Antonella Gioia, Employer branding e consultant Lamborghini per Giada's Project

Employer Branding, marketing e comunicazione con Antonella Gioia

Una nuova intervista per Giada’s Project ad Antonella Gioia, Randstad HR Solution Consultant in Automobili Lamborghini S.p.A. Parleremo di marketing, comunicazione e HR e tutti i possibili punti in comune. Buona lettura.

Ciao Antonella, grazie per la partecipazione. Ci racconti qualcosa in più su di te e sul tuo percorso?

Ciao Giada, grazie a te per avermi coinvolta. Quando ci siamo sentite la prima volta, stavo facendo un On The Road nella mia regione, la Basilicata. Ci tengo a precisarlo perché è proprio da qui che comincia la mia storia con un Erasmus anticipato, come lo chiamo io, ovvero il trasferimento dalla mia terra d’origine a Bologna, la mia città adottiva. Mia madre era restia, “così lontano, perché non vai a Salerno o Napoli”, ma io ero convintissima. Triennale in Scienze politiche, sociali e internazionali con curriculum comunicazione e poi magistrale in Comunicazione pubblica e d’impresa, il Compass, com’è conosciuto ancora oggi!

Sono una persona che vive di attimi e intuizioni, più di pancia che di testa, e alla fine quel carpe diem ha funzionato. Dopo la magistrale mi sono candidata per una posizione di stage in Automobili Lamborghini come Employer Branding & Internal Communication support e da allora ho conosciuto un mondo professionale che prima ignoravo…se mi avessero chiesto cosa avrei voluto fare da grande, il mio job title attuale non era sicuramente previsto, semplicemente perché non conoscevo il settore.

Antonella Gioia, Employer branding e consultant Lamborghini per Giada’s Project

Cosa ti ha spinta ad avvicinarti al mondo del marketing e della comunicazione?

Sono sempre stata appassionata di parole, soprattutto scritte. La comunicazione è il mio centro di gravità permanente, per citare un sommo poeta moderno. Le storie e le persone mi hanno sempre affascinato: quando ero più piccola volevo fare la scrittrice, poi la giornalista e oggi sono una comunicatrice. Credo che dietro ognuna di queste aspirazioni ci sia il mio grande bisogno di condivisione, che a volte mi fa dubitare del mio essere figlia unica, o forse è in realtà una conferma. “Marketing” è molte cose: quello che mi piaceva di più era la sottigliezza delle campagne di comunicazione e l’abilità con cui le parole venivano combinate, ma soprattutto la potenza con cui i messaggi trasformavano e indirizzavano i comportamenti. “Marketing” è ciò quel che faccio oggi, non sul prodotto, ma sull’azienda: l’employer branding è proprio il marketing delle risorse umane, definizione che uso per spiegare meglio quello che faccio.

Le famose “4 P” del Marketing mi sono tornate spesso utili, anche se basterebbe una piccola ricerca online per scoprire che oggi si è aggiunta una 5 P, che in realtà nell’employer branding è sempre stata la più importante: P di People, le persone al centro e misura di tutte le cose, in un nostalgico ritorno dell’antropocentrismo di età moderna.

Come sei approdata poi all’employer branding, una piacevole commistione tra marketing, comunicazione e HR?

Ricordo che quando lessi la posizione aperta su LinkedIn passai un pomeriggio intero ad approfondire il mondo dell’employer branding: a parte la traduzione letterale, non avevo idea di cosa fosse. Quello che mi rassicurava era la parte di “internal communication”, che era sicuramente più parlante e conosciuta in Italia. Esattamente come l’hai definito tu, sentivo di avere due cose dalla mia parte, marketing e comunicazione, mi mancava sicuramente la parte HR. All’Università la sociologia era tra le mie materie preferite, i comportamenti umani mi hanno sempre affascinato, per me le persone sono una grande miniera da scoprire.

Così ho provato ed eccomi qui!

Effettivamente il mondo delle Risorse Umane è stato una piacevole scoperta, che erroneamente associavo solo al recruiting e alla selezione. 

Employer branding e comunicazione interna. Quali sono gli elementi da tenere sempre a mente per lavorare in questo ambito?

Fare employer branding è un po’ come quando la nonna parla del nipote alla vicina di casa: quanto orgoglio c’è in quegli occhi e in quel tono di voce? Ecco, bisogna essere capaci di raccontare l’azienda sotto quella luce e, affinché il racconto sia autentico, è fondamentale che i propri valori siano allineati a quelli corporate. Al centro di tutto rimangono le persone, con le loro esigenze, richieste e proposte, proprio come per la comunicazione interna, in cui ci si fa canali e collanti di una comunità che condivide non solo obiettivi di business, ma anche stralci di vita quotidiana. Forse l’elemento principale e imprescindibile è l’ascolto, cartina tornasole senza cui sarebbe impossibile disegnare qualunque percorso.

 È un settore in continuo mutamento, non ci si annoia mai perché c’è sempre qualcuno o qualcosa da cui trarre ispirazione. È un ambito che si nutre di immaginazione e lungimiranza nel pensare a qualcosa che ancora non esiste, vive di idee folli ed esagerate che aspettano solo qualcuno che abbia il coraggio di pronunciarle. Più o meno la maggior parte dei progetti che portiamo avanti cominciano così, con un condizionale che poi diventa realtà.

