Onboarding casi di successo e best practices

9 idee per un processo di Onbaording di successo

Come anticipato in questo articolo, l’Onboarding è un processo sul quale puntare sempre di più e che può davvero fare la differenza in positivo, così come in negativo.

Ma oltre alle classiche imprescindibili attività, come, ad esempio, la creazione di un account aziendale personale o la consegna della strumentazione e abbigliamento specifici, esistono altre possibilità per rendere il processo di Onboarding davvero significativo e memorabile.

Idee per un Onboarding con una marcia in più

Alcune idee, adattabili a tutte le realtà, per creare un processo di Onboarding davvero di successo. L’obiettivo è quello di introdurre soluzioni creative e innovative, da affiancare alle attività di induction e Onboarding più tradizioni.

Questo per far vivere un’esperienza davvero memorabile e rendere ingaggiato fin da subito il nuovo dipendente, senza sommergerlo soltanto di procedure, regolamenti da seguire e nomi da imparare.

Ecco qui i miei spunti:

  1. Inserimento di un tutor o buddy aziendale per accompagnare il nuovo assunto in azienda durante le prime settimane / mesi;
  2. Creazione di un Agenda o On boarding plan da condividere con la nuova figura e le parti interessate. Il piano di onboarding potrebbe essere strutturato in vario modo, da un programma stile palinsesto cinematografico, a un breve video, a un processo di gamification con i diversi livelli da completare e premi da ottenere;
  3. Prevedere un ‘Caffè con il titolare’ o altre figure di riferimento in azienda;
  4. Prevedere un Tour aziendale. Chiaramente varia molto se l’azienda è una realtà di dimensioni contenute o con svariate sedi sul territorio. Per la prima opzione, quella ‘micro’, si può organizzare un giro all’interno dello stabilimento durante il quale un membro dell’ufficio HR e/o dal responsabile accompagnano il nuovo assunto e gli fanno conoscere l’azienda (dagli uffici, alla produzione, alla mensa, alla macchinetta del caffè…) oltre a presentarlo ai nuovi colleghi. In realtà di dimensioni elevate, si può prevedere un macro tour suddiviso su più giornate e periodi, magari cadenzato, così da raggruppare i nuovi assunti in gruppetti omogenei, dando loro la possibilità di conoscersi a vicenda. Un’altra alternativa potrebbe essere un virtual tour (nelle realtà più tecnologiche ed innovative magari sfruttando anche dei visori o altri ausili) così da conoscere l’azienda in cui si è appena entrati, ma soprattutto i branch più distanti.
Visore per virtual tour aziendale onboarding

5. Consegna di un Welcome kit. Il welcome kit può essere di vario tipo, da fisico, con oggetti e strumenti utili per la vita in azienda di tutti i giorni, a digitale, video e tutorial, regolamenti e informazioni sulla vita aziendale, ecc.

6. Attività per rompere il ghiaccio. Chi più ne ha più ne meta: da pranzi, caffè, aperitivi o breakfast di benvenuto, ad attività sportive e momenti di svago, da una partita a calcio balilla, un gruppo di camminate in pausa pranzo, a giochi da tavolo, sessioni di yoga, calcetto…

7. Organizzazione di incontri con tutti i nuovi assunti di un certo periodo, così da creare un senso di aggregazione e di scambio;  

8. Creazione di un Video di onboarding. In pochi minuti il nuovo assunto avrà la possibilità di farsi un’idea dell’azienda, della cultura aziendale, dei diversi ruoli e della struttura organizzativa esistenze, ecc. Lo stesso video può essere poi sfruttato anche per attività di talent acquisition e employer branding, andandolo a pubblicare sui propri canali comunicativi, può fornire una visione dell’azienda a possibili candidati interessati all’azienda.

9. Organizzazione di incontri cadenzati di feedback e follow up. Ultimo, ma non ultimo. Prevedere degli incontri anche dopo l’inserimento è quanto mai essenziale per verificare l’andamento dell’inserimento, il processo di apprendimento ed eventuali criticità.

Qualche altra idea di Onboarding di successo o che vorreste veder realizzata? Vi aspetto nei commenti.

    Taryn Di Ventura di Un lavoro per Mamma per Giada's Project

    Un lavoro per mamma – Intervista a Taryn Di Ventura

    Ciao Taryn, grazie per la tua disponibilità a partecipare a Giada’s Project. Ci parli un po’ di te e del percorso che ti ha portata dove sei oggi?

    Ciao Giada! Sono Taryn, romana di nascita, milanese di adozione e da qualche anno vivo a Fano, dove ho iniziato un nuovo capitolo della mia vita, quello da mamma e da freelance. Dopo una decina di anni di lavoro dipendente nelle multinazionali, ho deciso di aprire una mia attività, per poter bilanciare meglio il lavoro con la famiglia, ora quello che sto facendo è aiutare tante altre mamme a fare lo stesso.

    Taryn Di Ventura di Un lavoro per Mamma per Giada's Project
    Taryn Di Ventura di Un lavoro per Mamma per Giada’s Project

    Dov’è nato il progetto ‘Un lavoro per mamma’?

    Il progetto Un lavoro per mamma è nato sul terrazzino di casa mentre addormentavo mia figlia un pomeriggio del gennaio 2020. Ad un certo punto mi è balenato in testa, anche se ancora non ne conoscevo il nome o i dettagli, ma è arrivato e ho detto: è lui. Questo è il mio progetto, quello che farò.

    Quali sono le difficoltà più grandi con le quali le mamme di oggi si trovano a fare i conti?

    Non riuscire a bilanciare il tempo tra lavoro e famiglia, non riuscire a dividere equamente il carico mentale e organizzativo con il partner e la difficoltà di essere discriminate sul lavoro.

    Quali sono le paure e gli scogli maggiori da superare?

    Non riuscire a dedicare il giusto tempo a tutti gli aspetti della vita, essere costrette a dover scegliere tra carriera e lavoro, pentirsi per aver scelto una o l’altra. Aggiungo anche combattere con l’idea che una volta diventate mamme si diventa personaggi di serie B.

    Cosa ti porti con te dalle tue esperienze in grosse multinazionali come L’Oréal e Chanel?

    Le mie esperienze di lavoro sono state grandiose, ne porto ricordi davvero importanti. Ho avuto la possibilità di fare, giovanissima, esperienze davvero grandi. Ovviamente questo mi ha anche insegnato a capire i miei difetti e a modularmi in un mercato del lavoro in cui spesso ci si trova, senza libretto di istruzioni, soprattutto quando si è giovani. Al livello più tecnico inoltre la preparazione che queste aziende ti danno, è immensa. Mi sono sempre sentita parte di qualcosa di grandioso.

    Quali sono gli aspetti che più ti spronano nel tuo lavoro? Quali quelli più sfidanti?

    Dico sempre che è una risposta un po’ da Miss Italia, ma è la verità e continuerò a dirla: aiutare le persone. Quella per me è la priorità e quello che mi fa alzare carica la mattina di accendere il pc. Oltre al fatto che mi sono creata questo lavoro a mia immagine e somiglianza, quindi mi diverto anche molto.

    Una sfida che affronto, anche se potrebbe sempre strano, è per me quella dei social. Non mi sento molto portata, ma so che sono necessari e faccio uno sforzo per esserci e per continuare a farlo con sempre maggiore impegno.

    Cosa consiglieresti a chi vuole rientrare nel mondo del lavoro dopo un periodo di fermo, dato dalla maternità, ma anche altro?

