Onboarding casi di successo e best practices

9 idee per un processo di Onbaording di successo

Come anticipato in questo articolo, l’Onboarding è un processo sul quale puntare sempre di più e che può davvero fare la differenza in positivo, così come in negativo.

Ma oltre alle classiche imprescindibili attività, come, ad esempio, la creazione di un account aziendale personale o la consegna della strumentazione e abbigliamento specifici, esistono altre possibilità per rendere il processo di Onboarding davvero significativo e memorabile.

Idee per un Onboarding con una marcia in più

Alcune idee, adattabili a tutte le realtà, per creare un processo di Onboarding davvero di successo. L’obiettivo è quello di introdurre soluzioni creative e innovative, da affiancare alle attività di induction e Onboarding più tradizioni.

Questo per far vivere un’esperienza davvero memorabile e rendere ingaggiato fin da subito il nuovo dipendente, senza sommergerlo soltanto di procedure, regolamenti da seguire e nomi da imparare.

Ecco qui i miei spunti:

  1. Inserimento di un tutor o buddy aziendale per accompagnare il nuovo assunto in azienda durante le prime settimane / mesi;
  2. Creazione di un Agenda o On boarding plan da condividere con la nuova figura e le parti interessate. Il piano di onboarding potrebbe essere strutturato in vario modo, da un programma stile palinsesto cinematografico, a un breve video, a un processo di gamification con i diversi livelli da completare e premi da ottenere;
  3. Prevedere un ‘Caffè con il titolare’ o altre figure di riferimento in azienda;
  4. Prevedere un Tour aziendale. Chiaramente varia molto se l’azienda è una realtà di dimensioni contenute o con svariate sedi sul territorio. Per la prima opzione, quella ‘micro’, si può organizzare un giro all’interno dello stabilimento durante il quale un membro dell’ufficio HR e/o dal responsabile accompagnano il nuovo assunto e gli fanno conoscere l’azienda (dagli uffici, alla produzione, alla mensa, alla macchinetta del caffè…) oltre a presentarlo ai nuovi colleghi. In realtà di dimensioni elevate, si può prevedere un macro tour suddiviso su più giornate e periodi, magari cadenzato, così da raggruppare i nuovi assunti in gruppetti omogenei, dando loro la possibilità di conoscersi a vicenda. Un’altra alternativa potrebbe essere un virtual tour (nelle realtà più tecnologiche ed innovative magari sfruttando anche dei visori o altri ausili) così da conoscere l’azienda in cui si è appena entrati, ma soprattutto i branch più distanti.
Visore per virtual tour aziendale onboarding

5. Consegna di un Welcome kit. Il welcome kit può essere di vario tipo, da fisico, con oggetti e strumenti utili per la vita in azienda di tutti i giorni, a digitale, video e tutorial, regolamenti e informazioni sulla vita aziendale, ecc.

6. Attività per rompere il ghiaccio. Chi più ne ha più ne meta: da pranzi, caffè, aperitivi o breakfast di benvenuto, ad attività sportive e momenti di svago, da una partita a calcio balilla, un gruppo di camminate in pausa pranzo, a giochi da tavolo, sessioni di yoga, calcetto…

7. Organizzazione di incontri con tutti i nuovi assunti di un certo periodo, così da creare un senso di aggregazione e di scambio;  

8. Creazione di un Video di onboarding. In pochi minuti il nuovo assunto avrà la possibilità di farsi un’idea dell’azienda, della cultura aziendale, dei diversi ruoli e della struttura organizzativa esistenze, ecc. Lo stesso video può essere poi sfruttato anche per attività di talent acquisition e employer branding, andandolo a pubblicare sui propri canali comunicativi, può fornire una visione dell’azienda a possibili candidati interessati all’azienda.

9. Organizzazione di incontri cadenzati di feedback e follow up. Ultimo, ma non ultimo. Prevedere degli incontri anche dopo l’inserimento è quanto mai essenziale per verificare l’andamento dell’inserimento, il processo di apprendimento ed eventuali criticità.

Qualche altra idea di Onboarding di successo o che vorreste veder realizzata? Vi aspetto nei commenti.

    Onboarding - Welcome on Board

    Onboarding: perchè è essenziale non lasciarlo al caso

    Sempre più spesso, quando si parla di ricerca del lavoro e di processi di acquisizione delle nuove risorse, si parla anche di Onboarding.

    Cosa si indica con il termine Onboarding?

    Con Onboarding si intende il processo con cui i neoassunti vengono inseriti all’interno di una realtà lavorativa. Comprende tutta quella serie di attività che consentono alle nuove risorse di completare il processo di assunzione, di inserimento e di conoscenza della loro nuova azienda in termini di struttura, cultura, Vision, Mission e valori, oltre, in un’ottica più ampia, alla conoscenza dei nuovi colleghi e delle attività specifiche che i nuovi assunti andranno a ricoprire.

    Tutti i nuovi dipendenti vengono inseriti sul nuovo luogo di lavoro, ma la modalità d’inserimento fa la differenza. Troppo spesso, infatti, questa fase molto delicata viene sottovalutata e l’Onboarding si traduce nel consegnare al nuovo dipendente una pila di moduli da leggere e, al massimo, nell’assegnargli un supervisore o un professionista delle Risorse Umane che lo accompagni attraverso i vari comparti aziendali, introducendolo e presentandolo.

    I vantaggi di un Onboarding ben fatto

    Quando, al contrario, l’Onboarding è strutturato e gestito, getta le basi per una collaborazione di successo a lungo termine, sia per il dipendente che per il datore di lavoro.

    Un Onboarding ben fatto può infatti migliorare la produttività del lavoratore, l’employee retention, ma anche invogliare i dipendenti ad ottenere risultati sempre migliori, facendoli sentire parte dei successi aziendali fin dal momento dell’assunzione e non soltanto gli ultimi arrivati o una pedina tra le tante presenti in azienda.

    Sebbene ci siano diversi aspetti che cambiano da inserimento ad inserimento, dalla conformazione aziendale, al ruolo, alla seniority (l’Onboarding di un tirocinante sarà nettamente differente da quella di un responsabile di funzione o di una figura un vent’anni di esperienza), l’Onboarding dovrà avere come obiettivo la fidelizzazione e la retention del dipendente, ma anche il suo coinvolgimento nelle attività aziendali, oltre a fornirgli un quadro completo di quella che è l’azienda, della struttura e organizzazione, delle figure con le quali entrerà in contatto e delle procedure presenti.

    La persona coinvolta nel processo di Onboarding deve dunque acquisire tutte le conoscenze e le competenze necessarie per poter svolgere al meglio il suo nuovo lavoro.

    Le opportunità

    La fase di Onboarding è la prima opportunità, dopo il processo di selezione, di mostrare la cultura e i valori aziendali e creare un legame di fiducia.

    Da un buon legame di fiducia tra dipendente ed azienda, oltre ad una comunicazione quanto più chiara possibile, è possibile ottenere:

    • ✔️ maggiore soddisfazione
    • ✔️ aumento dell’employee retention
    • ✔️ aumento della produttività

    Un processo di Onboarding snello, chiaro, gestito correttamente nei tempi, modi e metodi, può trasformarsi in uno strumento vincente per far sentire fin da subito parte della squadra in nuovi assunti.

    Come strutturare un processo di inserimento efficace

    Quando si parla di Onboarding è necessario avere ben chiari alcuni punti essenziali, come l’obiettivo di questa attività, la sua durata, le informazioni ed i concetti che si vogliono trasmettere, le diverse figure aziendali coinvolte, solo per menzionarne alcuni.

    Non esiste, infatti, un pacchetto preconfezionato che sia in grado di rispondere a tutti i casi. Come già detto, molto dipende dalla tipologia di azienda e dalla sua organizzazione, ma anche dal tipo di candidato e dalla sua seniority, oltre a dove verrà inserito.