Parlando di social network, qual è quello che usi di più e perché?

Senza dubbio Instagram, ma quasi a pari merito con LinkedIn. Instagram è più una sorta di album dei ricordi da andare a risfogliare nei momenti di nostalgia, mentre le Storie sono per me un modo per condividere non solo momenti, ma anche informazioni utili, notizie di attualità, sostegno alle battaglie che quotidianamente vengono portate avanti, soprattutto dalle minoranze.

Dico sempre che Instagram non dovrebbe essere un canale fine a sé stesso per nutrire la propria vanità, ma appunto uno strumento impegnato e una fonte di ispirazione. Ben vengano quindi le condivisioni volte a sensibilizzare su determinati argomenti oppure a consigliare posti da visitare, esperienze da fare o locali da provare.

LinkedIn invece è un’aula di scuola sempre aperta, in cui viene riservato a tutti un banchetto. Nonostante i job title risonanti, non c’è gerarchia. Lì davvero conta la sostanza e quello che hai da dire, perché il bello sta proprio nel riuscire ad innescare conversazioni. Cerco di essere attiva e costante nell’uso di LinkedIn perché penso che sia davvero uno strumento di formazione alla portata di tutti e chi non lo capisce spreca un’occasione preziosissima!

Ti confesso che ho una passione per i motori, dalle due ruote alle quattro ruote. Lavorando come HRPO Consultant di Randstad HR Solutions in Automobili Lamborghini S.p.A., non posso non chiederti qual è il tuo modello di vettura preferito.

Difficile scegliere, ma direi Urus, perché poliedrico e mediatore dei desideri più disparati. Un inno alla libertà e un invito alla massima espressione del sé, capace di andare sempre oltre. Urus è un modello inclusivo, che si propone a diversi target di clienti ed è capace di coniugare più esigenze e prospettive. La sua nascita deriva da una visione, concretizzata grazie al coraggio dell’azienda che ha anticipato i tempi e dettato le regole del gioco.

Se dovessi raccontarlo ai giovani talenti come richiede il tuo lavoro, cosa significa lavorare in Lamborghini, un sogno che molti vorrebbero veder realizzato?

Questa è la domanda più gettonata ai Career Days! Lavorare in Lamborghini significa accettare di mettersi in gioco e lasciare un impatto tangibile. Significa farsi portavoce di quel senso di responsabilità nei confronti della società che l’azienda si assume attraverso tanti progetti e iniziative. Lavorare in Lamborghini è quasi una missione, definita da un senso di appartenenza molto forte al Brand e ai suoi valori.

È un’azienda che chiede ma dà anche molto, in cui è la personalità di ognuno a fare la differenza. Entrare a far parte del team Lamborghini significa avere margine di spazio e azione per disegnare il proprio percorso in base alle proprie aspirazioni e ai propri desideri, oltre gli standard. Essendo una grande azienda, in ogni dipartimento si ha la possibilità di confrontarsi con tanti professionisti con background accademici e professionali diversi, un’ottima occasione per crescere e lasciarsi ispirare. È una sfida quotidiana con sé stessi per esplorare nuove direzioni, sognare più in grande ed evolvere insieme ad un team appassionato e visionario. Molti lo definiscono appunto “un sogno” …alla fine dei conti, provare per credere!

Da cosa ti lasci ispirare nel lavoro e nella vita?

Sono una gran chiacchierona e, come mi dissero una volta, sono molto generosa nel raccontarmi, ma la cosa da cui mi lascio ispirare maggiormente nel lavoro e nella vita è l’ascolto delle persone. Sono estremamente curiosa, penso che tutti abbiano qualcosa da dare, solo che bisogna essere capaci di accogliere. Dico sempre che ogni percorso è unico e irripetibile e ho imparato col tempo a non paragonarmi mai, piuttosto a registrare l’informazione, approfondirla e farla mia, capendo se e come portarla nella mia vita, partendo da una domanda: “Che valore mi dà questa cosa?” Di base sono una persona che cerca molto in maniera autonoma e condivide tanto, perché penso sia importante mettere in circolo le idee per farle sbocciare. E poi mi nutro di esperienze, che può essere visitare un posto nuovo, leggere un libro o partecipare ad un evento. Siamo costantemente bombardati da stimoli esterni, il segreto sta nel riuscire a selezionarli e filtrarli, per capire su cosa vale la pena concentrare attenzione ed energie.

Un libro che consiglieresti a chi si vuole avvicinare all’employer branding e comunicazione interna.

È un libro che ho incontrato grazie al corso di Psicologia della Comunicazione Sociale in triennale, “Le parole sono finestre (oppure muri)” di Marshall Rosenberg. Contiene tutti i principi della comunicazione empatica e non violenta, partendo innanzitutto da una comunicazione consapevole verso sé stessi, imparando ad ampliare il vocabolario delle emozioni. È lo γνῶθι σαυτόν dei greci, punto di partenza per poter accogliere gli altri. Un testo che dovrebbero leggere tutti, non solo chi vuole avvicinarsi all’employer branding o alla comunicazione interna. Non spoilero ulteriormente…buona lettura, con l’augurio di diventare tutti giraffe e non sciacalli!

immagine evento banchetto ristorante luci fiori addobbi

L’evento come strumento di marketing esperienziale: il caso Nonino

Quanto è importante un evento nelle strategie di marketing e comunicazione?