     Di non pensare, appunto, di essere stati fermi. Non si sta fermi mai, siamo sempre in movimento.

    Certe volte si sta più fermi a continuare a lavorare in un posto che non ci dà nulla, che a stare a casa a fare la mamma. Ogni esperienza ci insegna e ci lascia qualcosa. Non sono solo le competenze tecniche, quelle che contano nel lavoro, ma anche quelle che si acquisiscono nella vita.

    Al livello più pratico invece consiglio di informarsi su come sia cambiato il mondo del lavoro o il ruolo specifico in questo periodo in cui si è stati fuori, aggiornarsi e rimettersi in pista con i giusti mezzi.

    Quali sono i tuoi hobby fuori dal lavoro? Cosa serve ad un hobby per tramutarsi in lavoro?

    Sono appassionata di musica italiana, ho una fissazione per il Festival di Sanremo (non parlo d’altro da dicembre a marzo), mi piace il teatro, una volta leggevo molto, adesso faccio più fatica. Il mio hobby più grande però rimane l’aperitivo! 😉

    Un hobby può tramutarsi in lavoro quando qualcuno è disposto a spendere per quello che fai/vendi.

    Io però non sono una grande fan del trasformare il proprio hobby in lavoro, perché l’hobby è una cosa che ci piace, ma non necessariamente vuol dire che siamo anche bravi in quella cosa.

    Consiglio sempre di partire da quello che sai fare, più che da quello che vuoi fare.

    E poi un hobby secondo me, se diventa un lavoro, smette di essere un hobby. Pure se mi pagassero per fare gli aperitivi, dopo un po’ mi stuferei di farli! 🙂

    Enzo Passaro, Trainer, Skills Developer e Speaker per Giada's Project

    Public speaking, emozioni e HR – Intervista a Enzo Passaro

    Enzo Passaro, formatore, esperto di public speaking e neurolinguistica, acceleratore di competenze relazionali e autore di ‘Easy Public Speaking’.

    Buongiorno Enzo, ti ringrazio davvero molto per la tua disponibilità. Apprezzo molto i tuoi contenuti ricchi di qualità e mai scontati. Per chi non ti conoscesse, ti chiedo di raccontarci qualcosa in più su di te e sul tuo percorso professionale.

    Buongiorno Giada e buongiorno al tuo pubblico! In aula mi piace presentarmi così: sono un docente e mi occupo in particolare dello sviluppo delle competenze delle persone attraverso gli strumenti essenziali della Neuro Linguistica che declino, in particolare, nell’efficientamento dei sistemi di relazione interpersonale e nella conduzione e moderazione di eventi. Più di recente ho sviluppato una notevole passione per la Neuro Leadership, arrivando ad essere uno degli undici trainer in Italia ad aver frequentato l’unico percorso formativo a tema organizzato da INNEL®, l’Istituto Nazionale di Neuro Leadership.

    Enzo Passaro, Trainer, Skills Developer e Speaker per Giada's Project
    Enzo Passaro, Trainer, Skills Developer e Speaker per Giada’s Project

    Ti descrivi con una definizione bellissima ‘artigiano della parola’. Da dove proviene questa espressione?

    Proviene da un mio mentore, una persona che mi ha insegnato molto quando ero poco più che un apprendista in questo campo. Apprezzava molto la mia prontezza linguistica, la mia capacità di elaborare testi scritti o a voce in maniera molto rapida e coerente con il contesto o la richiesta. Era un uomo minuto, che amava il basso profilo, uno di quelli che si era fatto da solo: con una quinta elementare era arrivato ad essere HR Manager di una multinazionale da 13.000 dipendenti! Un giorno mi disse proprio così:

    «Enzo, tu sei un artigiano della parola»

    e da allora lo porto con me per il senso del “fare” che avvolge.

    Dove hai scoperto l’amore per il public speaking e la neurolinguistica?

    Parlo in pubblico, come racconto anche nel mio libro “Easy Public Speaking” edito da Zandegù, da quando il parroco dell’oratorio che frequentavo da piccolo mi affibbiò, letteralmente, il microfono e mi intimò di condurre la tombola natalizia che organizzava per i genitori e i nonni di noi ragazzi. Rimasi allo stesso tempo spaventato e affascinato da quella situazione che le circostanze mi hanno permesso di rivivere e riscoprire fino a quando ho deciso di frequentare corsi specifici. Tra questi, e non poteva essere altrimenti quando si ha a che fare con questa materia, ne ho seguiti parecchi sulla Programmazione Neurolinguistica e sull’applicazione dei linguaggi nei diversi contesti e attraverso i vari mezzi di cui disponiamo. È stata proprio l’acquisizione delle cosiddette competenze trasversali, le soft skills, a stimolare la svolta professionale verso la formazione e quindi, inevitabilmente direi, verso il mondo complesso ed affascinante delle Risorse Umane.

    Parlare in pubblico crea spesso qualche preoccupazione. Cosa serve per acquisire maggior sicurezza e consapevolezza?

    Serve innanzitutto uscire dal falso messaggio secondo il quale sia possibile gestire le emozioni, ansia e preoccupazioni comprese. Le emozioni, infatti, precedono dal punto di vista neurale qualsiasi approccio logico tentiamo di applicare. Inoltre, le stesse emozioni rappresentano il nostro vero “sé” la nostra natura, ed è quindi controindicato rinnegarla, magari fingendosi qualcun altro o qualcos’altro. Piuttosto, suggerisco ai miei corsisti di rivelare come si sentono e cosa provano in apertura di un discorso per liberare la tensione che avvertono e darle così una forma più empatica che le persone in platea accolgono con favore proprio perché, a parti invertite, avvertirebbero le medesime sensazioni! Più in generale, teniamo bene a mente che si tratta di un’esperienza già fatta chissà quante volte da piccoli, a scuola, in famiglia o tra amici.

    Che ruolo hanno le emozioni in una interazione?

    Le emozioni sono il sale di qualsiasi interazione. Dal punto di vista semantico le parole “emozione” e “motivo” hanno la stessa base: si parla di qualcosa che viene da dentro ed esce, naturalmente e spontaneamente, in tutti e tre i livelli della comunicazione umana. Il nostro linguaggio del corpo, la nostra voce e le nostre parole sono lo specchio fedele di ciò che stiamo provando, del “cosa” stiamo dicendo alla persona davanti a noi e di ciò che le arriva per primo, ovvero il “come”. Un buon livello di consapevolezza emotiva, che chiunque può allenare o approfondire, è la premessa indispensabile per avere interazioni efficaci, in grado di portare beneficio ai diversi attori sul palco e di conseguenza all’intera organizzazione.

    A tuo avviso come si coniugano la neurolinguistica e il public speaking con le Risorse Umane?

    Per rispondere alla tua domanda, basterebbe pensare alle riunioni interne in cui siamo chiamati a presentare un progetto o quando dobbiamo negoziare con altre figure un accordo, una soluzione o un possibile compromesso. In questi casi e in tutte le interazioni possibili entrano in gioco abilità relazionali come l’ascolto attivo, le domande aperte e chiuse, i feedback di qualità, l’utilizzo di parole assertive che sostituiscano tutti quei vizi verbali che ci portiamo dietro come un fardello, la calibrazione e il modellamento dei linguaggi nel rispetto della personalità propria e altrui, i toni di voce empatici, una prossemica adeguata, la lettura del linguaggio non verbale di chi abbiamo di fronte e la gestione corretta del nostro.