    Solo per fare alcuni esempi di attività di Onboarding, possiamo parlare di un tour dell’azienda, un incontro informativo, una formazione focalizzata su un programma o software specifico, la preparazione della postazione di lavoro, l’attivazione del badge… Per gestire al meglio questo processo vista la molte di attività da compiere e la pluralità di soggetti coinvolti può essere utile stilare una Check List di Onboarding con i principali passaggi da compiere. Qui potete trovare qualche esempio.

    Le fasi dell’Onboarding

    Un processo di Onboarding efficace non può essere improvvisato, lasciato al caso o fatto in modo raffazzonato.

    Anzi, è composto da alcune fasi che possiamo riassumere come segue:

    • fase preparatoria: prima che il futuro nuovo dipendente cominci a lavorare, si prepara tutta la documentazione, la postazione, gli strumenti, credenziali, attivazioni, e tutto quello che è necessario per il corretto svolgimento del suo lavoro;
    • fase di accoglienza (welcoming): parte dal primo giorno del nuovo lavoro. Il neoassunto viene accolto ed introdotto secondo modalità personalizzate, disegnate sulla base del suo ruolo, delle sue esperienze passate, della cultura aziendale, ecc.;
    • fase di ‘mantenimento’: vengono create occasioni per agevolare la socializzazione, verificare l’andamento dell’inserimento e monitorare i risultati raggiunti, andando così a sanare eventuali criticità o carenze.

    I primi contatti con la nuova azienda e la prima impressione contano davvero molto, per questo tutte le aziende, da multinazionali a piccole realtà, devono prestare sempre più attenzione ai processi di inserimento, dall’induction all’Onboarding.

    Alle prossime puntate con i rischi di un cattivo Onboarding, l’Offboarding e casi di successo di Onboarding e best practices.

    Elena Costa, People Manager di SWAG OÜ

    HR e multiculturalità. Intervista a Elena Costa, People Manager di SWAG OÜ Estonia

    Buongiorno Elena, grazie per la disponibilità. Ci racconti qualcosa in più su di te e sulla tua carriera lavorativa

    Ciao Giada, grazie a te. Premetto che il mio percorso è abbastanza insolito. Nel senso che ho sempre avuto un’attitudine e amore per le Persone, ma non avevo mai pensato di sfruttarla nell’ambito delle Risorse Umane. Ho lavorato tanto nell’ospitalità e tantissimo a contatto con il pubblico; quindi, avendo esercitato per molto tempo un ruolo che portava a doversi “relazionare” mi ha fatto arrivare a chi sono oggi, con il mio bagaglio di soft skill come l’empatia e la comunicazione efficace. 

    Perché hai scelto le HR? Qual è l’ambito che ti appassiona di più?

    È grazie allo sviluppo delle Persone che si sviluppano poi i vari dipartimenti dell’Azienda. Per me è molto gratificante pensare di migliorare le Persone, anche e soprattutto attraverso la formazione. Questo non è facile, perché bisogna individuare il talento e coltivarlo. Come puoi notare dalle mie parole tutti i vari ambiti, dalla selezione allo sviluppo, hanno bisogno di comunicare tra loro; sarebbe difficile sceglierne uno. Ho scelto l’HR per le Persone, risulta quindi importantissimo monitorare tutto il loro percorso: dall’inizio alla fine.

    Oggi sei People Manager presso SWAG OÜ. Ce ne parli?

    Mi occupo del personale dell’azienda da quasi due anni, quando ho iniziato eravamo in 10 ora siamo 50, per cui il recruiting è stato il centro del mio lavoro per tutto questo tempo. Oltre al recruting ora stiamo lavorando molto sulla vita del dipendente stesso all’interno dell’azienda, perfezionandoci in tutti gli aspetti di esso.

    Non conoscevo quanto l’HR potesse piacermi, è emozionante occuparsene in un’azienda in crescita così, ma è proprio questo che lo rende stimolante e mi permette di essere creativa e libera di proporre novità e idee.

    Lavori in Estonia. Che grandi differenze hai riscontrato rispetto al mercato italiano, sia dal punto di vista lavorativo che culturale? Quali invece gli elementi in comune?

    Ecco alcuni aspetti:

    • clima estone più rilassato improntato al balance vita/lavoro;
    • ambiente giovane, attitudine culturale giovane post soviet;
    • hanno creato un’ambiente smart, paperless e con burocrazia semplicissima e automatizzata;
    • In Estonia sono presenti al 90% azienda di servizi IT e Fintech quindi i lavori ricercati sono IT Finance, AML, Accountants…

    A tuo parere cosa serve per lavorare in un ambiente multiculturale e multinazionale come quello in cui operi?

    Senza dubbio l’amore per l’inclusione, una mentalità aperta al cambiamento e agli altri e voglia di mettersi in gioco. Non avere paura di sbagliare e capacità di imparare dall’errore.

    Si parla spesso di remote working o hybrid working. Quale hai provato e quale preferisci?

    Ritengo che vada data la possibilità di lavorare da remoto a chi lo preferisce, ma prevedendo anche momenti in presenza. Sono una fan del Hybrid work. Ho provato entrambi, full remot e hybrid, e sicuramente il secondo è il mio preferito.

    Cosa consigli a una persona che vorrebbe intraprendere una carriera all’estero?

    Di informarsi sulla cultura e il clima del paese dove si vuole andare, di capire se l’azienda ci può dare le opportunità di crescita che cerchiamo, di imparare le lingue utili per il futuro e, in ultimo, di conoscere e capire se l’ambiente della città dove si vivrà è un ambiente stimolante

    Che possibilità ci sono all’interno della tua azienda in Estonia e da remoto? Che profili ricerchi?

    Cerco profili per i dipartimenti IT, AML, Compliance, Legal, Customer service.. profili aperti ad imparare e a creare cose nuove, che siano appassionati di Fintech, cripto e defi e che vogliano vivere in un ambiente come quello di Tallinn, pieno di opportunità.

    Emanuela Spernazzati, Consulente di Carriera & Responsabile HR ed Executive Career Coach

    Emanuela Spernazzati, Professional Coach, Agile HR Professional, Counselor e Formatore

    Buongiorno Emanuela, grazie per il vivo interesse nel mio progetto e benvenuta! Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso?

    Ciao Giada, il mio è un percorso che, almeno all’apparenza, sembra un’autostrada: cresciuta in una famiglia in cui il lavoro era considerato un valore, mentre cercavo la mia prima occupazione mi sono accorta di quanto fosse importante avere ben chiaro chi si è e cosa si desidera per poi attrarre e incontrare la realtà giusta per noi- Così ho subito deciso di dedicarmi alle Risorse Umane.

    Sono stata Orientatrice, Recruiter Formatrice e infine ho realizzato il sogno di entrare in un’azienda come Responsabile Risorse Umane.

    Quell’esperienza è stata importantissima per me, perché ho strutturato da zero i processi e il Reparto Risorse Umane

    È proprio grazie a quegli anni di lavoro e autoformazione che ho potuto, in seguito, aprire la mia attività come Formatrice e Consulente Risorse Umane, per poi aggiungere l’ultima passione: la Consulenza di Carriera e il Career Coaching, o meglio il mio #careercoachingin5step.

    Emanuela Spernazzati, Consulente di Carriera & Responsabile HR ed Executive Career Coach
    Emanuela Spernazzati, Consulente di Carriera & Responsabile HR ed Executive Career Coach

    Cosa ti ha spinta ad intraprendere il la tua carriera nel mondo delle Risorse Umane?