Gli eventi sono diventati parte integrante delle strategie comunicative e di marketing di aziende sia grandi che piccole. Essendo una amante degli eventi, amando organizzarli, gestirli e ovviamente anche parteciparvi, ho scelto di sviluppare la tesi finale del Master che stavo frequentando su di essi.

Il master, offerto dall’Università Niccolò Cusano, nello specifico si intitolava ‘Luxury Brand Management’ e è andato a toccare varie tematiche nelle aree del marketing, management, comunicazione, gestione ed economia.

Nel mio elaborato ho voluto approfondire il ruolo degli eventi e la loro grande capacità di far nascere emozioni e far vivere esperienze uniche.

L’evento, emozioni + esperienze

L’evento è un qualcosa di trasversale e adattabile, può avere varie forme dall’evento fisico, a quello completamente online a un mix dei due (basta pensare a che modifiche e novità sono state introdotte in quest’ultimo anno e mezzo segnato dalla pandemia covid e dal distanziamento).

Un evento è un qualcosa di unico, memorabile, limitato nel tempo e capace di essere ricordato. Ogni evento ha scopi ben precisi, i destinatari e gli obiettivi possono variare, ma dovrà essere in grado di far nascere emozioni ricordabili a lungo nel tempo.

Chi consuma è sempre più attento e ricerca una partecipazione in prima persona, reali emozioni, qualcosa di nuovo, non solo il prezzo più basso.

Il caso Nonino distillatori

Per dare un tocco più pratico e inserire un esempio positivo dell’utilizzo degli eventi come strumenti di marketing esperienziale, ho pensato di inserire un caso studio su un’azienda che amo molto: la Nonino Distillatori. Ho scelto questa azienda per il suo marketing del cuore, la sua umanità, le incredibili strategie di marketing messe in piedi negli anni e i grandi eventi di successo creati, come il Premio Nonino, tanto per menzionarne uno. In aggiunta a questo, altri elementi distintivi di questa azienda sono la qualità dei prodotti, il rispetto delle tradizioni e un occhio attento al territorio friulano.

Questo è il capitolo che più mi emoziona anche grazie all’intervista a una dei membri della famiglia Nonino, Francesca Bardelli Nonino. Con le sue parole mi ha fatto capire ancora di più tutto l’amore, passione, lavoro e innovazione che ci sono dietro i loro prodotti.

La mia tesi finale sugli eventi

Nella mia tesi, oltre agli elementi già menzionati sopra, ho inserito anche un sondaggio realizzato grazie all’aiuto e alle risposte di molti miei contatti su LinkedIn (grazie per aver partecipato). Il sondaggio era incentrato sul ruolo degli eventi e sulla possibile esistenza di un filo conduttore capace di unire tutte le varie tipologie.

A chi aveva partecipato avevo dato la mia disponibilità, in caso di interesse, a condividere il mio elaborato finale. Ora, master finito, andato bene, vorrei estendere questa possibilità a chiunque voglia.

Ecco allora che qui potete trovare la mia tesi completa.

E, se vi va, perché no, fatemi sapere che ne pensate.

E ora? Vado a brindare con un buon aperitivo Nonino, l’aperitivo dell’anno 2021.

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L’effetto vincente del ristorante Croce del Sud a Lignano

Se hai avuto l’occasione di passeggiare lungo il viale pedonale centrale di Lignano Sabbiadoro, avrai certamente notato una lunga fila nei pressi di un ristorante-pizzeria da poco rimodernato. Il locale in questione è la Croce del Sud, all’angolo tra Viale Venezia e Via Marina.

A poche centinaia di metri di distanza dal mare, questo posto è sempre molto affollato e richiesto. Il mix vincente dato dalla grande varietà di pietanze offerta, i prezzi alla portata di tutti, la grande capienza, il design moderno e la capacità di coccolare il cliente dall’inizio alla fine del pasto, ha reso questo locale molto noto sia tra i turisti che tra gli habitué.

La storia della Croce del Sud

Come è possibile leggere sul sito proprietario, la Croce del Sud e la famiglia De Rosa accolgono i clienti nel cuore di Lignano dal 1989. Una storia di oltre trent’anni insomma. Nel 2019, per festeggiare il trentesimo anniversario dell’attività, la Croce del Sud ha visto la ristrutturazione completa dei suoi locali, con un risultato nuovo e più moderno, ma sempre mantenendo la tradizione e l’accoglienza solite.

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I punti di forza della Croce del Sud

Per essere un ristorante di una località balneare, piena zeppa di attività di ristorazione di tutte le fasce e gusti, la Croce del Sud deve avere più di qualcosa che attrae la clientela e la spinge ad attendere anche ore prima di entrare. Certamente è valida l’idea che la gente chiama gente e che alcuni si saranno fermati vedendo una lunghissima fila esterna, ma penso ci sia dell’altro.

Ecco i punti secondo me estremamente vincenti:

  • Buon rapporto qualità prezzo,
  • Accoglienza,
  • Elevata attenzione al cliente,
  • Servizio rapido,
  • Varietà offerta,
  • Elevata capienza.