    Chi si occupa di Risorse Umane è in una condizione di costante scambio perché riceve tantissime informazioni e richieste che deve rielaborare costantemente in funzione della specificità della persona o delle persone con cui si confronta. Inoltre, ha una molteplicità di livelli di interazione visto che il ruolo fa da trait d’union tra posizioni apicali e secondarie, tra manager e i più svariati livelli gerarchici. Diventa quindi indispensabili possedere quell’ampiezza espressiva, quella cassetta degli attrezzi relazionale dalla quale prendere la chiave di interpretazione corretta di ciò che arriva e di ciò che più funzionale restituire. Questo può accadere sia in dinamiche one-to-one e sia in una riunione. In questo secondo caso è auspicabile avere competenze retoriche adeguate a farsi comprendere, apprezzare e, perché no? seguire visto che alla figura di speaker associamo istintivamente quella di leader in una dinamica che ha radici etologiche prima ancora che antropologiche.

    Sei co-fondatore di Speaker Social Club, un gruppo Facebook dove poter migliorare le proprie competenze nel public speaking. Da dove nasce l’idea? Chi può accedervi?

    Un gruppo Facebook che in realtà nasce su… LinkedIn! Eh sì, perché il bello di LinkedIn, se vi si approccia correttamente e lo si frequenta nell’ottica della divulgazione e dello scambio di contenuti di valore, è la quasi matematica certezza di intercettare professionalità e occasioni che altrove non troveremmo. A me è capitato: un giorno Antonella Brogi, quella che sarebbe diventata nel breve volgere di qualche settimana la mia #partnerincrime, mi manda un messaggio nel bel mezzo della piena pandemia, ci vediamo in una delle tantissime call che abbiamo fatto all’epoca e partiamo con il progetto Speaker Social Club. In pochi mesi abbiamo prima creato uno spazio dove imparare a parlare con e per il pubblico grazie innanzitutto a un test che permette di comprendere subito quale dei tre percorsi disponibili è il più adatto alle proprie esigenze; poi abbiamo accolto e stiamo accogliendo le curiosità, i video e le richieste di chi ha chiesto e ci chiede di entrare nel gruppo Facebook, un gruppo esclusivo e non escludente come ci piace definirlo, facendone semplicemente richiesta; inoltre, aperto un profilo Instagram dove carichiamo contenuti brevi sì, ma di facile ed immediata applicazione; infine, non poteva essere altrimenti, siamo tornati dove tutto era partito, su LinkedIn, con un profilo in cui divulghiamo contenuti più articolati e anche più sfidanti. Il tutto, ovviamente, rigorosamente targato e in stile Speaker Social Club!

    Quali sono gli aspetti dell’essere un formatore che ti motivano maggiormente?

    C’è un aspetto, oserei dire l’aspetto per antonomasia: la Persona (e la maiuscola non è un errore di battitura!). Tutte le volte che entro in un’aula scolastica o aziendale, infatti, il mio obiettivo è uno: migliorare l’autoconsapevolezza degli individui e delle organizzazioni partendo proprio dalla Persona, dalle sue esigenze e dal suo desiderio di miglioramento. Senza la Persona non c’è prodotto o strategia che tenga e senza miglioramento dell’individuo non c’è miglioramento sistemico del gruppo, piccolo o grande che sia.

    Un libro da leggere almeno una volta nella vita.

    Accidenti, solo uno? Va bene! Allora, suggerisco un grande classico che forse abbiamo letto da piccoli, ma che letto da adulti ci dà tutta un’altra visione della vita e del mondo: Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Un libro, peraltro, lungo il quale l’autore dissemina perle di neurolinguistica che ancora oggi mi chiedo se conoscesse o meno!

    Iara Cantarutti, HR Manager Ergon Group per Giada's Project

    Cosa significa essere HR Manager oggi? -Intervista a Iara Cantarutti, HR Manager di Ergon Group

    Ciao Iara, bentrovata e grazie per la tua disponibilità. Vista la tua lunga ed importante esperienza nel settore delle risorse umane, mi piacerebbe sapere cosa ti ha spinta ad avvicinarti a questo ambito fino a diventare HR Manager.

    Ciao Giada, per me è un onore essere una delle tue testimonial del nuovo blog incentrato sulle risorse umane, grazie per il coinvolgimento! Complimenti per l’iniziativa, è importante dar voce a questo pezzo di mondo (quello HR) che spesso ancora non viene valorizzato come invece si dovrebbe. Inizio a rispondere alla tua intervista tuffandomi nel passato per riemergere nel presente!

    Quando e perché è scattata la scintilla? Al terzo anno di università per caso (oggi aggiungo anche “per mia fortuna “!). Nella lunga lista degli esami facoltativi individuo quello di diritto del lavoro, mi dico “sarà noioso da paura ma proviamoci, può sempre tornare utile avere una base giuslavorista quando prima o poi entrerò nel mondo del lavoro”, lo frequento tutt’un fiato e mi si illumina la strada verso il futuro. Finalmente avevo capito quale volevo fosse la mia dimensione lavorativa: le Risorse Umane! Il mondo del lavoro stava attraversando un momento di passaggio e la figura dell’HR come la intendiamo oggi era ancora un miraggio.

    Dopo tre anni di lavori precari e di fatto “tampone” perché, seppur formativi, non rispecchiavano esatta il mio sogno, sono finalmente approdata in Agenzia per il Lavoro. Non mi poteva capitare occasione migliore per costruirmi una panoramica HR più completa e complessa di questa. Ovviamente grazie Maw per avermi dato la fiducia (la mia esperienza era zero assoluto) e l’opportunità di lavorare imparando ed aggiungo pure divertendomi!

    Dopo oltre 11 anni presso un’agenzia per il lavoro, MAW, sei diventata HR Manager di Ergon Group. Com’è stato il passaggio? Quali sono state le grandi differenze, ma anche le similitudini che hai riscontrato?

    Ad inizio 2022 ho sentito dentro di me una forte necessità di costruirmi una specializzazione attraverso un percorso crescita professionale orientato al mondo Azienda. Non è stato semplice maturare questa consapevolezza perché significava tagliare il cordone ombelicale con Maw e soprattutto allontanarmi dalle persone facenti parte dei Team che gestivo, che negli anni avevo selezionato, fatto crescere e creato con loro una famiglia lavorativa. Elaborato questo stato d’animo, a febbraio mi sono candidata all’annuncio di Ergon Group, inizialmente senza farmi molte illusioni in quanto il mio profilo era molto carente delle competenze tecniche richieste. Subito invece vengo contattata e dopo due lunghissimi mesi di selezione, a cui mi sono aggrappata con tutta me stessa perché fin dal primo colloquio avevo sposato vision, mission e valori di Ergon, sono finalmente entrata a far parte di questa nuova famiglia. Nella ricerca di una nuova opportunità lavorativa per me era fondamentale condividere questi tre principi cardine poiché considero il lavoro parte integrante della mia vita, nella mia azienda devo potermi sentire me stessa, esprimere i miei principi, sentirmi parte integrante dell’organizzazione e sposarne il pensiero che sta alla base del vivere quotidiano.