    Come ti dicevo, nella mia famiglia il lavoro ha sempre svolto un ruolo importante nella realizzazione personale, ma ho conosciuto anche Persone distrutte dal lavoro. Questa cosa mi ha sempre fatto pensare e quando è toccato a me scegliere ho realizzato che l’incontro fra domanda e offerta professionale si muove su livelli che a volte vengono sottovalutati: i valori, le attitudini, i bisogni, etc. Considerarli può, invece, rendere una Persona felice e un’azienda florida. O no.

    Che ruolo ha il Personal Branding al giorno d’oggi? Si può vivere senza?

    Se consideriamo il Personal Branding come l’immagine che arriva agli altri di noi, l’idea che si fanno di chi siamo anche in nostra assenza, ne deriva che no, non si è mai vissuto senza, e non si può vivere senza neppure ora. A maggior ragione ora, che prima di arrivare a noi probabilmente chi ci incontra per i più svariati motivi potrà farsi un’idea di chi siamo attraverso informazioni trovate online e offline.

    Che si tratti dello specialista consigliato da un amico o del cv arrivato via mail è molto probabile che inseriremo in Google il nome della Persona e ci vorremo fare un’idea di chi ci troveremo di fronte prima di contattarlo.

    E sono avvisati anche i Recruiter, perché sono sempre i più i candidati che visitano i Profili Linkedin dei Selezionatori che dovranno incontrare.

    Insomma, un buon Personal Branding online e offline ci aiuta a iniziare bene, poi il lavoro è tutto in mano nostra.

    Parlando di lavoro, che cambiamenti hai percepito in questi ultimi due anni?

    Gli ultimi anni sono stati anni veloci e strani, per non dire altro. Ho percepito soprattutto un radicale cambio di punto di vista. Abbiamo vissuto un momento di stop (o almeno lo ha vissuto la maggior parte di noi) che ha permesso o costretto a riflettere e molti sono arrivati alla conclusione che non erano soddisfatti di come stavano impiegando il loro tempo. E che volevano essere più felici anche sul lavoro.

    Ecco, ho notato soprattutto questo, lato Persone.

    Lato aziende il discorso è stato differente: ci si è dovuti adattare velocemente a un panorama complesso e imprevedibile. Sono stati e sono ancora momenti molto impegnativi.

    A tuo parere su cosa devono puntare le aziende per attrare nuovi candidati?

    Le aziende devono sicuramente mettere da parte la vecchia idea del “io ti offro un lavoro e tu devi essermi grato”.

    Oggi le Persone e i ragazzi in primis vogliono valutare l’offerta, vogliono capire cosa otterranno in cambio del loro impegno e del loro tempo e non guardano più solamente al denaro, valutano molto anche l’ambiente, le prospettive e la flessibilità che verrà loro concessa.

    Le aziende dovranno conoscere i bisogni dei loro candidati ideali, creare un’immagine attrattiva e rispettare le promesse fatte in colloquio. E dovranno cominciare a scegliere i candidati non solamente per l’esperienza pregressa ma anche e soprattutto per le caratteristiche personali. È un grande salto quello che devono compiere.

    Mi incuriosiscono molto i percorsi di Team Building ed Empowerment che svolgi attraverso il Coaching e la Recitazione. Ce ne parli?

    Creare team è importantissimo in azienda, perché solamente se le Persone condividono lo scopo e le regole del gioco si arriva all’obiettivo senza disperdere le energie in microconflitti inutili.

    L’idea di lavorare con i team è cresciuta in me durante le mie esperienze come dipendente, perché mi accorgevo che la mancanza di comunicazione e di coesione tra le Persone fosse, purtroppo, un tema comune a tantissime realtà, e fosse anche una delle cause principali di errori e dimissioni.

    Il teatro è metafora dell’azienda perché ha un obiettivo comune per la realizzazione del quale occorre il contributo di tutti, nessuno escluso. Ed ha anche un valore enorme nella scoperta e nella crescita personale, così, quando frequentando un percorso di Public Speaking ho conosciuto un regista e attore di cinema e teatro, è nata l’idea di fondere coaching e recitazione. E le aziende sono contente, a quanto pare!

    Sei anche Agile HR Professional certificata ICAgile. Quali sono gli elementi essenziali per avviare dei percorsi di ricerca e selezione agili ed efficaci?

    La metodologia Agile mette al centro il cliente e snellisce i processi per renderli più adatti a performare in mercati volatili, incerti, complessi e ambigui come quelli contemporanei.

    Collaborazione, comunicazione, attenzione alle Persone, responsabilizzazione e anche accettazione dell’errore come momento di apprendimento sono sicuramente alcuni dei capisaldi che caratterizzano questo modo di vedere il lavoro e che possono essere introdotti anche nella Ricerca e Selezione.

    Una raccomandazione su tutte è sicuramente quella di collaborare tra reparti durante il processo di Ricerca e Selezione, ma altrettanto importante è fare un’analisi retrospettiva del lavoro svolto per garantire il miglioramento continuo dei processi e, l’ho già detto, valutare i candidati a 360 grandi, non solamente per le esperienze pregresse ma anche per le attitudini.

    Mi piace moltissimo il tuo motto – Mi prendo cura delle Organizzazioni e delle loro Persone affinché non si parli più di Work-Life Balance ma che anche il Lavoro sia degno di essere chiamato Vita. Quanto pensi il mondo del lavoro attuale si avvicini alla tua definizione?

    Poco, ma sempre di più. Perché le Persone vogliono questo e le aziende sono fatte di Persone, quindi, anche se lentamente, ci arriveremo.

    Ci parli dei tuoi prossimi progetti? Hai appena lanciato il ‘Career Coaching in 5 Step più 1’. Ci sveli qualcosa in più?

    L’idea di fondere la Consulenza di Carriera Tradizionale con il Coaching e con la mia esperienza di Recruiter ed HR Manager è maturata in me con il tempo, ed ora era il momento di presentarla a tutti per dissolvere alcuni luoghi comuni, ad esempio che per trovare lavoro bastasse avere un CV fatto bene.

    Non è così: il CV è uno strumento, solo uno strumento.

    Un Percorso che, si spera, porterà a raggiungere il lavoro desiderato (perché dobbiamo ricordarci che nessun consulente può garantirci un’assunzione, gli elementi in gioco sono molti e fuori dal nostro diretto controllo) deve soffermarsi su vari punti tra i quali la conoscenza profonda del Candidato, la definizione di un Obiettivo ben formato, il confronto con il Mercato di riferimento, la definizione di una Strategia ad hoc, in parte diversa per ogni caso specifico e infine, ma solo infine, la creazione degli strumenti più adatti, quali CV e Profilo LinkedIn ma alle volte anche Video CV, Portfolio, etc.

    E poi arriva l’ultimo grande impegno: mettersi in moto e agire, non prima di aver ben chiaro il proprio valore e i bisogni delle aziende di riferimento. E, naturalmente, cercando di sciogliere i pensieri negativi inutili per fare spazio a quelli che ci possono aiutare a perseverare e a mostrare il meglio di noi.

    Tutti questi ingredienti possono aiutare nella ricerca del proprio posto nel mondo del lavoro, e solitamente lasciano molta consapevolezza e determinazione.

    Giuseppe Cofone, founder di Alteredu per Giada's Project

    Intervista a Giuseppe Cofone, founder di Alteredu, piattaforma di formazione online

    Buongiorno Giuseppe. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso?

    Sono calabrese e sono sempre stato amante della mia terra anche se, come tanti, sono stato costretto a lasciarla per trovare opportunità di lavoro. Infatti, dopo essermi laureato in Ingegneria all’Università di Cosenza, mi sono trasferito a Roma per iniziare a lavorare. Ho vissuto molti alti e bassi, come spesso accade. Un lavoro che non mi soddisfaceva abbastanza, la voglia di dimostrare quanto valevo. Così ho deciso di prendere e partire per la Spagna, dopo essere stato selezionato per una borsa di studio per seguire un progetto formativo per Giovani Imprenditori.
    Da lì è cambiato tutto, ho capito che la cosa che veramente mi appassionava era questa: creare qualcosa di mio.