La Croce del Sud è la scelta ideale per grandi gruppi, famiglie, turisti, coppie… Un locale in grado di soddisfare i gusti e le esigenze di tutti i suoi avventori. Forse non è l’ideale per chi vuole trascorrere una cena romantica in un’atmosfera appartata, visto l’elevato flusso di clientela, ma se cercate un posto accogliente con un’ampia offerta, la Croce Del Sud è il locale giusto.

Consiglio di zia Giada?

Cosa mangiare alla Croce del Sud? Difficile scegliere un unico piatto, tutto è ottimo, dalla pizza, ai primi, alla carne, al pesce, ai dolci… Quello che posso consigliare è provare almeno una volta l’antipasto Croce del Sud o un primo di pesce. Libidine… doppia libidine… libidine coi fiocchi, come direbbe Jerry Calà.

primi di pesce croce del sud pasta con vongole e pomodorini

Cerchi un posto dove sentirti ben accolto e a casa, anche la prima volta in cui ci vai, e dove non spendere un occhio della testa? Se sei di passaggio a Lignano Sabbiadoro, non puoi perderti il ristorante-pizzeria Croce del Sud.

social ambassador promoturismo fvg giada rochetto

Il FVG è la miglior destinazione creativa d’Italia grazie ai suoi Ambassador

La mia amatissima e bellissima regione, il Friuli Venezia Giulia ha vinto il premio come “𝗠𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼𝗿 𝗱𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗿𝗲𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮” nella categoria regioni, grazie al progetto degli Ambassador promosso da PromoTurismoFVG.

Questa vittoria, annunciata dalla giuria internazionale di Creative Tourism Network®, mi ha riempita di orgoglio, essendo anche io una tra i tanti Ambassador, che raccontano con passione e amore la regione.

Ma chi sono i Social Ambassador? Vediamolo assieme.

I social Ambassador

Sono persone che vivono o hanno vissuto in FVG e ne conoscono le chicche, tipicità e angoli particolari. Delle sorte di testimonial diciamo. L’obiettivo è proprio quello di raccontare il territorio direttamente con gli occhi e le parole di chi lo vive e lo abita. Tutto questo per dare degli spunti ad ogni turista diversi da quelli delle classiche guide, per vivere un’esperienza più veritiera e immersiva.

I temi sono vari e soddisfano tutte le esigenze. Dal turismo culturale, a quello attivo/outdoor, al turismo enogastronomico, turismo in famiglia, cicloturismo, turismo slow.

Le storie vengono condivise nel blog Friuli Venezia Giulia stories e nei canali social di PromoTurismo FVG: Facebook, Instagram e YouTube.

La mia esperienza come Ambassador

Da ormai quattro anni faccio parte della grande famiglia degli Ambassador del Friuli Venezia Giulia. L’idea mi è piaciuta fin dall’inizio. Mi ci sono buttata e non l’ho più lasciata.

Credo che quando ami qualcosa sia sempre un piacere condividerlo. Così parlo di quello che più amo.

Le mie stories sono soprattutto a tema natura ed enogastronomia. Se questi non sono temi che ti interessano molto, ci sono tantissimi contributi sulle tematiche più svariate, che ti faranno venire voglia di venire in FVG a salutarci, non appena sarà possibile.

Se vuoi diventare anche tu Ambassador del Friuli Venezia Giulia puoi approfondire qui.

Le caratteristiche richieste sono poche, ma essenziali:

Devi avere poche, ma essenziali, caratteristiche:

  • passione per il FVG;
  • capacità di raccontare esperienze uniche, tramite parole, (sì, il famoso storytelling), ma anche foto e video;
  • essere attivi su almeno un canale social dove condividere le tue esperienze e quelle dei colleghi Ambassador

Stai pianificando una vacanza in Friuli Venezia Giulia e sei a caccia di consigli? Scrivimi pure, sarò felice di aiutarti e di suggerirti le cose che assolutamente devi fare e vedere se vieni in FVG.

Mandi 😊

birra biova

Birra Biova contro lo spreco: da pane invenduto a birra

Biova Project non è solo una birra, ma un reale movimento. L’obiettivo? Ridurre lo spreco alimentare trasformando il pane vecchio e invenduto in un prodotto ricco di vita nuova: la birra.

Ogni giorno circa 13 mila quintali di pane vengono sprecati, sì, hai letto bene, 13 mila. Da amante del pane in tutte le sue sfumature e declinazioni per me scoprire questo dato è allarmante. Uno spreco così grande e tante persone con difficoltà di fare più di un pasto al giorno.

Il progetto di Birra Biova mi ha rincuorata e mi ha fatto nascere un nuovo ottimismo verso il futuro.

La birra prodotta nasce da pane recuperato da supermercati e panetterie. Ogni pane porta con sé la sua storia e dona la sua sfumatura unica alla birra finale.

Birra Biova da dove nasce il progetto

Le facce dietro al progetto di economia circolare di Birra Biova sono due: Franco Dipietro, Emanuela Barbano. Una giovane start up piemontese che ha già fatto sentire la sua voce: trasformare lo spreco in risorsa.

Dove puoi trovare Birra Biova? Sia online che offline. Offline in Piemonte e Lombardia. Online sull’e-commerce targato Biova e tramite vari distributori, come Winelivery, Prime now e Cortilia… Niente male direi. 