    Iara Cantarutti, HR Manager Ergon Group per Giada's Project
    Iara Cantarutti, HR Manager Ergon Group per Giada’s Project

    Differenze tra le due esperienze? Ce ne sono eccome! E sono quelle che mi regalano tantissimi stimoli. Intendo: organizzazione chiara (esiste un organigramma dettagliato!! Scusa Giada l’entusiasmo ma ho imparato da pochi mesi a non dare nulla per scontato, nemmeno l’ABC!), job title coerenti con livelli e responsabilità, mansionari, procedure aziendali rilasciate dall’organo preposto della qualità, sono alcuni esempi. Se vogliamo parlare del mio ruolo, ricoprendo la funzione di HR la mia mission è mettermi a disposizione dei colleghi occupandomi (e preoccupandomi) della loro felicità lavorativa. Potrebbe sembrare banale?? Fidati che non lo è, per nulla, perché significa intraprendere ogni giorno azioni, non sempre facili, e prendere decisioni delicate ma necessarie per rispondere a tutte le loro necessità. Quindi fammi dire che fa la differenza che ci sia o non ci sia questa funzione in azienda! Soprattutto in una azienda di medie dimensioni.

    Purtroppo, nella mia esperienza precedente l’assenza di questo ruolo e la mancanza di un piano strategico HR li ho sofferti parecchio. Traggo la conclusione che non è né la dimensione né il fatturato di una azienda che rende più appetibile una esperienza lavorativa rispetto ad un’altra, soprattutto nel contesto storico attuale. Le persone oggigiorno pesano maggiormente il coinvolgimento nelle scelte aziendali, l’ascolto da parte della Direzione, la chiarezza di ruolo, e non in ultimo un percorso di crescita trasparente e coerente con le proprie aspettative.

    Similitudini riscontrate fra le due realtà francamente poche poiché riflettono logiche e culture molto diverse.

    A tuo parere, quali sono le caratteristiche essenziali che un HR manager deve avere?

    Ho intrapreso da poco questa nuova esperienza in questo ruolo quindi non posso considerarmi un guru! Ma avendo conosciuto tantissimi HR manager in questi ultimi 12 anni sicuramente posso affermare che alla base deve esserci una forte capacità di visione d’insieme. Mi spiego: l’HR manager deve avere piena cognizione e padronanza del business aziendale poiché è questo che successivamente guida le scelte anche in ambito HR.

    Se parliamo di soft skills, sicuramente è importante un buon mix di ascolto e mediazione, oltre che una spiccata dote di sensibilità nel captare quotidianamente gli stati d’animo dei componenti dell’organizzazione al fine di trovare un buon compromesso tra obiettivi individuali e obiettivi aziendali. Gli imprenditori se vogliono aver realmente successo devono cedere di fronte all’evidenza che l’HR manager è una funzione di staff essenziale e strategica. Ed anche “chi” la ricopre fa la differenza, la passione per questo mestiere è l’ingrediente principale. Ricordiamoci inoltre che la partita si vince o si perde in funzione delle spiccate capacità dei singoli componenti della squadra ma anche della bravura dell’allenatore nel compiere le scelte giuste!

    Hai un mantra o una frase che guida il tuo lavoro e le tue giornate?

    Mi piace ricordare questa citazione di H. Ford:

    𝒫𝓊𝑜𝒾 𝒻𝒶𝓇𝑒 𝓆𝓊𝒶𝓁𝓈𝒾𝒶𝓈𝒾 𝒸𝑜𝓈𝒶 𝓈𝑒 𝒽𝒶𝒾 𝑒𝓃𝓉𝓊𝓈𝒾𝒶𝓈𝓂𝑜. ℒ’𝑒𝓃𝓉𝓊𝓈𝒾𝒶𝓈𝓂𝑜 𝑒̀ 𝒾𝓁 𝓁𝒾𝑒𝓋𝒾𝓉𝑜 𝒸𝒽𝑒 𝓅𝑒𝓇𝓂𝑒𝓉𝓉𝑒 𝒶𝓁𝓁𝑒 𝓉𝓊𝑒 𝓈𝓅𝑒𝓇𝒶𝓃𝓏𝑒 𝒹𝒾 𝑒𝓁𝑒𝓋𝒶𝓇𝓈𝒾 𝒻𝒾𝓃𝑜 𝒶𝓁𝓁𝑒 𝓈𝓉𝑒𝓁𝓁𝑒. 𝒞𝑜𝓃 𝑒𝓈𝓈𝑜, 𝒸𝒾 𝓈𝑜𝓃𝑜 𝓁𝑒 𝓇𝑒𝒶𝓁𝒾𝓏𝓏𝒶𝓏𝒾𝑜𝓃𝒾. 𝒮𝑒𝓃𝓏𝒶 𝒹𝒾 𝑒𝓈𝓈𝑜 𝒸𝒾 𝓈𝑜𝓃𝑜 𝓈𝑜𝓁𝑜 𝒶𝓁𝒾𝒷𝒾.” 

    Quali sono gli aspetti più positivi del ruolo di HR manager? Quali invece quelli più complessi?

    L’aspetto estremamente positivo in primis è il contatto diretto con la Direzione, questo permette all’HR manager di essere parte attiva ed integrante di tutti i processi aziendali, di avere un confronto immediato con la Direzione che ha come diretta conseguenza l’eliminazione del rischio di incagliarsi nei passaggi di mezzo, di poter essere artefice del cambiamento e dell’evoluzione dell’azienda, di portare l’azienda a crescere in termini di fatturato attraverso le competenze delle proprie persone.

    Le complessità del ruolo di HR manager derivano spesso dal fatto che nasce come funzione collante fra i diversi stakeholder dell’organizzazione, e come tale deve garantire un bilanciamento perfetto fra le scelte della Direzione e le necessità dei singoli componenti attraverso un ascolto molto attento di tutte le voci a garanzia di un beneficio ad ognuno di essi.

    Cosa consiglieresti ad una persona che vorrebbe approcciarsi al mondo delle risorse umane?

    Quando in Maw sostenevo i colloqui di selezione dei miei futuri collaboratori trasferivo loro sempre un messaggio ben preciso: questo lavoro non è adatto a tutti, come si è soliti pensare. Sembra così semplice dall’esterno! L’HR riceve CV, li legge, convoca i candidati e li valuta a colloquio, li assume. Passaggi che può fare chiunque, si è portati a pensare! Non è assolutamente così.

    Ad oggi ancora non c’è una vera e propria Laurea in HR, ci sono lauree umanistiche affini che possono fungere da base. Quindi le competenze specifiche del ruolo si possono acquisire sul campo (come è successo a me) oppure attraverso successivi Master in ambito HR. Ma ciò che realmente fa la differenza tra un bravo HR ed uno che lo prende come un lavoro qualunque è la grande passione per questo magico mondo! Quindi consiglio sicuramente, se c’è anche mezza propensione, di provarci, con la consapevolezza che in itinere ci si può rendere conto che sarà il lavoro della vita oppure (senza colpevolizzarsi) che sarà meglio intraprendere un’altra strada e di certo non casca il mondo.

    Lavorare nel mondo HR è una vocazione e come tale prevede una dedizione 100% in termini di energie profuse verso il prossimo, anche oltre il canonico orario lavorativo.

    Si parla spesso di social recruiting. Qual è la tua esperienza con i social e quali secondo te sono i migliori in questo momento?

    Non mi sento molto confidente con il mondo social, mi definisco infatti una boomer per utilizzare un termine contemporaneo! Però mi sento di sponsorizzare LinkedIn come veicolo per reclutare candidature interessanti (tra l’altro l’esperienza personale ne conferma l’efficacia in quanto mi ha aiutata a trovare questa opportunità in Ergon Group). Spero che il buon senso di ognuno di noi ci aiuti a non traghettare questo social verso la decadenza… abusandone e riducendolo a vetrina per tematiche non inerenti al mondo del lavoro.

