere.

Capisci che lavoro vuoi fare e muoviti di conseguenza

Non sparare nel mucchio. Inutile candidarsi a un’offerta disallineata per mansione o località. Perderesti tempo tu e faresti perdere tempo a chi riceve la tua candidatura. Cerca invece di focalizzarti su quello che ti piace e che desidereresti fare da qui ai prossimi anni. Se non trovi offerte in quell’ambito, invia delle candidature spontanee, possibilmente corredate da una lettera motivazionale o di presentazione. Cosa scriverci dentro? Chi sei, cosa sai fare, perché ti candidi, cosa ti differenzia e cosa porteresti all’azienda se scegliessero te.

Attiva i job alert

Sfrutta i job alert per ricevere le ultime offerte collegate ad una data keyword o area geografica, restando così sempre aggiornato. Indeed, Linkedin e moltissime altre piattaforme lo fanno.

Segui le pagine delle aziende di tuo interesse

Sei interessato ad una data azienda o settore? Potrebbe essere una buonissima idea seguire le pagine social dedicate, sia per essere aggiornato sulle ultime novità, ma anche perché, molte volte, tra le varie notizie, ci sono anche post collegati a ricerche di lavoro attive, partecipazioni a fiere del lavoro e altro. Oltre a seguire i profili social, anche l’iscrizione alle newsletter è un’ottima idea.

Hai qualche altro consiglio?

Buona fortuna, buona ricerca e buon anno!

Alla prossima.

punti di domanda

Come scrivere un CV: attenzione a questi 5 punti

Scrivere il proprio CV non è sempre una passeggiata. A volte non sappiamo cosa dire, altre volte abbiamo fin troppo da scrivere e, se lo spazio finisce, è un problema. Tutte le esperienze sono importanti o solo alcune? Su quali competenze focalizzarsi? Le domande in merito al tema CV sono infinite.

Oggi vorrei focalizzare l’attenzione su 5 punti critici da tenere in considerazione quando ci si accinge a scrivere il proprio CV o anche solo ad aggiornarlo o aggiustarlo.

Pronto/a? Andiamo!

1. Il tuo CV è chiaro e facilmente leggibile?

Usa un carattere semplice e professionale, evita cose troppo azzardate (magari se sei grafico o in altri lavori viene apprezzata la creatività e conta molto di più il portfolio del CV, in altri casi invece è meglio optare per un font neutro e pulito). Occhio anche alla grafica, soprattutto ora che si tende spesso a personalizzare il proprio CV con Canva e strumenti simili, fai attenzione ai colori utilizzati, ai contrasti (es. scrivere in rosso su uno sfondo verde non è proprio la migliore delle idee), alla struttura nel suo complesso, se troppo complicata o ricca di dettagli appesantisce il tutto e rende più difficile la comprensione. Ricordati che il troppo stroppia e affatica.

2. Occhio ai refusi

Errare è umano, ci mancherebbe. Però è sempre meglio rileggere il proprio CV prima di inviarlo o caricarlo su qualche piattaforma. Affermare di essere attento/a ai dettagli e lasciare vari refusi lungo il testo non gioca a tuo vantaggio. Purtroppo spesso l’occhio cade proprio sullo sbaglio o sulla mancanza.

Ti consiglio quindi di rileggerlo, magari dopo esserti staccato dallo schermo per un po’ oppure stampandone una copia. Se puoi, fallo leggere a una persona esterna che non l’ha mai visto, certamente ai suoi occhi appariranno cose non più visibili ai tuoi, ormai assuefatti.

3. Rinomina il tuo CV in modo semplice e chiaro

MioCV, ultima modifica, file 0001, copia di copia cv mio, ecc. possono essere parlanti per noi, per chi riceve un file del genere un po’ meno. Mantieni le cose semplici ed evita di creare confusione: rinomina il file in un modo chiaro, per evitare fraintendimenti. Qualche esempio? CV Nome Cognome, Curriculum Vitae Nome Cognome, CV N. Cognome.

4. Inserisci una foto professionale

La foto nel CV non è obbligatoria anche se è data per scontata e spesso viene richiesta. Una immagine del candidato/a aiuta la memoria visiva, è molto più facile infatti ricordarsi di un volto o associare un profilo a una foto. Attenzione però a che foto usi. Pensa sempre che deve rappresentare il/la professionista che sei. Quindi duck face, foto alla sagra della birra, con occhiali da sole, sfondi ambigui, teste mozzate è meglio usarli altrove e non sul CV.

5. Sii breve. Il CV non è la tua autobiografia.

Evita i muri di testo, non stai scrivendo il libro della tua vita o la Divina Commedia 4.0. Sii sintetico/a, focalizzati sui dettagli principali, senza diventare prolisso/a. A nessuno piacciono i CV di 12 pagine e si corre il rischio di perdere dati invece essenziali. Aiutati con elenchi puntati e magari evidenzia i termini chiave.

Di consigli ce ne potrebbero essere ancora tanti, ma non è mia intenzione annoiarti troppo. Avendo fatto alcuni di questi e altri errori e trovandomi a fare uno screening dei CV, vorrei solo condividere la mia esperienza con te, sperando ti torni utile.

Hai altri suggerimenti per un CV efficace?

Fammi sapere la tua esperienza ed eventualmente contattami per un CV check.