    Giuseppe Cofone, founder di Alteredu per Giada's Project
    Giuseppe Cofone, founder di Alteredu per Giada’s Project

    Quando è nata l’idea di fondare Alteredu? Cosa ti ha spinto a fondare una startup?

    La storia di Alteredu inizia in una regione, la Calabria, in cui c’è un forte necessità di riduzione del digital gap. Abbiamo notato esserci un’estrema necessità di educazione digitale per restare al passo con i tempi.
    La Calabria, infatti, oltre ad essere ultima in Europa come competenze digitali, si trova tristemente in cima alle classifiche europee anche per il numero elevato di giovani NEET (Not in education, employment or training) – persone, soprattutto di giovane età, che non hanno né cercano un impiego e non frequentano la scuola o corsi di formazione o di aggiornamento professionale. Da qui, abbiamo sentito il bisogno di fare qualcosa di concreto, cercando di dare una spinta ai giovani italiani.
    Siamo giovani calabresi con tanta voglia di fare, per questo abbiamo sentito la necessità di realizzare qualcosa di concreto per il nostro Paese, cercando di dare una spinta a tutti i giovani italiani. La Calabria spesso sale agli onori della cronaca per avvenimenti non sempre positivi, per questo vogliamo provare a invertire la tendenza, nel nostro piccolo, e provare a far conoscere la nostra regione anche per delle realtà positive ed innovative.
    Abbiamo pensato e realizzato Alteredu come una piattaforma online che propone corsi completamente online ed esclusivamente certificati. Abbiamo in catalogo più di 300 corsi ed ognuno può essere seguito comodamente da casa o da dove si preferisce, tramite pc, tablet o smartphone e ognuno rilascia un attestato valido ai sensi di legge.
    Nel 2020 stati scelti dal Ministero dell’innovazione tecnologica per inserire i nostri corsi nella piattaforma di Solidarietà Digitale, permettendo di offrire a chiunque i nostri corsi in maniera totalmente gratuita, pagando solo i costi dell’attestato per chi lo desiderasse. Qui si possono visualizzare i corsi gratuiti.

    Oggi sei Founder e Direttore Ufficio Marketing di Alteredu. Quali sono le principali sfide che ti trovi ad affrontare? Quali sono gli obiettivi per i prossimi anni?

    E’ un ruolo molto particolare che ho dovuto cucirmi sulle mie competenze, che erano abbastanza distanti da questo mondo. Ma quando c’è la passione – e in questo caso ce ne era veramente tanta – non è stato difficile entrare nei panni e nella testa di chi deve fare di tutto per far crescere il proprio progetto.
    Ho studiato e mi sono formato molto da autodidatta, sbagliando e riprovando, fino a capire cosa funzionava e cosa no. E una volta individuata la quadra, reiterare e continuare a crescere.
    Per quest’anno abbiamo grandi progetti, tutti con l’obiettivo di consacrarci come piattaforma di riferimento per la formazione certificata online. Vogliamo aumentare il nostro supporto ai giovani italiani, per attrezzarli ad essere pronti per il mercato del lavoro: a breve lanceremo nuovi ed innovativi corsi certificati dedicati proprio alle professioni che saranno più richieste nei prossimi mesi e forniremo a chi ci sceglie un aiuto per coniugare le loro competenze con le richieste provenienti dalle aziende, così da azzerare il gap che divide chi cerca lavoro con chi ha bisogno di personale qualificato nei diversi ruoli. In più vogliamo ampliarci sempre di più verso il mondo delle aziende e degli enti pubblici, fornendo loro formazione certificata per i propri dipendenti, attraverso sia i nostri corsi online certificati, ma anche tramite la nostra piattaforma e-learning proprietaria, che può essere personalizzata per le esigenze dell’azienda o ente pubblico.

    Come si differenzia Alteredu dalle altre startup operanti nel mondo della formazione? Cosa può offrire ad un’azienda o a un singolo privato?

    Alteredu si differenzia dalle altre startup nel mondo della formazione perché i nostri corsi rilasciano certificazioni riconosciute da enti come il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e altri enti accreditati. Inoltre, i corsi di Alteredu possono essere utilizzati per ottenere crediti formativi, punteggi nei concorsi o per soddisfare i requisiti di formazione obbligatoria delle aziende. Ciò significa che gli studenti possono acquisire competenze professionali e accedere a opportunità di carriera utilizzando i corsi di Alteredu, oltre a migliorare la loro formazione accademica e professionale.
    Per le aziende, Alteredu può offrire programmi di formazione personalizzati per i dipendenti, aumentando così le loro competenze e migliorando la produttività aziendale. Per i privati, Alteredu offre la possibilità di accedere a percorsi formativi personalizzati, in modo da poter raggiungere i propri obiettivi di carriera o di apprendimento in modo efficiente. Inoltre, l’azienda può assolvere a tutti gli obblighi formativi previsti dalla legge, grazie al nostro ampio catalogo di corsi certificati.

    Sei anche Presidente di FuturoDigitale Non-profit Association. Ce ne parli?

    Futuro Digitale è un’associazione no profit fiore all’occhiello della Calabria che da ormai dieci anni partecipa in progetti europei in giro per il continente, e di cui nel 2020 ho avuto l’onore di essere eletto Presidente.
    Futuro Digitale offre una vasta gamma di servizi, tra cui eventi, workshop e programmi di mentoring, per aiutare le persone a sviluppare le competenze digitali necessarie per affrontare le sfide e cogliere le opportunità dell’era digitale. Inoltre l’associazione promuove progetti di ricerca e sviluppo per migliorare l’educazione digitale e la formazione professionale in Italia e in Europa. L’associazione è impegnata a promuovere l’inclusione sociale attraverso l’educazione digitale, raggiungendo persone di tutte le età, sesso, abilità e background socio-economico e lavorando in partnership con istituzioni pubbliche, organizzazioni private e comunità locali per promuovere una società digitale più equa e inclusiva.

    Cosa consiglieresti a una persona che vorrebbe avvicinarsi al mondo delle startup?

    Prima di entrare in questo mondo, bisogna innanzitutto capire di cosa tratta il mercato e la nicchia in cui vuoi entrare. Ad esempio noi di Alteredu abbiamo visto che in Calabria e in Italia c’era un forte bisogno di
    formazione professionalizzante per entrare nel mondo del lavoro.

    Poi bisogna costruire una squadra forte e competente, avere un piano d’azione solido e sfruttare tutte le risorse disponibili per le startup come acceleratori o programmi di mentoring. E’ importante avere una mentalità flessibile ed essere sempre pronti a imparare, non avere paura di chiedere aiuto e fare networking.

    E soprattutto, devi avere passione per quello che fai. Non bisogna mollare di fronte alle difficoltà, perché il mondo delle startup è pieno di ostacoli, ma quelli che alla fine ce la fanno sono quelli che non si arrendono.

    Quanto è stato utile il tuo percorso di studi nello sviluppo della tua carriera? Quali sono i temi che ti hanno appassionato di più?

    Sicuramente è stato utile, ma più a livello di soft skills che di hard skills. Le hard skill mi hanno
    fornito una mentalità programmatica che è stata utile a livello di problem solving e management,
    ma tutto il resto lo ha fatto lo studio da autodidatta, che è stato fondamentale. Ho dedicato tanto
    tempo libero per formarmi sulle tecniche di digital marketing, SEO e copywriting. Queste sono
    state sicuramente le tematiche che più mi hanno preso e interessato, e mi hanno fatto
    appassionare al mondo del marketing e delle startup.

    Claudio Gasparri HR Manager Myes English School

    Intervista a Claudio Gasparri, HR Manager My English School

    Buongiorno Claudio. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul percorso che ti ha portato a diventare HR Manager di Myes – My English School?