    Grazie di cuore Giada per avermi dato l’opportunità di condividere la mia esperienza e spero di aver regalato emozioni positive ed ispirazione a chiunque sia in questo momento in procinto di intraprendere un percorso nelle Risorse Umane!

    Grazie a te Iara, penso tu l’abbia fatto.

    Alla prossima intervista di Giada’s Project.

    Maria Micoli per Giada's Project

    Recruiting 4.0, Orientamento e Instagram – Intervista a Maria Micoli

    Ciao Maria, grazie per il tuo tempo che mi hai dedicato in mezzo alle tue tante attività. Raccontaci un po’ chi è Maria Micoli, dai suoi inizi ad oggi.

    Se penso agli inizi mi viene in mente il mio 3° anno di Liceo Classico. Avevo scelto il liceo un po’ come accade a tanti: su suggerimento dei professori che ritenevano io fossi portata per le materie umanistiche e che una formazione di questo tipo sarebbe stata più completa. Vero, ma non del tutto perché non amavo materie come il latino e il greco. I primi anni non sono stati per nulla facili ma è proprio durante il terzo anno che queste difficoltà sono diventate una vera e propria crisi esistenziale.

    Non mi sentivo nel posto giusto, non avevo voglia di andare a scuola, uscivo di casa al mattino e piuttosto passavo la giornata a casa dei miei nonni, il rapporto con i compagni di classe e gli insegnanti era teso, il mio impegno era pari a 0. E non poteva essere altrimenti visto che ero costretta a studiare qualcosa che non mi piaceva. Molti miei compagni avevano lo stesso problema e preferivano resistere, proseguire, arrivare alla fine per paura soprattutto di parlarne con la propria famiglia.

    Le aspettative sono sempre molto alte nei confronti di noi giovani e un dietro-front pensiamo sempre possa deludere gli altri e ci dimentichiamo di quello che vogliamo noi. Per fortuna, invece, io ho deciso di parlarne.

    La mia famiglia ha compreso questo mio disagio ed è stata molto accogliente nei confronti di una sofferenza che era diventata, nel frattempo, così evidente da influenzare la mia vita di tutti i giorni.

    Di comune accordo, quindi, ho deciso di abbandonare la scuola e prendermi quello che oggi chiamiamo GAP YEAR, un periodo di pausa che però può essere riempito di esperienze e soprattutto di tempo per capire cosa fare davvero della propria vita lavorativa (e non solo). Era quello che mi serviva: tempo. Quello che nessuno ti concede perché viviamo in una società che ci impone di prendere in fretta una decisione che dovrà dar forma alla nostra carriera lavorativa e quindi alla nostra vita.

    Ma quanti di noi a quell’età hanno il giusto grado di maturità per poter fare una scelta consapevole? Con il senno di poi, posso dirti che davvero in pochi sanno che direzione prendere e la stessa cosa accade anche dopo il diploma e dopo l’università. Il motivo? In Italia l’orientamento è qualcosa di ancora sconosciuto.

    Ma torniamo a noi. Quella pausa era davvero quello di cui avevo bisogno. Sono ripartita da me e dai miei interessi e grazie a questi ho trovato me stessa. Fino a quel momento avevo divorato libri e libri di psicologia. Mi sono quindi iscritta al liceo socio-psico pedagogico e da lì non ho mai più avuto dubbi.

    Maria Micoli per Giada's Project

    Come ti sei avvicinata al mondo delle risorse umane?

    Con la scelta del nuovo liceo avevo ben chiara la mia strada. Terminato, infatti, mi sono iscritta a Scienze e Tecniche Psicologiche dove ho scoperto Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni attraverso alcuni esami. Ho iniziato un approfondimento personale e questo mi ha portato ad individuare le Risorse Umane come la parte più strategica all’interno delle organizzazioni. Da quel momento in poi il mio destino era praticamente già segnato. Avevo deciso che mi sarei specializzata in questo e ne avrei fatto il mio futuro professionale.

    Comunichi molto sia su LinkedIn che su Instagram. Quali sono le grandi differenze che riscontri tra le due piattaforme in termini di linguaggio, pubblico, contenuti e quali invece le somiglianze?

    Rispetto ad altri social le conversazioni su Linkedin sono più limitate ma è un’ottima piattaforma per creare delle discussioni interessanti per il pubblico in target che scegliamo e, strategicamente, lavorare per ampliare il proprio network.

    IG, invece, è diretto e informale. C’è Maria nella sua veste di Recruiter ma anche nella vita di tutti i giorni. Mi racconto ormai apertamente alla mia community attraverso le stories o IGTV portando anche il mio percorso di vita.

    Infondo, ho solo una decina di anni in più rispetto al mio pubblico, ho vissuto e superato le stesse difficoltà e incertezze, ancora tutt’ora, e mi piace raccontarlo.

    Da dove nasce recruiter.life?

    Recruiter Life nasce nell’aprile del 2018. Ero alla mia seconda esperienza lavorativa e con la mia collega senior (diventata poi un’amica) ci divertivamo a riprendere i momenti più belli della nostra recruiter life. Creai una cartella in evidenza sul mio profilo IG personale, chiamandola propri così, e con il tempo ho iniziato a sentire il bisogno di condividere la mia vita da Recruiter con più persone con lo scopo di fare informazione e trovare un punto di contatto tra selezionatori e candidati che non sempre si comprendono. Nel gennaio 2021 tutto questo diventa il mio attuale profilo IG seguito da + 10k followers.

    Da quest’anno hai aggiunto un ulteriore tassello alla tua carriera, diventando docente del Master Job Farm. Complimenti! Come sta andando questa esperienza? Quali sono le materie che insegni?

    Ti ringrazio tantissimo! Devo dire che quest’anno è stato pieno di soddisfazioni. Attualmente ho un lavoro a tempo pieno da dipendente, sono una libera professionista e ora anche una docente. Allo stato attuale, siamo nella fase di progettazione e definizione del modulo che ho scelto: Social & Digital Recruiting. Non potevo occuparmi di qualcosa di diverso considerando che negli ultimi anni, a livello formativo e professionale, mi sono specializzata in quello che chiamiamo Recruiting 4.0.

    Il Marketing e la Comunicazione hanno infatti cambiato il mondo delle risorse umane ed è importante capirne le logiche e gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione. Il Master comunque partirà ad ottobre, al rientro dalle vacanze condividerò tutti i dettagli sui miei social.

    Cosa ti ha spinta a diventare freelance?

    La necessità di dedicarmi ai ragazzi. Come libero professionista, infatti, mi occupo di orientamento e fornisco consulenze personalizzate. Come raccontavo prima, attraverso la mia storia, l’orientamento scolastico e lavorativo è fondamentale ma è qualcosa di ancora poco applicato al nostro sistema scolastico. Di conseguenza, figure come la mia possono essere un punto di riferimento per i giovani che si approcciano al mondo del lavoro o che semplicemente non hanno ancora le idee chiare e, per questo motivo, hanno bisogno di essere guidati. In consulenza io faccio proprio questo: prendo per mano la persona, il suo obiettivo diventa il mio, e lavoriamo insieme per i risultati che abbiamo convenuto insieme.

    Inoltre, mi permette di instaurare e seguire altre attività collegate alla formazione su temi legati all’ambito HR oppure su curriculum, ricerca di lavoro, orientamento e carriera.

    In tutto quello che fai traspare la passione per il tuo lavoro. Tra i tanti aspetti positivi che può avere, qual è quello che ti affascina e motiva di più?