Visto il periodo di chiusure e lockdown, il team di Birra Biova si è ingegnato ancora una volta ed ha dato vita a un ‘Lockdown Kit’, il kit di sopravvivenza ideale per sopravvivere a questo periodo, gustando le differenti tipologie di birra e facendo anche del bene al pianeta.

Una comunicazione fresca come la loro Birra

La cosa che mi ha più colpita – dopo ad aver scoperto che è possibile ottenere della birra da del pane vecchio – è stata la comunicazione di questo progetto: fresca, diretta e coinvolgente.

L’etichetta della lattina della Biova Bread Beer Classic recita così ‘Noi lo spreco ce lo beviamo’. Poi sono andata a cercarmi anche le altre e anche i loro copy mi sono piaciuti subito per la capacità di andare dritti al sodo.

birra biova da pane a birra contro lo spreco

Recuperiamo pane e lo trasformiamo in birra di qualità, chiaro no?

Tre domande a Franco Dipietro, CEO di Biova.

Addentriamoci ancora un po’ nella storia della Birra Biova, seguendo le briciole di pane lasciate lungo il percorso. Vorrei quindi fare tre domande a Franco Dipietro, CEO e co-founder di questa start up ad alto impatto positivo e ambientale.

Ciao Franco. Mi ha incuriosita il nome ‘Biova’. Da dove nasce?

Biova è il nome di un pane tipico della tradizione Piemontese. Si tratta di un formato antico, originariamente molto più grande, che ha accompagnato il passaggio dall’epoca rurale a quella industriale diventando via via più piccolo nella taglia, adattandosi cioè alle abitudini contemporanee.

Per noi è un po’ il simbolo del pane stesso. Il tipo di pane comune. Quello di tutti i giorni. Quello che ci accompagna da quando siamo bambini.

Ma è anche la metafora di come le abitudini cambino, e si è chiamati a reagire al cambiamento.

Qual è la più grande soddisfazione che avete ottenuto fino ad oggi?

Personalmente penso che la soddisfazione più grande sia arrivata quando abbiamo fatto la somma di tutto il pane recuperato e trasformato nel 2020, ed è venuto fuori un numero superiore alle 2 T.

È tanto pane. Nulla rispetto allo spreco attuale. Siamo ancora una goccia nell’oceano. Ma abbiamo cominciato a fare qualcosa di concreto e davvero attuabile per ridurre il problema.

Pensare alla concretezza di Biova Project mi dà molta soddisfazione.

Birra artigianale da pane vecchio. Nel futuro pensate di provare a ricavare della birra da altre fonti invendute oppure trasformare il pane in altro modo?

Stiamo pensando di lavorare sul surplus alimentare in genere. In questo momento stiamo pensando di trasformare le trebbie, ovvero “lo scarto” della birrificazione (malto d’orzo) in un nuovo prodotto da immettere sul mercato.  

Bere una buona birra artigianale fresca è di per sé molto piacevole.

Sapere che la birra che stai bevendo aiuta a ridurre lo spreco e a migliorare di un po’ il mondo è ancora più piacevole.

Senti la gola secca e ti è venuta voglia di assaggiarne una?

Giada Rochetto personal branding mettici la faccia

Personal branding, ecco la mia storia partita da zero

Penso che avrai sentito pronunciare il termine personal branding (qualche approfondimento qui) tante volte. Non sono qui per insegnarti le tecniche migliori e come svilupparlo, ci sono dei professionisti e professioniste molto competenti in ambito personal branding che ti consiglio di seguire. Vorrei solo raccontarti la mia storia. Una storia di personal branding partita da zero.

Come ho iniziato?

Mettendoci la faccia. Sì, perché oltre a mostrare cosa si sa fare e come lo si fa, è importante mostrarsi. Mettendoci la faccia sarà più facile creare della fiducia, empatia e condivisione con chi ti guarda e ascolta o legge.

Le persone si fidano più delle altre persone e di quello che sanno veramente fare, rispetto a fogli di carta attestanti un titolo, aziende che parlano con linguaggi altiloquenti, distanti dalla realtà.

Non è stato semplice né immediato. La paura di sbagliare, di non avere nulla di interessante da dire, di sembrare sciocca o infantile era sempre in agguato. Soprattutto per me che, fin da piccola, non sono particolarmente avvezza a mettermi in mostra.

Tutti i cammini iniziano con un primo passo. Così, dopo la prima volta, la seconda, la terza, ecc. sono seguite.

Fare un lavoro di personal branding aiuta anche a crescere, conoscersi, accettare le critiche e i pareri contrastanti (perché ce ne saranno e anzi c’è da preoccuparsi se tutti sono d’accordo con quello che dici)…

Ho parlato della mia storia qui:

Farsi conoscere per farsi scegliere.

Per fare qualche esempio:

-Social Media (soprattutto LinkedIn e IG)

-Il mio blog (ci sei dentro yee)

-Rubrica ‘I consigli di zia G.’ per Blud

Post-it positivi dalla zona arancione su IG @ilbrucoconleali

Attività di volontariato digitale come 40 minuti

-Diverse collaborazioni con blog e riviste varie

Cosa mi ha portato questo percorso di personal branding in cui ci metto la faccia?