    Il mio percorso è vario e non lineare, pur se tutto in area HR, per questo credo interessante e di “speranza” per chi vuole affacciarsi a questo mondo.

    Mi avvicino alla formazione del personale durante il mio tirocinio post laurea in psicologia: la mia tutor era formatrice per le competenze trasversali nei corsi di laurea di ostetricia ed infermieristica e nella ASL di Empoli, una delle più grandi della Toscana. Questo mi ha consentito di sperimentarmi da subito nell’appassionante modo della formazione.

    Deciso che quella era la mia strada mi sono inserito in IFOA, una delle principali agenzie di formazione e servizi HR a livello nazionale con base in Emilia Romagna.
    Dopo quasi 5 anni in cui ho potuto toccare con mano molti dei processi di selezione, formazione e sviluppo facendo consulenza ed erogazioni per aziende e PA, decido di dimettermi.

    Il mio obiettivo era quello di passare da consulenza ad azienda con il ruolo di responsabile formazione e sviluppo: volevo infatti poter davvero “lasciare il segno” con la continuità di intervento che per sua natura la consulenza non consente.

    Dopo 3 anni di ricerca attiva ed esperienze libero professionali di varia natura (dalla consulenza sui piani formativi alla formazione specialistica in medicina, passando per ANPAL ed il Centro per l’impiego) stavo decidendo di trasferirmi in Irlanda dove immaginavo opportunità evolute in HR grazie alla politica attrattiva adottata all’epoca verso le grandi multinazionali.

    Improvvisamente una inattesa sliding door fa si che io venga selezionato da Experis/Manpower per la start-up della funzione Formazione e Sviluppo nel Gruppo CFT (all’epoca 2500 dipendi e 300Mln€ di fatturato).
    Il ruolo che volevo, vicino a casa, con budget/potere si spesa e mandato autentico del board: come rifiutare?
    Rimango 5 anni sino alla importante crisi aziendale che mi convince a uscire: in certi momenti di vita delle aziende non si può costruire ed io non ero disposto ad aspettar anni affinché l’azienda si risanasse.

    Qui entro in contatto con My English School ancora una volta per uno start-up di funzione: stavolta quella Risorse Umane nel suo complesso.
    A fine 2019 decido quindi di misurarmi con una realtà più piccola (una PMI in rapida crescita) in un ruolo più ampio, certo che potrò avere un gran beneficio dall’allargare visione e competenze.

    A pochi mesi dall’ingresso scoppia la pandemia che rende certo più complesso e faticoso entrare nel ruolo e strutturare la funzione…Ed eccoci ad oggi!

    Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo delle Risorse Umane?

    L’aver scoperto la formazione professionale durante il mio tirocinio post laurea ed aver capito che mi sarebbe molto piaciuto andare in quella direzione per la possibilità di supportare lo sviluppo e la crescita delle persone all’interno delle imprese.

    Quali sono gli ambiti delle HR che più ti appassionano?

    Sicuramente la selezione, formazione e sviluppo del personale.

    Cosa significa essere HR Manager di una scuola di inglese?

    Certamente lavorare molto sulla interculturalità, sulla valorizzazione e l’integrazione delle varie anime presenti in azienda, contemperando al tempo stesso le esigenze di una operatività molto dinamica con le rigide norme giuslavoristiche dell’ordinamento italiano.

    Quali sono le caratteristiche necessarie per svolgere al meglio questo ruolo?

    Certamente capacità di ascolto, velocità di azione, ed apertura mentale supportate da solide conoscenze in ambito di giuslavorismo e amministrazione del personale.

    Quali sono gli elementi essenziali che devono essere presenti in un CV a tuo avviso? E in un CV formato inglese?

    Qui temo di non poter portare una visione originale: in tutte le lingue serve che siamo ben descritte le esperienze con le competenze in esse maturate ed i risultati raggiunti.

    A tuo avviso qual è il ruolo delle Soft skill o Power skill nel mondo del lavoro di oggi?

    Quello che hanno sempre avuto: sono fattori abilitanti alla piena espressione del proprio valore professionale.
    Certamente nei ruoli manageriali stanno acquisendo sempre più importanza, ma sempre e solo a coronamento di forte competenza tecnica.

    Qual è il corso universitario, ma non solo, che ti sentiresti di suggerire a chi vorrebbe affacciarsi al mondo delle Risorse Umane?

    Fortunatamente stanno nascendo corsi sempre più specialistici, e/o interfacoltà con focus su HR.
    Sicuramente quindi tutti quelli che preparino alla piena comprensione del sistema azienda ed alle parti hard del ruolo: giuslavorismo e amministrazione del personale in primis.

    È infatti molto più semplice recuperare successivamente le parti soft del ruolo che non il contrario.

    Sconsiglio invece i percorsi puramente umanistici con l’idea di lasciare l’ingrato compito di renderci competenti ad un Master HR.

    Hai un motto o una citazione che ti guida nel tuo lavoro e, più in generale, nella tua vita?

    Amo molto citazioni e proverbi ne metto almeno due:

    • “homo faber fortunae suae/homo quisque faber ipse fortunae suae” l’uomo è artefice della propria sorte (Appio Claudio Cieco)
    • La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione (Lucio Anneo Seneca)

    Nel tempo libero hai qualche hobby o passione particolare?

    In assoluto la musica: vedo moltissimi concerto e suono in basso elettrico in una cover band di Grunge/Rock anni ’90.

    Roberto Marra, L&D Specialist per Giada's Project

    Formazione e HR – Intervista a Roberto Marra, Learning Specialist Amazon

    Buongiorno Roberto. Ci parli un po’ di te e del percorso che ti ha portato ad essere la persona e il professionista che sei oggi?

    Buongiorno Giada. Piacere mio e grazie per l’opportunità.

    Per descrivermi, utilizzo una parola, un proverbio e un aggettivo.

    Rollercoaster”. Liceo Scientifico, Laurea Magistrale in Giurisprudenza, due Master in Risorse Umane. Non proprio il percorso più “lineare” da seguire.

    Chi nasce quadrato non può morire tondo”. Se questa è una verità, mi considero la più classica delle eccezioni. Un rational thinker, che, nel corso degli anni, ha sempre più fatto spazio a istinto e creatività. Posso dire di essere arrivato ad un buon compromesso tra queste tre dimensioni.

    Grato”, in particolare, per due motivi. In primis, perché sono riuscito a costellare il mio cielo di tante stelle, che, con esempi, parole e gesti, hanno illuminato il mio percorso, anche nei momenti in cui la nebbia era fitta. Il professionista e la persona che sono e che sarò è anche merito loro. In secundis, perché ho sempre avuto la possibilità di assecondare le mie passioni e i miei desideri.

    Roberto Marra, L&D Specialist per Giada's Project
    Roberto Marra, L&D Specialist per Giada’s Project

    Il mio profilo Linkedin, invece, racconta che, dopo l’esperienza come assistente giudiziario al TAR e la pratica forense, mi sono occupato, per tre anni, di consulenza organizzativa e formativa, prima di entrare a far parte del team L&D, prima come Trainer e, oggi, come Learning Specialist, di una delle principali internet company del mondo. Sono autore di un romanzo sul mondo Hr, nonché membro della faculty del Master in HR della Business School.

    Fil rouge di tutto questo? L’attenzione costante alle persone che si fidano e affidano a me.

    Cosa significa essere Learning Specialist? Quali sono gli aspetti che più ti motivano del tuo lavoro e quali sono invece quelli più sfidanti?

    Significa, innanzitutto, prendersi cura delle persone, in quanto tali. Essere responsabile di un team di tredici persone, infatti, vuol dire mettere al centro del mio lavoro il benessere di chi lavora con me ogni giorno, ascoltando, affiancando e aiutando loro a crescere come persone e come professionisti. Credo che questa sia la chiave per raggiungere qualsiasi obiettivo e successo nel medio lungo periodo.