    Lasciare il segno nella vita delle persone. Che sia il ricordo di una selezione o di un percorso di orientamento nel mio lavoro si creano rapporti che durano nel tempo. Sento ancora tutt’ora, ragazzi e ragazze che ho inserito nel mondo del lavoro quando io ho iniziato la mia carriera nelle risorse umane ed è bellissimo vederli crescere, diventare dei professionisti e rimanere, per loro, un punto di riferimento. Questo è il bello del mio lavoro.

    Ci racconti qualcosa in più su due dei tuoi progetti: ORIENTIAMOCI e #dallapartedelcandidato?

    Orientiamoci è il nome che ho scelto per la mia community di IG. La nostra community è aperta a chi vuole saperne di più sul mondo del lavoro, per chi è confuso e/o disorientato, per chi cerca il suo primo impiego, uno stage curriculare o una tesi in azienda, per chi vuole orientarsi nella variegata offerta formativa di scuole, università e corsi.  Il confronto con me e gli altri della community permette di accedere ad una maggiore conoscenza, consapevolezza e comprensione del mondo del lavoro con un focus sul mondo STEM, DIGITAL, SAP e HR.

    #dallapartedelcandidato l’ho ideato, invece, per veicolare in modo chiaro i miei contenuti sui social. In un mondo in cui tutto sembra ruotare contro le nuove generazioni a causa della pandemia, della disoccupazione, delle aspettative e pressioni che il sistema ci impone volevo far capire che c’è qualcuno dalla loro parte. Ed eccomi qui, dalla parte del candidato.

    Grazie Maria per aver condiviso con me i tuoi brillanti progetti e per aver approfondito tematiche non scontate come il Recruiting 4.0, l’orientamento e le potenzialità date da Instagram. Tienici aggiornati sugli sviluppi!

    Alla prossima.

    Giada’s projet

    Se invece vi siete persi l’intervista precedente la trovate qui.

    Giuseppe Malandrino per Giada's Project

    Ironia, empatia e personal branding – Intervista a Giuseppe Malandrino di Diversey

    La prima intervista di Giada’s project – Intervisti a professionisti ed esperti delle HR e non solo – ha come protagonista Giuseppe Malandrino, Senior Recruiter – RPO EMEA Diversey.

    Giuseppe Malandrino per Giada's Project

    Senza dilungarmi troppo, direi di partire e lasciare direttamente la parola a Giuseppe.

    1. Ciao Giuseppe, innanzitutto grazie per la disponibilità e complimenti per la tua carriera. Virgin Active, Amazon, Gi Group, fino ad arrivare a Korn Ferry sono solo alcune delle esperienze professionali che hai avuto. Come si suol dire: tanta roba! Ci racconti qualcosa in più sulla tua storia, da dove sei partito, come sei cresciuto e dove sei oggi.

    GM: Lette così sembro uno importante – da fuori le cose fanno sempre un altro effetto immagino… Però grazie! Vediamo, sono nato, cresciuto e partito da Bolzano, città che grazie al suo bilinguismo mi ha insegnato la fortuna della diversità ed il rispetto delle regole.

    Ho poi girato parecchio: Firenze, Prato, Grosseto, Milano e Torino sono le principali città dove ho vissuto. In qualcuna per studio, altre per sport (ho giocato a calcio a 5 per anni ad un buon livello) altre per lavoro.

    Torino per scelta. Ho svolto qui la specialistica in psicologia e me ne sono innamorato. Ricordo ancora quella domenica in cui, ormai stabili a Bolzano con la mia compagna palermitana, abbiamo visto credo un reel su Torino: magone.

    Dopo tre anni di sacrifici tra cui due master e un lavoro a Milano siamo riusciti a tornare, mollando tutto per niente di certo – pensa che ho lasciato un lavoro fatto e finito come psicologo (a Bolzano sanità e terzo settore funzionano) per uno stage a Milano a 31 anni! Sono sempre stato uno che se nelle cose ci crede si entusiasma facilmente…3 anni in un monacale a Corsico con la mia compagna a Torino. Non facilissimo.

    Ma era il nostro sogno tornare. E adesso siamo qui in tre.

    2. Una domanda che faccio sempre: Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo delle Risorse Umane?

    GM: Un’intuizione della mia compagna: al tempo lavoravo tanto con i ragazzi – comunità, progetti individualizzati, supplenze, sportello psicologico… Ero sempre in tuta.

    Un giorno, tornando a casa mi fa: “Giù, non ti vedo felice. A te piace la sartoria napoletana e sei sempre in tuta. Perché non ti fai un master e te ne vai in azienda.” Un’epifania. E detto da lei mi è sembrato possibile…

    Diciamo che mi aiuta a scoprirmi ogni giorno.

    3. Ti seguo da tempo e penso di non essere l’unica a adorare quel mix di competenza, ironia ed empatia che lasci trasparire. Sei sempre stato così?

    GM: Ci credi che mi stupisco sempre quanto ricevo apprezzamenti di questo tipo?

    Intanto ti ringrazio; competente sicuramente no; frasi fatte a parte ci sono parti del mio lavoro che letteralmente adoro, come alzare il telefono e parlare con uno sconosciuto, dare un feedback, supportare. Se un’attività ti piace, ti prende, credo sia naturale sviluppare con l’esperienza una certa dose di competenza, ma credimi, ne devo mangiare ancora di pastasciutta!

    Ironia ed empatia invece mi sento di dirti che mi hanno accompagnato da sempre, alternati a momenti anche abbastanza bui; Alida (N.d.A. la compagna) dice che faccio come i cavalli: mi dimentico del buono e vivo a pieno il momento no come se fosse sempre (stato) così. Come i cavalli perché mi viene lo sguardo vacuo. Credo che empatia e ironia siamo in qualche modo legate a questo aspetto.

    4. Quali sono i must-have di un recruiter a tuo avviso?

    GM: Ma sai, per come la vedo io, ogni lavoro va interpretato e soprattutto non puoi esimerti dall’essere la persona che sei, prima del professionista.

    Io sono così sempre e la mia personalità si rispecchia nel lavoro. Probabilmente in un contesto altamente competitivo, focalizzato sul fatturato a scapito delle persone risulterei quanto meno inadatto.

    Per risponderti: per quanto mi riguarda empatia, trasparenza e affidabilità sono la base; il punto vero però è trovare un contesto dove le tue personali competenze/valori siano non solo apprezzate, ma utili.

    Ci sono recruiter con personalità, approcci e valori molto lontani da me che risultano benissimo in altri contesti.

    5. Quali sono le più grandi difficoltà che trovi o hai trovato facendo selezioni multilingue? Quali sono invece i pregi di non comunicare solo in italiano?

    GM: Banalmente, ci sono volte che qualche concetto ti sfugge, vuoi per la pronuncia, vuoi per la cultura di riferimento. Io chiedo sempre chiarimenti, senza timore di sembrare ignorante: si imparano un sacco di cose! Credo di aver risposto ad entrambe le domande…😅

    Ah, sono convinto anche che “switchare” tra più lingue tenga allenato il cervello, anche se ogni tanto sembra di averlo messo dentro il frullatore…

    6. Quanto conta avere una presenza online e curare il proprio personal branding sia lato recruiter che candidato?

    GM: È la base del marketing: puoi anche essere il candidato migliore del mondo, ma se nessuno sa che esisti…

    Ne parlavamo poco fa: io e te non ci siamo mai incontrati, eppure tu sei fatta un’idea abbastanza chiara di me grazie alla mia presenza qui. Oggi il contesto è questo; meglio o peggio non saprei. Io sono dell’idea che in generale è bene essere consapevoli, poi ognuno fa le sue scelte.