Mi ha dato la possibilità di conoscere splendide persone, professionisti/e e di creare relazioni di valore. Mi ha aiutata a credere di più in me stessa e nelle mie capacità. Mi ha portato anche dei risultati concreti, delle proposte di lavoro e di collaborazione su più fronti.

Il lavoro da fare è ancora molto, migliorarsi è sempre possibile, ma dall’altro lato è necessario iniziare. Come ho spesso sentito dire ‘Fatto è meglio che perfetto’. Oltre a questo aggiungerei che è importante anche godersi il viaggio, le curve, le soste, le salite e i tramonti.

Per concludere, il mio Personal branding è fatto con una buona dose di empatia, positività e cercando di non prendermi troppo sul serio 😊 ma con coerenza, sincerità e professionalità.


E tu come ti stai muovendo?

il marketing emozionale spiegato da una tatuatrice tattoo cover

Il marketing emozionale spiegato da una tatuatrice.

Alla base del processo decisionale ci sono le emozioni. Nelle varie fasi che portano all’acquisto le emozioni e la ricerca di un’esperienza sono sempre più presenti.

Negli ultimi anni si sente molto parlare di marketing emozionale.

Per spiegare che cos’è nello specifico e da dove nasce, ci sono tantissimi manuali, articoli, ecc. che lo trattano. Io oggi vorrei portarti un punto di vista diverso. Quello appunto di una tatuatrice.

marketing emozionale spiegato da una tatuatrice

La scorsa settimana la più grande lezione in ambito marketing, mi è stata data da una tatuatrice. Stavo parlando con questa ragazza del più e del meno, di come vorrebbe rinfrescare lo studio, a quanti anni è in attività, dei cambiamenti causati dall’attuale pandemia…

Ad un certo punto inizia a raccontarmi cosa cercano i suoi clienti quando vanno da lei. E lì mi ha affascinata. Concetti così fondamentali, spiegati con semplicità.

Ti riporto qui le sue parole:

“Devi emozionare e far vivere un’esperienza al tuo cliente. Quello che vendo io non è essenziale o primario. Chi viene da me vuole qualcosa di più.”

Ha continuato poi dicendomi che è essenziale rendere unica l’esperienza di ogni cliente.

Poi ci sono altri elementi essenziali come:

  • una buona dose di empatia,
  • capacità di ascolto,
  • capacità di trasformare i concetti in prodotti finali (in questo caso tatuaggi e opere d’arte.

Se una persona acquista qualcosa di ‘superfluo’ lo fa per appagarsi e poter trovare qualcosa che nella quotidianità non trova.

Questa conversazione è stata una grande lezione e mi sono trovata a riflettere su questo tema nei giorni successivi.

qualcosa di unico e personalizzato marketing emozionale

Mi piace lasciarmi ispirare dal mondo esterno e dalla vita in generale. Dalle lunghe camminate, ai film, a letture, blog, conversazioni casuali alla macchinetta del caffè (ora purtroppo sempre più rare).

Credo che le perle e le visioni positive possano arrivare da qualsiasi fonte. Non saranno magari espresse con i termini tecnici di un dato settore, ma l’idea c’è.


Cos’altro posso dire? Grazie alla tatuatrice Lucrezia per questa meravigliosa lezione sul marketing emozionale.

News giornale caffè occhiali

News Marketing di Fabio Antichi, una rubrica da seguire

Come restare al passo con le novità del settore marketing e affini nel tempo di un caffè o poco più? Io ti consiglio la rubrica News marketing di Fabio Antichi.
In un mondo sempre più veloce, è necessario restare aggiornati sulle novità. La scelta è vastissima. Corsi, newsletter, blog, rubriche, gruppi… Vista la varietà è facile perdersi e porsi domande come ‘Qual è il modo migliore per restare aggiornati? Che rubrica, blog, newsletter posso scegliere per conoscere gli ultimi trend in ambito marketing, social, digital?

Oggi mi piacerebbe soffermarmi su una rubrica che trovo molto utile, News Marketing. L’ho scoperta qualche tempo fa e, sarò sincera, non l’ho più lasciata. Vorrei fare qualche domanda al suo simpaticissimo ideatore per scoprire qualcosa di più.

Che ne dici, partiamo?

Perché seguire la rubrica New Marketing?


Ti indico quattro valide motivazioni per seguire questa rubrica:

  • il tone of voice usato. Fabio racconta tutte le novità più succulente con un tono ironico e scherzoso,
  • rapidità. Nella rubrica News Marketing Fabio presenta tutte le novità che trova con link e collegamenti. Se non hai la possibilità di ascoltare il suo video, puoi reperire rapidamente le informazioni che più ti interessano,
  • cadenza. Circa ogni due giorni trovo News Marketing nel mio feed di LinkedIn (ma se non la conoscevi o ti sei perso qualche puntata, puoi trovarle tutte sul suo sito). Ho cercato e ce n’è una postata addirittura il giorno di Natale.
  • molteplicità. News marketing non tratta solo notizie dal mondo del marketing. Parla anche di comunicazione, business, digital, social, e-commerce e innovazione. Diciamo che è altamente improbabile non trovare almeno una notizia di proprio interesse se lavori in questi campi o ne sei appassionato/a.

Ma chi è Fabio Antichi?