    Questa è certamente una delle leve che mi motivano maggiormente nel mio lavoro. La possibilità di lavorare in un contesto globale e altamente strutturato, in cui il cambiamento è costante ed esponenziale, a contatto con stakeholder di differenti settori e culture, completano un quadro altamente stimolante e ingaggiante.

    Sei anche docente presso Business Thool. Ce ne parli?

    Si tratta di un progetto nato dalla volontà, tra i tanti, del dott. Guido Capobianco di proporre un nuovo modo di educare (non solo formare) i professionisti del presente e del futuro. Oltre ad una profonda stima reciproca, infatti, il valore dell’umanità è ciò che ci accomuna. Il progetto si fonda su una semplice, ma quanto mai complessa verità. Ogni persona è diversa dall’altra, in termini di desideri, aspirazioni ed esigenze. L’obiettivo è, quindi, creare una cornice e un network, all’interno della quale tutti possano trovare la propria dimensione e di cui la formazione, intesa come facilitazione, sia solo la punta dell’iceberg.

    Nello specifico, mi occupo del modulo di Formazione del personale all’interno del Master Hr Generalist.

    Cosa consiglieresti ad una persona che vorrebbe lavorare nel campo della formazione?

    Di essere sempre curioso, di non sentirsi mai arrivato e di appassionarsi, innanzitutto, agli altri. Lavorare in L&D e, in generale, nel mondo delle Risorse Umane significa essere, innanzitutto, poliedrici, per riuscire, nei diversi contesti, a trovare sempre la chiave di lettura che sappia matchare gli interessi del singolo con quelli dell’azienda. In un mondo aziendale/professionale sempre più fragile e guidato dai dati, le persone non possono che tornare ad essere centro nevralgico del dibattito. Di conseguenza, i differenti uffici HR devono essere parte integrante dei disegni strategici aziendali, uscendo dai propri uffici e dalle stanze dei bottoni e portando sul tavolo un punto di vista più umano, frutto di affiancamento e vicinanza alla popolazione aziendale.

    A tuo avviso che ruolo avranno la formazione e il digitale nelle aziende nel prossimo futuro?

    Il cambiamento, ormai, è parte integrante del nostro lavoro e, in generale, del nostro modus vivendi. Non c’è ambito della vita personale e professionale di ognuno di noi che non sia in costante cambiamento. Proprio per questo, qualsiasi società o professionista che intenda vivere da protagonista il mercato di riferimento non può prescindere da un costante e profondo investimento sulla formazione delle proprie persone.

    Lo stesso concetto di formazione sta cambiando.

    Se fino a qualche anno fa si declinava la formazione come addestramento (“per ottenere A, devi fare B”), un po’ come per i mansionari di tayloristica memoria, sempre più oggi si parla di formazione in termini di facilitazione, come strumento di miglioramento personale, in cui la prima skill da apprendere è l’abilità di apprendere. Oggi, quindi, la formazione deve essere declinata secondo le tre L, ossia lifelong, lifewise e lifedeep, per poter essere parte attiva del cambiamento. In questo quadro, ovviamente, il digitale svolge un ruolo fondamentale. Che siano pillole formative, soluzioni di gamification, podcast, AR e, ancora più recente, metaverso, il digitale è in grado di portare ad un livello sempre più alto, in termini qualitativi, l’apprendimento personale. Come sempre, però, non mancano le avvertenze. Non sempre il digitale può e deve essere la soluzione. Basti pensare, ad esempio, allo sviluppo delle competenze trasversali, in cui metodologie altre (in primis, l’Outdoor Training) sono soluzioni da preferire, con il digitale a supporto e ad arricchimento di queste ultime. Altro errore da evitare è quello del learning overloading. L’apprendimento necessita di tempo per essere compreso, razionalizzato ed applicato. Il “tutto è subito” è, in altre parole, un miraggio.

    Che ruolo giocano e hanno giocato le esperienze di volontariato ed extra-lavorative che hai vissuto nel tuo percorso?

    Tutte le esperienze mi hanno, quali direttamente, quali indirettamente, portato ad essere la persona e il professionista che sono. Da questo punto vista, l’esperienza con SHRM mi ha permesso di entrare in contatto, innanzitutto, con tanti altri professionisti, che vedono in persone e cambiamento le due direttive da seguire già da oggi per un futuro sostenibile. La verità è che il network rappresenta una fonte inesauribile di apprendimento, confronto e riflessione.

    Gianluca Pillera, il Consulente del Lavoro per Giada's Project

    Il Consulente del Lavoro – Intervista a Gianluca Pillera

    Buongiorno Dott. Pillera, la ringrazio per la sua disponibilità. Ci può raccontare qualcosa sul percorso professionale e formativo che l’ha portata ad essere il professionista consulente del lavoro che è oggi?

    Il mio è stato un percorso molto particolare, entro in studio subito dopo il diploma di scuola superiore, mi appassiona molto la materia giuslavorista e tento l’esame di stato per diventare consulente del lavoro, ci riesco al terzo tentativo! Poi decido di laurearmi e con due figli piccoli durante il lavoro di studio non mi resta che studiare la notte. Ma se si vuole fortemente una cosa la si ottiene, nulla ci può fermare! E riesco a laurearmi…

    Cosa l’ha spinta a diventare consulente del lavoro?

    Sono fortunato perché figlio d’arte, il mio papà è stato consulente del lavoro e mi ha insegnato tutto, è stato motivo di ispirazione a stando vicino a lui ho potuto imparare i trucchi del mestiere. Mi ricordo la sua soddisfazione quando ho superato l’esame di stato e mi sono abilitato alla professione. Avere lo studio avviato, devo ammettere, è stato più semplice e piano piano ho preso sempre più dimestichezza nel mestiere e ringrazio sempre mio papà che mi ha tramandato la passione per questo lavoro.

    Da dove nasce Il consulente del lavoro © su Instagram? Ad oggi da quanti membri e collaboratori è composto?

    La pagina Instagram de @ilconsulente_del_lavoro nasce nell’estate del 2020 quando mi resi conto che non esistevano profili di colleghi CDL con aggiornamenti di lavoro, sentivo l’esigenza di condividere notizie di lavoro in maniera precisa, ma soprattutto puntuale all’uscita della norma. Adesso la pagina sta avendo un successo enorme, quasi inaspettato, ed è diventato un aiuto concreto per i colleghi e un punto di riferimento per tantissimi colleghi CDL di tutta Italia. Molti chiedono informazioni e confronto, molti si affidano a noi e addirittura adesso si sente dire: “aspettiamo che viene pubblicato da @ilconsulente_del_lavoro”.

    @ilconsulente_del_lavoro

    Il profilo de @ilconsulente_del_lavoro è stato ispirazione per tantissimi colleghi che ultimamente si affacciano sempre più spesso al modo social, mantenendo la professionalità che ci contraddistingue.

    Come pensa evolveranno lo smart working e le proposte di settimana corta?

    È il futuro! Il periodo di pandemia ha realmente stravolto il nostro modo di vedere il lavoro, ha anticipato i tempi di 4/5 anni, le nuove generazioni hanno affrontato oltre due anni di lavoro con questa modalità e l’hanno fatta loro, la richiesta attuale è CONCILIAZIONE VITA – LAVORO.

    Afferma che ‘il futuro è nel temporary management’. Ce lo spiega?