    7. Che consiglio daresti al te sbarbatello pronto ad iniziare il suo primo lavoro?

    GM: Mettici entusiasmo. Troppe volte ho avuto la conferma che fa la differenza…

    8. Da cosa e da chi ti lasci ispirare?

    GM: Dalla mia compagna- incontrarla è stata la fortuna più grande che abbia mai avuto, dalle passeggiate con la musica nelle cuffiette, dalle persone che osservo per ore seduto su una panchina, dal Valentino e da via Roma, dalla corsa, dalle culture nuove, dal mare, dalle storie.

    Grazie Giuseppe per la condivisione. Ci vediamo in rete.  

    Alla prossima intervista

    Giada(‘s project)

    microfono intervista hr giada's project

    A tu per tu con i professionisti delle HR e non solo: Giada’s project

    Giada’s project. Per ora è questo il nome che ho dato al progetto che voglio mettere in capo da qui alle prossime settimane. Di che cosa si tratta? Vorrei dar vita a una serie di brevi interviste ad esperti e professionisti delle Risorse Umane e non solo. Poi magari, sì, trovo un nome migliore, meno inglese, con meno ricordi al film The Adam project, ma per il momento va bene.

    Da dove nasce l’idea

    Ho sempre voluto creare qualcosa di mio, così come poter essere di aiuto agli altri. Non perché pensi di avere la realtà in tasca, ma perché quando ti senti utile e quando doni qualcosa agli altri, quello che ti torna è molto di più di quello che hai dato.

    Come recitava la copertina del numero di giugno di DdP – Direzione del Personale

    non è più il tempo di personalismi: il leader di oggi si mette a disposizione della collettività, favorisce la condivisione e sa fare un passo indietro, se necessario’.

    Attualmente ho quasi terminato il Master in Gestione delle risorse umane ed organizzazione del lavoro presso l’Università degli studi di Udine e lavoro come HR Generalist presso il Gruppo Chiurlo, occupandomi oltre alla ricerca e selezione e supporto nella gestione del personale, anche di formazione, comunicazione interna ed employer branding.

    L’ambito HR come quello della comunicazione e divulgazione mi appassionano molto, avendo anche avuto un passato nel marketing. Così ho pensato a come poter coniugare i due lati, con un tocco personale e creativo… Et voilà. Ecco che la bozza informe dietro a Giada’s project ha iniziato a prendere man mano forma.

    Il perché di queste interviste in ambito HR e non solo

    Ma qual è l’obiettivo di queste interviste? Il mio desiderio è quello di condividere qualche spunto per chi si affaccia al mondo delle risorse umane, vi opera già o ne è appassionato.

    Punto a raccontarne la storia ed il percorso professionale delle diverse figure che intervisterò, conoscerne i differenti tipi di approccio, così da poter magari imparare dalle esperienze altrui e/o conoscere altre persone con le quali condividere un interesse, ma anche una passione.

    Questo anche per mostrare che non tutti i percorsi sono lineari e per offrire punti di vista differenti.

    Chi saranno le persone che andrò ad intervistare? Tante e varie. Da HR Manager, a esperti nel settore della formazione, a consulenti, a specialisti di grandi e piccole realtà, provenienti da settori differenti tra loro. La mia idea e speranza è quella di continuare nel tempo e di offrire delle possibilità di sinergia, condivisione e di aiuto a chi leggerà questi brevi scambi.

    Ora basta parlare e iniziamo a scrivere. La prima intervista uscirà a breve.

    Se avete qualche nominativo da suggerirmi ben venga, ditemelo pure! Se avete qualche commento, critica, suggerimento o curiosità, anche 😉

    A presto Giada

    serpente con topo in bocca

    Come non farti mangiare dal mondo del lavoro

    Sei alla ricerca di un lavoro oppure vorresti cambiare quello attuale? Vorresti dare una svolta alla tua carriera professionale in questo 2022? Inviare il tuo CV a chiunque come una mitraglia non è la migliore delle idee. Sì, certamente qualche risposta può arrivare, ma spesso finiscono per non essere allineate con quello che vorresti.

    Non ho tutte le risposte e, probabilmente, nessuno le avrà mai. Vorrei solo condividere con te qualche attività da fare per migliorare la tua ricerca, agevolare il tuo percorso verso la prossima tappa lavorativa senza farti mangiare dal mercato e dal mondo del lavoro.

    Allora partiamo!

    Tieni aggiornato il tuo CV

    Essere sul pezzo è importante. Quando ti candidi a un’offerta di lavoro o invii il tuo CV, fai attenzione al tuo curriculum. È essenziale che sia aggiornato all’ultima esperienza significativa. Evita di inviare una copia del 2017, perché da allora magari non ha più cambiato lavoro e hai lavorato sempre all’interno della stessa realtà, oppure con errori, un indirizzo sbagliato, il tuo numero di telefono vecchio oppure senza l’ultimo corso fatto. Potresti perdere un’opportunità. Qui trovi qualche suggerimento da cui prendere spunto per la scrittura del tuo CV.

    Formati e resta aggiornato

    Approfitta del tempo che hai a disposizione non soltanto inviando candidature, ma anche per formarti ed aumentare le tue conoscenze e competenze. Esistono moltissime piattaforme free e a pagamento per approfondire diverse tematiche. Qualche esempio? Coursera, Learnn, Carriere.it, Udemy, i corsi offerti da Google… Da un lato ti tieni aggiornato, dall’altro mostri voglia di fare ai selezionatori, qualità molto apprezzata.

    Networking per trovare lavoro e non solo

    Molte volte il lavoro (dicasi lo stesso per stage e tirocini) si trova tramite passaparola o grazie alle condivisioni di un post di qualcun altro. Cura la tua rete di relazioni, sia online e social es. LinkedIn, che offline. Potresti trovare l’occasione che fa al caso tuo, scoprire l’azienda giusta per te, leggere una notizia curiosa o venir a conoscenza di un’attività, evento, seminario da non perdere.

    Capisci che lavoro vuoi fare e muoviti di conseguenza

    Non sparare nel mucchio. Inutile candidarsi a un’offerta disallineata per mansione o località. Perderesti tempo tu e faresti perdere tempo a chi riceve la tua candidatura. Cerca invece di focalizzarti su quello che ti piace e che desidereresti fare da qui ai prossimi anni. Se non trovi offerte in quell’ambito, invia delle candidature spontanee, possibilmente corredate da una lettera motivazionale o di presentazione. Cosa scriverci dentro? Chi sei, cosa sai fare, perché ti candidi, cosa ti differenzia e cosa porteresti all’azienda se scegliessero te.

    Attiva i job alert

    Sfrutta i job alert per ricevere le ultime offerte collegate ad una data keyword o area geografica, restando così sempre aggiornato. Indeed, Linkedin e moltissime altre piattaforme lo fanno.

    Segui le pagine delle aziende di tuo interesse

    Sei interessato ad una data azienda o settore? Potrebbe essere una buonissima idea seguire le pagine social dedicate, sia per essere aggiornato sulle ultime novità, ma anche perché, molte volte, tra le varie notizie, ci sono anche post collegati a ricerche di lavoro attive, partecipazioni a fiere del lavoro e altro. Oltre a seguire i profili social, anche l’iscrizione alle newsletter è un’ottima idea.

    Hai qualche altro consiglio?

    Buona fortuna, buona ricerca e buon anno!