Cercando sul suo sito, Fabio si presenta così:

Divenuto Capofficina in un’azienda metalmeccanica scopre che è un lavoro troppo faticoso, così nel 2010 si ricicla nel Marketing

Fabio Antichi New Marketing chi è testo di presentazione
La presentazione di Fabio Antichi sul suo sito

Una presentazione curiosa, non trovi? Scopriamo ora qualcosa in più parlando direttamente con l’ideatore della video rubrica News Marketing.

Ciao Fabio, da dove è nata l’idea della rubrica video News Marketing?


Non è nata, è stata un caso. Avevo creato un servizio di shopping comparativo ma per poterlo usare avevo bisogno di almeno 50 account e da solo non li avevo, il servizio era gratis e quindi il modo più veloce che avevo per spiegare cosa era e coinvolgere altre persone era fare un video, a scriverlo mi sarebbe servito un sacco di tempo, e così feci un video senza pensarci. Ebbe successo e mi fece molto divertire, così, proseguii 😛 in sintesi era una richiesta di aiuto.

Da capofficina al marketing, un bel cambiamento. Ci racconti qualche cosa in più sul tuo percorso?


Mi iscrissi a ingegneria meccanica perché ho sempre amato i motori, alle superiori andavo molto bene e quindi l’affrontai con troppa leggerezza, i nuovi amici e gli stimoli della grande città fecero si che il mio
rendimento fosse pessimo eheheh. Sicché una sera al bar mi misi a parlare con un signore del più e del meno e alla fine lui mi disse, per me era un colloquio vieni a lavorare da me? E così fu.

Iniziai come apprendista saldatore ma feci carriera velocemente, il lavoro era bello e mi piaceva, ma anche molto faticoso e mi domandavo se avrei potuto supportare quei ritmi tutta la vita. In quegli anni si iniziava a parlare di SEO e mio padre che aveva già un’agenzia di programmazione mi invito a andare con lui. Iniziai così, poi da li fui chiamato da altra agenzia (Fortop) dove dopo un periodo iniziale a ora mi trasferii definitivamente e ho imparato molto. Infine da fine 2018 ho deciso di cambiare strada e sono approdato in Dibix.

Per lanciare la tua video- rubrica New Marketing al mattino, come svolgi la ricerca delle informazioni? Fai anche tu parte del fantomatico 5 AM club?


Non 5 ma 6 si eheheh. Non sono mai stato uno che dorme molto anche perché non vado a letto presto, credo sia perché sono ansioso. Nel giorno precedente se mi imbatto in qualcosa di curioso me lo segno, e al mattino in una mezzora ne cerco di nuovi, principalmente su LinkedIn e Google News, qualcosa mi viene suggerito da colleghi, metto insieme il tutto e sono pronto

So che hai in essere anche altre iniziative, come Aperì Web con Fabio. Ce ne parli?


Anche quello è un caso, avevo conosciuto Alice Albertelli perché ha un camperino vintage che mi piace un sacco e sicché volevo farle qualche domanda su cosa sia fare smart working da dentro un camper.
Dopo mesi di rimandi decidemmo di provare insieme a fare una diretta e ci divertimmo. Nei giorni seguenti mi arrivarono alcune richieste di intervista allo stesso modo, quindi riciclai il format e proseguii 😛

Aperì Web con Fabio Locandina
Un esempio di ‘L’Aperì Web con Fabio’

Qual è la domanda più ricorrente e quella più strana che ti hanno fatto i tuoi clienti?

Più ricorrente, quanto costa, quanto rende, in quanto tempo a pari merito eheheheeh. La più strana… non so, forse anni fa una persona voleva fare un altro Facebook pagandolo con al pensione della nonna.

Come ti tieni aggiornato?


Mi aggiorno contestualmente alla ricerca delle news, un tempo io cercavo le news e le condividevo al mattino con i colleghi in ufficio e ora l’ho trasposto online, ma era una cosa che facevo già prima. Invece cerco sempre del tempo per studiare qualcosa al di fuori dell’ambito professionale, biologia, ingegneria o boh, perché mi rendo contro che mi fa bene alla testa correlare e contenere punti di vista e conoscenze molto diverse fra loro. Purtroppo è sempre più difficile trovare il tempo necessario per leggere l’inutile, ma ti accorgi solo dopo un po’ quanto l’inutile fosse utile.

Concludendo direi che di motivi per seguire News Marketing ce ne siano molti. Posso solo che essere d’accordo con Fabio, tutto quello che si impara prima o poi torna utile.

C’era un detto che diceva ‘Una mela al giorno toglie il medico di giorno’. Io penso valga anche per le notizie e tu?

Parliamone sotto 🙂

error 404 not found da errore a possibilità

404 error. Da un errore a una nuova possibilità.

404 Error – Not Found, chi non l’ha visto almeno una volta? Penso sia uno tra gli errori più conosciuti e diffusi.

Vediamo che cosa significa un error 404. Come recita Wikipedia, l’errore 404 – Not Found, è

“un codice di stato standard del protocollo HTTP. Con esso viene indicato che il client è in grado di comunicare con il server, ma che quest’ultimo non ha trovato ciò che è stato richiesto oppure è stato configurato in modo tale da non poter completare la richiesta.”

Ci troviamo di fronte a questo tipo di errore quando una pagina o un dominio non esistono più, oppure quando l’utente ha digitato erroneamente un URL, o ancora quando la connessione è interrotta.