    Il TEMPORARY MANAGEMENT è il mio pallino da sempre! Nel mio studio cerco anche di sperimentare vie nuove ed essere sempre pronto ad offrire nuove consulenze ai miei clienti, anche qui negli ultimi anni ho notato che le esigenze aziendali si stanno modificando fortemente. Molte realtà aziendali hanno necessità di professionalità all’interno che non riescono a trovare e magari non hanno la possibilità di poter inserire in organico figure dirigenziali con costi esorbitanti, da qui l’idea di entrare in azienda con figure professionali strutturale, ma temporanee. In studio Pillera abbiamo ormai 3 professionisti che ogni giorno si recano in aziende per svolgere la funzione di Responsabile Risorse Umane; entriamo nelle aziende per gestire il personale e per ottimizzare la gestione interna facendo tra interfaccia tra il datore di lavoro e i dipendenti. Penso che il futuro sia questo! Entriamo nelle aziende anche con contratti di 1 solo giorno a settimana che per molte aziende può essere sufficienti per risparmiare sui costi, ma ottenere grandissimi risultati in termini di efficienza.

    Quali sono le più grandi perplessità e paure che nota nelle aziende nell’ultimo anno?

    Più che altro vedo giovani imprenditori che non sono abituati a gestire situazioni complicate e non riescono a prendere decisioni, a volte anche impopolari, che possono essere vitali per l’andamento aziendale, da qui il nostro ruolo sta diventato sempre più importante e di supporto agli imprenditori

    Come sono cambiati i contratti di lavoro dopo il decreto trasparenza? Vi è davvero una chiarezza maggiore?

    Sono totalmente contrario all’inserimento del Decreto Trasparenza, ulteriore complicazione con aggravio di burocrazia che, invece di aiutare il dipendente nella lettura della lettera di assunzione, ha creato e creerà incomprensioni nel dipendente prima e negli studi un aggravio di burocrazia e tempistiche nella redazione.

    Quali sono gli elementi essenziali per essere un buon consulente del lavoro?

    Sempre disponibile, sempre aggiornato, sempre innovativo, curioso e chiedersi come mai il cliente non ti chiama da ormai 10 giorni….

    Manuele Ceschia CEO di MyNet

    Intervista a Manuele Ceschia, CEO di App MyNet

    Ciao Manuele, bentrovato. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul percorso che ti ha portato a diventare il CEO dell’App MyNet?

    Diciamo che è stato un percorso esperienziale determinato da un mio approccio nel formarmi nel contesto in cui sono.

    Sono partito dal mondo degli eventi, organizzando prima delle feste, poi dei festival, poi degli eventi per la Regione, aziende ed enti di varia natura e dimensione. Questo mi ha fatto toccare e respirare il mondo del marketing. Sono entrato poi come dipendente in un’agenzia di marketing, diventando successivamente uno dei soci e portandola a crescere dieci volte tanto quanto era il volume di affari di quando l’avevo incontrata.

    Nel tempo il marketing mi ha permesso di conoscere svariate aziende, molte delle quali mi hanno offerto l’esperienza di entrare nelle loro società e offrire le mie competenze in cambio di questo, da piattaforme welfare, siti di couponing, un e-commerce per prodotti per moto…

    Poi però, con l’andare del tempo e della mia crescita, ho deciso di lasciare tutte queste esperienze, che mi hanno insegnato molto, per un progetto mio. Sono così uscito da queste diverse realtà, vendendo tutte le mie quote acquisite, sfruttando quanto ricavato per mettere a terra un’idea che ci era venuta, ovvero quella di realizzare App MyNet, un’App che rendesse la vita dei dipendenti migliore con la comunicazione.

    Manuele Ceschia CEO di MyNet
    Manuele Ceschia CEO di MyNet

    Cosa ti affascina del mondo delle Risorse Umane? E di quello Digital?

    Mi affascinano sicuramente le possibilità che questo mercato ha. Il mondo delle HR e della digitalizzazione al suo interno sono in grandissima crescita. Posso dire che il nostro credo, cioè quello di dare valore alle persone tramite la comunicazione, negli ultimi anni, anche grazie alla pandemia e alle difficoltà che le aziende hanno nell’attrarre e trattenere i talenti, è sempre più centrale. Questo ha permesso di portare visibilità al nostro strumento che permette per l’appunto di fare questo.

    Diciamo che ho portato il marketing, il digitale, con un nuovo punto di vista nel mondo delle HR. Non si parla più del software HR che viene calato sul dipendente, ma di una tecnologia in grado di rispondere alle sue esigenze, tutto in un’unica piattaforma. Sicuramente molto ingaggiante.

    Da dove è nata l’idea dell’App MyNet?

    L’App Mynet è un’idea nata in Biofarma, a Gabriella Tavasani, che era un’azienda cliente della nostra agenzia di marketing e che ci ha lanciato questa sfida. Fondamentalmente è stato quello che nel mondo delle startup adesso si chiama POC.

    Abbiamo fatto un test su di loro, sviluppando questa App, con una tecnologia ovviamente non performante come quella attuale, ma sicuramente un qualcosa che ci ha permesso di diventare sempre più informati e di acquisire know how.

    Poi ogni cliente che è arrivato, ogni trattativa gestita, ci ha generato del valore e la nostra curiosità ci ha spinto ad informarci sempre più. Ora godiamo di capacità e conoscenza del mercato, dei processi e delle tecnologie molto ampie a nostra disposizione.

    Cosa vi differenzia dalla concorrenza? Cosa offrite in più ai vostri clienti?

    A mio avviso sono due le principali differenze:

    1. La grande capacità di interagire con le risorse in uno strumento che utilizzano perché gli semplifica la vita lavorativa;
    2. La possibilità che le aziende hanno di offrire uno strumento proprietario e personalizzato che va ad interagire con tutti i vari gestionali che solitamente hanno un approccio del tipo ‘accedi a questo sito e fai questa cosa’. Invece adesso, tutto può essere a portata di mano. Sempre più infatti le persone, le aziende e gli HR manager si sono resi conto che la user experience del dipendente sta al centro di tutti i processi.

    E in più offriamo dei consulenti preparati sul mondo HR, tecnologia, marketing, comunicazione, che osservano il loro operato e che con una frequenza trimestrale, organizzano delle riunioni per aiutarli a migliorare il loro lavoro e l’esperienza dei loro collaboratori all’interno dello strumento.

    Qual è il modulo di MyNet che preferisci e perché?

    Non c’è un modulo che preferisco. Ne ho diversi che mi piacciono molto. Solitamente rispondo che è il prossimo modulo che dobbiamo sviluppare. Nel senso che mi piace molto pensare ad arricchire la piattaforma con nuove funzionalità.

    Ad esempio, adesso stiamo pensando, da una parte, ad una funzionalità legata al mondo del performance management e, dall’altra, ad un modulo legato al report sulle attività svolte per portare anche la produzione e i reparti produttivi all’interno dell’applicativo.

    Siete anche una società benefit. Cosa comporta questa scelta? Cosa consiglieresti alle aziende che stanno pensando di intraprendere questo percorso?

    Questa scelta non comporta granché perché, in realtà, noi come moltissime altre aziende siamo benefit nel pensiero e nelle persone, quindi di fatto è semplicemente un’etichetta che ci siamo messi addosso, ma che sentiamo nostra da molto tempo. Essa ci permette di pensare e andare avanti in questa direzione, continuando sempre a incrementare e migliorare il nostro essere benefit.

    Cosa consiglierei alle aziende che vogliono entrare in questo fantastico mondo? Beh, a quelli che lo fanno senza convinzione, di non farlo. A quelli che lo fanno con convinzione, suggerisco di informarsi bene, di comunicare, di mettersi in rete e di fare molto networking.

    Progetti per il prossimo anno?

    Ci sarà un grande impatto in termini di sviluppo, di tecnologia proprio, perché andremo a fare delle importanti evoluzioni nel prodotto, soprattutto nella parte hard HR, ovvero nel work flow di richiesta/approvazione, nel timbratore. Sicuramente punteremo ad espandere il nostro mercato all’estero con dei partner e cercheremo di consolidarci sempre di più nel mercato italiano, cercando di mantenere i ritmi attuali, che ci stanno dando tante soddisfazioni, facendo diventare il team sempre più grande e tutti i nostri clienti sempre di più motivati e coinvolti.