    Alla prossima.

    punti di domanda

    Come scrivere un CV: attenzione a questi 5 punti

    Scrivere il proprio CV non è sempre una passeggiata. A volte non sappiamo cosa dire, altre volte abbiamo fin troppo da scrivere e, se lo spazio finisce, è un problema. Tutte le esperienze sono importanti o solo alcune? Su quali competenze focalizzarsi? Le domande in merito al tema CV sono infinite.

    Oggi vorrei focalizzare l’attenzione su 5 punti critici da tenere in considerazione quando ci si accinge a scrivere il proprio CV o anche solo ad aggiornarlo o aggiustarlo.

    Pronto/a? Andiamo!

    1. Il tuo CV è chiaro e facilmente leggibile?

    Usa un carattere semplice e professionale, evita cose troppo azzardate (magari se sei grafico o in altri lavori viene apprezzata la creatività e conta molto di più il portfolio del CV, in altri casi invece è meglio optare per un font neutro e pulito). Occhio anche alla grafica, soprattutto ora che si tende spesso a personalizzare il proprio CV con Canva e strumenti simili, fai attenzione ai colori utilizzati, ai contrasti (es. scrivere in rosso su uno sfondo verde non è proprio la migliore delle idee), alla struttura nel suo complesso, se troppo complicata o ricca di dettagli appesantisce il tutto e rende più difficile la comprensione. Ricordati che il troppo stroppia e affatica.

    2. Occhio ai refusi

    Errare è umano, ci mancherebbe. Però è sempre meglio rileggere il proprio CV prima di inviarlo o caricarlo su qualche piattaforma. Affermare di essere attento/a ai dettagli e lasciare vari refusi lungo il testo non gioca a tuo vantaggio. Purtroppo spesso l’occhio cade proprio sullo sbaglio o sulla mancanza.

    Ti consiglio quindi di rileggerlo, magari dopo esserti staccato dallo schermo per un po’ oppure stampandone una copia. Se puoi, fallo leggere a una persona esterna che non l’ha mai visto, certamente ai suoi occhi appariranno cose non più visibili ai tuoi, ormai assuefatti.

    3. Rinomina il tuo CV in modo semplice e chiaro

    MioCV, ultima modifica, file 0001, copia di copia cv mio, ecc. possono essere parlanti per noi, per chi riceve un file del genere un po’ meno. Mantieni le cose semplici ed evita di creare confusione: rinomina il file in un modo chiaro, per evitare fraintendimenti. Qualche esempio? CV Nome Cognome, Curriculum Vitae Nome Cognome, CV N. Cognome.

    4. Inserisci una foto professionale

    La foto nel CV non è obbligatoria anche se è data per scontata e spesso viene richiesta. Una immagine del candidato/a aiuta la memoria visiva, è molto più facile infatti ricordarsi di un volto o associare un profilo a una foto. Attenzione però a che foto usi. Pensa sempre che deve rappresentare il/la professionista che sei. Quindi duck face, foto alla sagra della birra, con occhiali da sole, sfondi ambigui, teste mozzate è meglio usarli altrove e non sul CV.

    5. Sii breve. Il CV non è la tua autobiografia.

    Evita i muri di testo, non stai scrivendo il libro della tua vita o la Divina Commedia 4.0. Sii sintetico/a, focalizzati sui dettagli principali, senza diventare prolisso/a. A nessuno piacciono i CV di 12 pagine e si corre il rischio di perdere dati invece essenziali. Aiutati con elenchi puntati e magari evidenzia i termini chiave.

    Di consigli ce ne potrebbero essere ancora tanti, ma non è mia intenzione annoiarti troppo. Avendo fatto alcuni di questi e altri errori e trovandomi a fare uno screening dei CV, vorrei solo condividere la mia esperienza con te, sperando ti torni utile.

    Hai altri suggerimenti per un CV efficace?

    Fammi sapere la tua esperienza ed eventualmente contattami per un CV check.

    Fabiana Andreani Fabiana Manager Career Tips

    Perché seguire Fabiana Manager e i suoi career tips

    Fabiana Manager aka Fabiana Andreani è una delle poche influencer che seguo, ma che soprattutto mi sento di consigliarti. Esperta di formazione e sviluppo di carriera con oltre 10 anni di lavoro in aziende, Università e Business School. Una professionista del suo settore con due marce in più:

    • 1. tantissima passione per quello che fa
    • 2. spirito non convenzionale, comunicazione 2.0 sui social, capelli fucsia che adoro.
    Fabia Manager selfie


    Anni liquidi e veloci quelli in cui viviamo, anni molto particolari anche per il mondo del lavoro, tra social, digital nomads, Smart working, mille possibili tipologie di contratti e tante nuove professioni. Districarsi non è proprio un gioco da ragazzi, ma la zia Fabiana fa il possibile per aiutare i giovani e non solo loro.

    Perché mi piace così tanto e spesso entro su Instagram solo per vedere se ha pubblicato una nuova storia? Provo a raccontartelo qui di seguito e, secondo me, alla fine vorrai seguirla pure tu.

    Career tips per under 35

    Fabiana si rivolge soprattutto a un pubblico under 35, fornendo preziosi consigli in ambito formativo e professionale. Aiuta a risolvere problemi, a dipanare dubbi, paure e perplessità di chi si trova alle prese con la scelta dell’Università, di un Master, di chi vorrebbe cambiare percorso lavorativo, di chi desidera reinventarsi o di chi è alle prime armi e non sa come muoversi.

    Tips utili, utili e utili, perché non esiste un manuale di istruzione per costruire il proprio futuro, ma si può solo cercare, studiare, impegnarsi, lavorare e soprattutto non arrendersi.

    Formato fresco, rapido e accattivante

    A volte il mondo del lavoro e la comunicazione HR e aziendale sembrano antiquati, statici e con un leggero strato di polvere in superficie. Non mi piace generalizzare, ci sono anche molti casi virtuosi. Ultimamente, infatti, le cose stanno lentamente cambiando e capita di trovare chi, oltre ad avere esperienza e professionalità da vendere, sa anche come approcciarsi e come comunicare.

    Un esempio? Ça va sans dire… Fabiana Manger !

    Parla in modo meno convenzionale, più diretto e accattivante sui social. Perché se vuoi parlare a una certa nicchia, devi anche sapere dove trovarla.

    Qualche numero di @fabianamanager? +150k follower su TikTok e +100k su IG, non male eh?

    Genuinità e professionalità

    Professionista, mamma, donna, influencer, fuori dagli schemi, esperta, frizzante… Fabiana è tutto questo e molto altro.

    Mi piace molto leggerla ed ascoltarla perché sa infondere una carica positiva, oltre a far sentire compresa ogni persona. Troppo spesso, di fronte ad alcune offerte di lavoro, capita di sentirsi inadeguati, fallati, sempre con qualcosa fuori posto. Fabiana invece racconta ciò che è realmente, ovvero è normale cambiare, voler crescere, provare qualcosa e accorgersi che non fa per noi. Un cambiamento, lavorativo, universitario, personale, ecc., non è da vedersi come un fallimento, ma come una presa di consapevolezza e poi, come spesso dice, si è sempre in tempo a riassestare il tiro.

    Sul suo profilo LinkedIn c’è una frase che mi ha sempre colpita molto

    “Il tuo futuro è ancora da scrivere”

    …e sì, credo che ci siano ancora molte parole da dire e storie da raccontare.

    Se non segui ancora Fabiana, ti consiglio di recuperare 😉

    Fammi sapere che ne pensi e se hai qualche altro profilo da consigliare.

    Alla prossima.