Da errore a opportunità

La nostra ricerca non è andata a buon fine. Sul momento può essere fastidioso sono d’accordo con te. Ogni tanto però da un sbaglio, può nascere qualcosa con un esito inaspettato, addirittura positivo.

L’error 404, se trattato con un occhio di riguardo e un pizzico di creatività – che non fa mail male – può trasformarsi in un punto di contatto strategico e di rilancio. Può diventare un’ottima opportunità di branding, cross selling e non solo.

Questo vicolo cieco può aprire nuovi panorami ed indirizzare l’utente verso una nuova rotta.

Passiamo dalla teoria ai fatti. Di esempi di pagine error 404 top, ben riusciti e allo stesso tempo utili per l’utente, ce ne sono svariati. Qui di seguito, ti riporto i miei tre esempi preferiti.

Error 404: Coca Cola


Un esempio è quello di The Coca-Cola Company Italia.

Ops, la Coca Cola è terminata…” Le tue ricerche invece possono proseguire provando qualche altro link.

Chiaro, pulito e tematico. La soluzione è lì, a portata di mano e chi legge probabilmente, dopo un piccolo sorriso, continuerà la sua navigazione.

error 4040 not found coca cola

Error 404: The Rolling Stones

Come distinguersi fino in fondo e farsi riconoscere anche in una pagina 404? I Rolling Stones sono una spanna avanti, come sempre d’altronde.

Di fronte a un errore 404 sfruttano il famosissimo singolo ‘You Can’t Always Get What You Want’ del 1969 per indicare che non sempre tutte le ricerche ottengono una risposta. Tono canzonatorio e impossibile da non amare. Chapeau.

rolling stones error 404

Error 404: The New Yorker

Terzo e ultimo esempio è quello del noto periodico statunitense, The New Yorker.

Le nostre scuse, quasi sicuramente questa non era la pagina che cercavi’. Sotto c’è una simpatica vignetta, con un topino smarrito all’interno di un labirinto. Anche il dispositivo di cui è munito si è perso e cerca di ricalcolare il percorso.

I toni sonno pacati, i colori sono il bianco e il nero e l’ironia utilizzata si addice benissimo al New Yorker.

error 4040 the new yorker

Errare è umano, rimediare, personalizzare e giocare con l’utente aiuta a farsi ricordare.

Perdersi poi ogni tanto non è poi così male. Non ti è mai capitato di sbagliare strada e di finire con il scoprire qualcosa che non avevi mai notato prima? Se non lo hai mai fatto, appena si potrà, prenota una visita a Venezia e immergiti nelle sue calli, campi e ponticelli… capirai a fondo quello che intendo.

Non tutte le ciambelle escono con il buco, questo è certo. Ma se l’impasto è delizioso, il risultato sarà altrettanto soddisfacente. 😉

Qual è il tuo esempio di pagina 404 che ti ha lasciato il segno?

Marketing myopia persona con capelli lunghi che coprono il viso e occhiali

Che cos’è la Marketing Myopia?

Ogni tanto anche le aziende hanno bisogno di inforcare un paio di occhiali o di indossare delle lenti a contatto per correggere il loro tiro.

Questa visione errata si chiama Marketing Myopia. Ne hai mai sentito parlare?

Di che cosa si tratta?


Viene chiamato marketing myopia l’errore che ogni tanto compiono certe aziende. Nello specifico quando le decisioni sono basate su ciò che si vuole e che ci si aspetta, piuttosto che su quello che il cliente target realmente desidera. Quando quindi vengono attribuiti ai clienti dei bisogni e dei desideri che in realtà non hanno.

Un po’ come quando a Natale da bambino ti regalavano un pigiamone, mentre tu volevi non volevi altro che un dinosauro giocattolo.

Marketing myopia, uno sguardo miope sul mercato.

Si usa il termine ‘miopia’ proprio perché l’azienda confonde i propri gusti e necessità con quelli dei clienti e prospect.

É un approccio per l’appunto ‘miope’ al marketing aziendale. Una visione a breve termine, focalizzata soprattutto sulla vendita e sullo sbaragliare i concorrenti, piuttosto che fornire un reale valore alla persona che si avvicina all’azienda e ai suoi prodotti.

Da dove nasce


Il padre di questa espressione è il professor Theodore C. Levitt. Utilizza per la prima volta questa frase in un suo articolo del 1960, intitolato per l’appunto ‘Marketing miopia’, pubblicato sull’Harvard Business Review.

Possibili soluzioni

Per evitare di restare incastrati nelle sue miopi sabbie mobili è essenziale ascoltare.

Chi? Il cliente, il mercato, le tendenze, ma non solo.

Di seguito trovi qualche possibile, seppur non esaustivo, accorgimento da seguire:

  • svolgere delle verifiche costanti su come viene percepito il tuo prodotto;
  • studiare il tuo target e capire che bisogni ha,
  • tenere monitorati i tuoi competitor, i loro nuovi prodotti e quelli in phase-out,
  • mettere al centro il cliente e la sua esperienza.

In conclusione, è quanto mai necessario avere un’attitudine vigile e pronta al cambiamento. Del resto, ben poche cose sono fatte per restare invariate e statiche nel tempo.