    Flavio Moceri di Startswell

    StartsWell, comincia al meglio la tua carriera con un mentor. Intervista a Flavio Moceri.

    Ciao Flavio, bentrovato, come stai? Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso?

    Ciao Giada, tutto bene e grazie ancora per questa opportunità. Mi chiamo Flavio Moceri, ho 18 anni e vengo da un piccolissimo paesino della Sicilia che conta meno di 10.000 abitanti.

    Il mio percorso non è stato sicuramente lineare, ho scoperto questo mondo della programmazione all’incirca quando avevo 15 anni e sono stato influenzato molto da mio fratello, che come professione fa appunto il programmatore. Ogni volta che iniziavo ad imparare ed apprendere, tramite video su YouTube o corsi gratuiti su codecademy, dopo qualche mese mollavo e mi chiedevo se ciò che stessi facendo fosse realmente la mia strada. Mi sono reso conto solo qualche anno dopo, che il mondo della programmazione, per quanto difficile e alcune volte frustrante, fosse l’unico che mi ispirava, mi divertivo a risolvere le tasks e vedere il risultato delle mie azioni. Sono dell’idea che la programmazione, ma anche più in generale dell’internet in sé, specialmente in questo periodo porterà alla formazione di nuovi lavori, quindi se c’è qualche ragazzo che sta leggendo, vi dico che se siete appassionati, questo settore sicuramente può darvi molto.

    Sono entusiasta di questo periodo storico perché riusciamo a creare valore attraverso l’uso delle nostre menti e cerchiamo di sostituire sempre di più la forza lavoro con l’utilizzo dei robot. So che quest’ultimo argomento può creare discussioni, ma basta guardare il passato. Non penso che nessuno si stia lamentando perché non esiste più il mestiere del lampionaio.

    Da dov’è nato il progetto StartsWell?

    Dopo la maturità, sono stato tre mesi a Londra per migliorare il mio inglese e per uscire fuori dalla mia zona di comfort. Passare da un paesino di 10.000 abitanti ad una città di 9.498.212 abitanti non è sicuramente facile. Nel corso di questi tre mesi, nei gruppi di WhatsApp ovviamente si parlava della scelta dell’università e dei soliti topic che si discutono una volta finita la maturità. In un primo momento non ci ho dato peso. Qualche giorno prima di tornare a casa però, mentre parlavo con un mio amico, percepisco rileggendo anche le chat passate, che dopo la maturità (e suppongo sia lo stesso anche per molti ragazzi che finiscono l’università), inizi a salire un’ansia particolare nei confronti del futuro, non sapendo esattamente cosa farai dopo, perché non hai effettivamente nessun supporto o mezzo che ti metta in comunicazione coi lavori che effettivamente ti troverai a fare.

    Da qui nasce l’idea di StartsWell. Dopo poco ne parlo con mio fratello, cerco su internet se qualcuno l’avesse già fatto ed inizio a scrivere il codice.

    Ad oggi te ne occupi autonomamente o c’è un team a supporto?

    L’idea è stata lanciata da pochissimo. Ad oggi gestisco prevalentemente quasi tutto io, faccio sicuramente affidamento a mio fratello quando non riesco a risolvere qualche problema e in questi giorni sto iniziando a sponsorizzare la piattaforma per far conoscere il nome e lo scopo stesso di StartsWell.

    Cosa offre StartsWell e come si differenzia dalla concorrenza?

    L’idea di StartsWell è molto semplice. I mentor possono offrire la loro disponibilità e scegliere una tariffa che ritengono adeguata alle loro competenze ed esperienze. Possono decidere se tenere per sé l’importo (al momento non ho inserito commissioni) oppure devolverlo in beneficenza. Gli utenti possono cercare i professionisti e filtrare la ricerca in modo tale da trovare il mentor più indicato considerando le proprie aspirazioni.

    È possibile scegliere il mentor, prenotare la chiamata, effettuare il pagamento in pochi minuti. Semplificando il processo, l’esperienza diventa piacevole per entrambe le parti, che hanno la possibilità di dialogare senza doversi preoccupare del resto.

    Per quanto riguarda la concorrenza, ho sentito parlare di alcuni siti italiani simili, ma sono dell’idea che non sia abbastanza, bisogna cercare di far conoscere la piattaforma a molte più persone. Ogni giorno tramite LinkedIn vengono contattati decine di esperti chiedendo se sono disponibili per fare una consulenza, ciò porta alla conclusione che non ci sia ancora una piattaforma leader e conosciuta in queste settore.

    Chi sono i mentor?

    I mentor sono persone qualificate che verifico prima di inserire all’interno della piattaforma, li contatto io stesso o mi scrivono loro tramite LinkedIn o il form che si trova sul sito. Revisiono il loro profilo, ci parlo per conoscere la loro storia, controllo le loro esperienze e referenze da parte di persone che confermano le loro competenze. Un processo che richiede sicuramente un po’ di tempo, ma che è essenziale per offrire agli utenti che usano StartsWell il miglior servizio possibile.

    Quanto hai trovato difficile orientarti nel mondo del lavoro? Hai avuto un mentor a cui fare riferimento?

    Non ho ancora un’esperienza così forte da poter parlare del mondo del lavoro, ma sicuramente mi sento di dire che cercare di entrarci parallelamente magari al percorso di studi che si sta intraprendendo, ti mette nella condizione di avere una marcia in più rispetto a coloro che hanno fatto un percorso standard. Ti fa aprire gli occhi su come effettivamente funziona il mondo reale e capire gli ingranaggi che fanno funzionare questa macchina.

    Il mio mentor è stato al 100% mio fratello, ho sempre percepito vivere in Sicilia, come vivere in una sorta di bolla, se stai qui e soprattutto se stai in un paesino come il mio, vieni automaticamente influenzato dalla cultura, dai modi di fare. Ma se riesci ad uscire da questa bolla capisci che il mondo che hai conosciuto nel tuo paesino, esiste solo lì e sicuramente colui che mi ha aiutato a fare esplodere questa bolla e a farmi capire che esistono altri mondi al di fuori del paese in cui si nasce è sicuramente mio fratello.

    Quali credi siano i più grandi scogli del mondo del lavoro di oggi? Quali le potenzialità?

    Non saprei dire, ogni percorso è diverso ed è difficile trovare una risposta generale che risponda a tutti i settori del mondo lavorativo. Direi che il mio grande scoglio è riuscire ad ottenere la credibilità di ciò che fai. Soprattutto se sei giovane e subentri all’interno di questo mondo, nessuno ti prenderà troppo sul serio e puoi riuscire a cambiare ciò solo con le tue azioni. Per quanto riguarda le potenzialità è impossibile elencarle tutte, ma sicuramente poter creare valore grazie ad un computer e grazie all’uso delle nostre menti è un tipo di potenzialità nel mondo del lavoro che prima non esisteva e penso che sia importante perché effettivamente è l’unica vera componente che ci distingue dalle altre forme di vita che vivono sul nostro pianeta.

    Cosa ti aspetti dal domani?

    Eh, domanda difficile, sicuramente spero di poter fare dei passi importanti con StartsWell e vedere che effettivamente l’idea funziona, cercando di portare valore alla società.

    Più in generale mi aspetto la nascita di nuovi lavori nell’ambito del digitale, del web 3.0 ecc. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma specialmente negli ultimi 10-15 anni abbiamo apportato miglioramenti così radicali che sarebbe impossibile per i nostri antenati anche semplicemente immaginarlo e vorrei con tutto il cuore che questo trend continuasse.